PINTO E A CAPO – DITE AI FRIEDKIN CHE I SOLDI VANNO MESSI NELLE MANI GIUSTE: L’EX GENERAL MANAGER DELLA ROMA TIAGO PINTO HA BUTTATO ALLE ORTICHE 110 MILIONI TRA GIOCATORI ROTTI (SANCHES) E PIPPONI CONCLAMATI (VIÑA, SHOMURODOV, SOLBAKKEN) – A GIUGNO IL NUOVO DIRETTORE SPORTIVO GIALLOROSSO (CHE ANCORA NON SI SA CHI SIA) POTRA’ OPERARE SENZA LA TAGLIOLA DELLE PLUSVALENZE – DA KARSDORP A AOUAR, MEZZA SQUADRA AI SALUTI…
Jacopo Aliprandi per corrieredellosport.it
Oltre centodieci milioni di euro investiti in quattro anni, durante la proprietà Friedkin. Alla fine qualche “spicciolo” da spendere Tiago Pinto lo ha avuto. Ci sono club che hanno costruito meglio e speso meno anche con un budget inferiore: tutto sta nell’abilità di chi lo investe. Centodieci milioni, per la precisione, per i costi dei cartellini, senza quindi considerare gli stipendi o le commissioni, utilizzati per acquistare tredici giocatori che, per usare un eufemismo, non hanno lasciato (o non stanno lasciando) grandi tracce nella capitale.
E allora era inevitabile che con il passare degli anni, dei bilanci, degli allenatori uscissero fuori tutte le problematiche create da una gestione del mercato poco produttiva e che ha portato non solo a una costruzione caotica della rosa, ma anche al consumo di risorse che qualcun altro avrebbe investito in altro modo. Acquistando cioè giocatori che avrebbero potuto davvero alzare il livello qualitativo della squadra che invece in questi anni ha fatto tanta fatica a chiudere la stagione tra due competizioni.
Stonano allora in questo discorso l’acquisto di Reynolds, il primo di Tiago Pinto arrivato alla Roma nel gennaio del 2020, oppure quelli di Shomurodov e Viña. Basti pensare che per questi tre giocatori il general manager giallorosso, che al Benfica non ricopriva il ruolo di direttore sportivo, aveva speso la bellezza di 42,2 milioni di euro.
Centomila euro in meno rispetto al costo totale di Tammy Abraham (i numeri sono stati raccolti dai bilanci degli ultimi anni), che da titolare nel primo anno adesso fa la panchina alla Roma, chiaramente a causa del lungo infortunio che lo ha colpito undici mesi fa (anche se la scorsa stagione ha segnato solo 9 reti deludendo e non poco le aspettative). Reynolds ha giocato con la Roma 6 partite, Shomurodov 34 con 3 gol, Viña 29 prima di essere mandato in prestito per due stagioni consecutive. Soldi buttati, c’è poco altro da dire. E non sono mica finiti.
Perché ci sono i 13,1 milioni per Rui Patricio, i 7,4 milioni per Celik, e altri 6 milioni totali per i prestiti di Sergio Oliveira, Maitland-Niles, Camara, Llorente (in una stagione e mezzo, ora ha l’obbligo di riscatto a 5 milioni), Renato Sanches e Huijsen. Giocatori di passaggio, non titolari, e che non hanno lasciato una grande traccia nella capitale. Chi più, chi meno. Fuori dalla lista degli sprechi ma per onestà da menzionare sono i 7 milioni di prestito per Lukaku, più i 2,5 di Paredes: elementi che in questa stagione hanno invece avuto un rendimento piuttosto positivo. In stand by Baldanzi, il cui costo è di 15 milioni.
E allora sono 110,9 i milioni spesi per questi giocatori. E allora non è del tutto vero il racconto della Roma costruita solo con i parametri zero o con un budget ridotto all’osso. E se adesso questi giocatori citati non sono diventati grandi giocatori e sono stati svenduti ad alcuni club che, tra l’altro, neanche giocano le coppe, un motivo ci sarà. Di fatto c’è una formazione acquistata con questi oltre cento milioni che ha deluso le aspettative. E non è tutto, perché non sono esauriti i pagamenti delle operazioni di Pinto.
La Roma nel 2024-2025 dovrà versare al Genoa 4 milioni per Shomurodov (più altri 4 nel 2026), altri 15 milioni invece al Chelsea per Abraham. Totale: 19 milioni di euro che usciranno dalle casse della Roma per un giocatore in panchina al Cagliari, e un altro che al momento non è titolare della Roma. In futuro chissà. E a giugno tornerà Solbakken che nel 2024 per infortunio non ha giocato un minuto. Resterà anche lui sul groppone. In bocca al lupo al nuovo direttore sportivo.
LINA CHE SA FARE I CONTI (CON TUTTI)
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
A giugno la tagliola delle plusvalenze imposte dal settlement agreement (i 40 milioni previsti) non scatterà. Il sensibile aumento dei ricavi e un deciso miglioramento dei conti - nonostante l’incremento del 20% del monte stipendi - permetterà alla Roma di sviluppare un mercato più dinamico, libero. Sostanziale sarà la riduzione dei sacrifici: si parla del recupero - obbligatorio - di una decina di milioni al massimo. Tutto questo è merito del lavoro in profondità, e nella più assoluta riservatezza, di Lina Souloukou.
Da mesi i media locali e la tifoseria sono vicini a chi ha saputo riportare Roma al centro della Roma. E anche un quotidiano nazionale con un secolo di storia e successi, quale è il nostro, in passato estremamente critico nei confronti di Pallotta (e derivati) registra con piacere i progressi compiuti dalla manager greca, apprezzatissima a livello europeo e membro ascoltato dell’Eca.
In poco tempo Lina è riuscita a capire la città, il club, il calcio italiano e le dinamiche politiche che lo stanno soffocando: dopo aver studiato con attenzione Trigoria, ha azzerato i piccoli potentati che la governavano, restituendo centralità al club; ha poi gestito con lucidità l’esonero del gigante Mourinho e l’investitura di De Rossi; ha risolto lo scandalo del video hard del quale non era responsabile ma che la società ha subìto sul piano dell’immagine e, soprattutto, ha affrontato a viso aperto la Lega, trovando il sostegno delle big, anche se si dice che non abbiano gradito la pubblicazione di una lettera contro il presidente Casini: i nostri dirigenti amano la penombra.
Quarantun anni, sposata e madre, Lina conferma che il nostro calcio ha tanto bisogno di novità e di una maggiore rappresentanza femminile ad alto livello, e non solo per una questione di eleganza formale (si trascurano gli imbarazzanti outfit di numerosi dirigenti maschi per soffermarsi sui tailleur, mah): il coraggio e la personalità con cui agisce dovrebbe suggerire ai proprietari dei club di aumentare non tanto le quote rosa quanto quelle relative a competenza e etica del lavoro delle manager. La linea greca - rigorosa, realista, costruttiva - s’impone infatti al fantozzismo imperante diventato desolante esibizione del nostro mondo.
La penso esattamente come Giroud, l’ex ministro Françoise non Olivier: «Potremo dire di avere raggiunto la parità tra i sessi quando donne mediocri occuperanno posizioni di responsabilità».