NON MENATE IL CAN PER L’AIA: COMMISSARIATE GLI ARBITRI –L’ARRESTO PER NARCOTRAFFICO DEL PROCURATORE ARBITRALE ROSARIO D’ONOFRIO RISCHIA DI TRAVOLGERE ANCHE IL CAPO DEI FISCHIETTI TRENTALANGE (SI DIMETTERA'?) – SUL TAVOLO ANCHE L’IPOTESI DI COMMISSARIARE L’ASSOCIAZIONE ARBITRI. INTANTO LA FIGC È INTENZIONATA A CANCELLARE LA FIGURA DEL PROCURATORE DEGLI ARBITRI E AD AVOCARE A SÉ TUTTI GLI ORGANI DI GIUSTIZIA, ANCHE QUELLI PER I DIRETTORI DI GARA…
Luca De Vito,Matteo Pinci per “la Repubblica”
Le scorribande da narcos non sono costate solo l'arresto a Rosario D'Onofrio. Ma rischiano di travolgere come uno tsunami l'intera struttura dell'Aia, l'Associazione italiana arbitri, che lo scelse un anno e mezzo fa come Procuratore arbitrale. Possibile che il pm degli arbitri lavorasse, nell'inconsapevolezza collettiva, dai domiciliari, dove scontava una pena di 2 anni e otto mesi?
La Federcalcio, a cui l'Aia fa capo, ha deciso che un caso simile non deve ripetersi. Che a dover cambiare, prima di tutto, è il sistema. E domani in un Consiglio federale convocato d'urgenza il presidente della Federcalcio Gravina darà forma a questo intento con una proposta destinata a diventare norma: la Figc cancellerà la figura del procuratore degli arbitri e avocherà a sé tutti gli organi di giustizia, anche quelli per i direttori di gara.
Ma il caso rischia di travolgere anche Alfredo Trentalange, il presidente dell'Aia, l'uomo che ha scelto D'Onofrio per l'incarico di procuratore arbitrale e di cui ieri tanti - anche nel suo mondo - chiedevano le dimissioni. Lui le ha rigettate muscolarmente. Ma ora dovrà produrre in Federcalcio le carte che spieghino come sia arrivato alla scelta di un personaggio simile senza prendere informazioni, senza sapere (possibile?) che era stato espulso dall'esercito per aver prodotto certificati medici falsi o che nel 2007 quando era guardalinee aveva colpito con un pugno un dirigente sportivo.
Il calcio non ha (ancora) intenzione di commissariare l'Associazione arbitri, né di imporre un passo indietro a Trentalange. Ma adesso vuole andare in fondo alla vicenda: il procuratore della Figc, Giuseppe Chinè, chiederà alla Dda le carte dell'inchiesta su D'Onofrio e ascolterà l'ex arbitro Giacomelli, che ieri a Repubblica ha indicato in d'Onofrio l'uomo che ha deciso la sua dismissione.
Sono molte del resto le anomalie.
A cominciare dal silenzio di 48 ore seguito al suo secondo arresto, giovedì: si è dovuto attendere la mattina di sabato, quando Repubblica.it ha rivelato la notizia che il procuratore degli arbitri era finito per la seconda volta in carcere per narcotraffico, affinché qualcuno sollevasse la questione nell'Associazione. E solo dopo sono state comunicate le sue dimissioni. Anche se, a quanto si apprende, lo stesso D'Onofrio non ha avuto modo di comunicare con nessuno fuori dalla sua cella del carcere di Opera in queste ore.
Oltre alle gravi accuse per traffico di droga mosse dalla procura di Milano e dalla Guardia di Finanza - che si basano principalmente su intercettazioni e la scoperta di messaggi criptati che la banda si scambiava su Encrochat - ci sono diverse segnalazioni che riguardano anche il ruolo da capo della procura arbitrale. Ruolo per il quale, precisa il legale Niccolò Vecchioni, «prendeva solo un modesto rimborso spese e che svolgeva principalmente per motivi di prestigio». Una funzione che ha svolto chiedendo permessi al giudice della Sorveglianza e senza che nessuno, a quanto pare, fosse al corrente della sua situazione.
In un atto ufficiale della Procura della Figc si legge del deferimento di D'Onofrio per un caso di omissione: come procuratore degli arbitri, avrebbe ignorato la segnalazione di un potenziale caso disciplinare avanzata dal vicepresidente Duccio Baglioni e contattato poi telefonicamente l'assistente arbitrale Roberto Avalos «soggetto direttamente coinvolto », dandogli «consigli sulla condotta da tenere». È un documento del 28 ottobre che chiedeva di portare il caso davanti alla Commissione Federale di Garanzia. Non ce ne è stato il tempo.
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