jordan pippen

“QUANDO MI PARLARONO DI “THE LAST DANCE” NON VEDEVO L’ORA CHE LO TRASMETTESSERO, POI QUANDO L’HO VISTO NON RIUSCIVO A CREDERE AI MIEI OCCHI” – SCOTTIE PIPPEN SI LEVA QUALCHE SASSOLINO DALLA SCARPA RIGUARDO IL DOCUMENTARIO SULLA STAGIONE 97-98 DEI CHICAGO BULLS – “OGNI EPISODIO SEGUIVA LO STESSO SCHEMA: MICHAEL SU UN PIEDISTALLO, I SUOI COMPAGNI DI SQUADRA IN SECONDO PIANO, PIÙ PICCOLI. IL MESSAGGIO CHE PASSAVA NON ERA DIVERSO DA QUELLO DI ALLORA, QUANDO CI DEFINIVA I SUOI ‘COMPRIMARI’”- “UN GIORNO MICHAEL MI SCRISSE UN MESSAGGIO: ‘TUTTO BENE, AMICO MIO? MI DICONO CHE CE L’HAI CON ME.’ IO GLI RISPOSI…”

Estratto dal libro "Unguarded - La mia vita senza filtri" di Scottie Pippen pubblicato su www.gazzetta.it

 

9 MAGGIO 2020, 18:31

scottie pippen

Il messaggio era di Michael. Non si faceva vivo spesso. "Tutto bene, amico mio? Mi dicono che ce l’hai con me. Mi piacerebbe parlarne se hai tempo". Quella sera avevo diversi impegni e sapevo che la conversazione non sarebbe stata breve. Gli risposi un’ora e mezza dopo: "Ti chiamo domani". 

 

scottie pippen and michael jordan

Michael aveva ragione. Ce l’avevo con lui a causa di The Last Dance, il documentario in dieci puntate della ESPN sull’ultima stagione dei Chicago Bulls (1997-98), che milioni di telespettatori avevano visto durante le prime settimane della pandemia. In assenza di eventi sportivi in diretta, The Last Dance aveva fornito, per cinque domeniche consecutive a partire da metà aprile, una distrazione necessaria dalla nuova normalità in cui ci eravamo improvvisamente ritrovati. 

 

Le continue notizie sui focolai, i ricoveri e le morti erano troppo per chiunque. I due episodi finali erano andati in onda il 17 maggio. Così come i precedenti otto, celebravano la grandezza di Michael Jordan, mentre io e i miei compagni di squadra restavamo un po’ troppo nell’ombra.

Scottie Pippen Lipofsky Pippen

 

COLPEVOLE

In buona parte era colpa di Michael. I produttori gli avevano garantito pieno controllo sul prodotto finale. Senza la sua approvazione, il documentario non sarebbe andato in onda. In sostanza non era solo il protagonista, ma anche il regista della serie. Avevo grandi aspettative. 

 

Quando me ne avevano parlato per la prima volta, più di un anno prima, non vedevo l’ora che lo trasmettessero, sapendo che avrebbe contenuto parecchi filmati molto rari. I miei anni a Chicago, a partire da quello da rookie, iniziato nell’autunno del 1987, erano stati i più gratificanti della mia carriera: dodici uomini più che mai affiatati e intenti a realizzare i loro sogni di bambini, nutriti sui campi da basket di tutta l’America, quando le uniche cose che servivano erano una palla, un canestro e tanta immaginazione. 

 

michael jordan scottie pippen first game

Essere uno dei Bulls durante gli anni Novanta significava far parte di qualcosa di magico. Allora, oggi e per sempre. Michael era però determinato a dimostrare all’attuale generazione di tifosi che ai suoi tempi era un fuoriclasse assoluto, ancora più grande di quanto non lo sia oggi LeBron James, l’unico giocatore che, a detta di molti, è alla sua altezza, se non superiore.

 

THE LAST DANCE

Così Michael aveva scelto di raccontare la sua storia invece di quella della stagione 1997-98, la nostra ultima insieme: "The Last Dance", appunto, come l’aveva soprannominata il nostro Coach Phil Jackson quando era diventato ormai chiaro a tutti che i due Jerry (il proprietario della franchigia Jerry Reinsdorf e il general manager Jerry Krause) erano decisi a smantellare la squadra, indipendentemente dai risultati che avremmo ottenuto. 

the last dance 10

 

Come Krause aveva detto a Phil nell’autunno del ’97: puoi anche vincere tutte le 82 partite della stagione e non cambierà nulla. Questo sarà comunque il tuo ultimo anno da allenatore dei Chicago Bulls. Dalla ESPN mi avevano inviato i link per scaricare i primi otto episodi con un paio di settimane di anticipo sull’uscita della serie. Mentre guardavo il documentario a casa mia, nella California del Sud, insieme ai miei tre figli adolescenti, non riuscivo a credere ai miei occhi.

the last dance 9

 

INDIZI

 Tra le scene del primo episodio:

• Michael, allora una matricola della University of North Carolina, che con un tiro in sospensione mette a segno il canestro vincente contro gli Hoyas di Georgetown nella finale NCAA del 1982.

• Michael, ingaggiato come terza scelta dai Bulls al draft del 1984 dietro Hakeem Olajuwon (Houston) e Sam Bowie (Portland), che racconta come sperasse di trasformare radicalmente la squadra.

the last dance 8

• Michael che nella sua terza partita guida la rimonta dei Bulls sui Milwaukee Bucks fino a condurli alla vittoria. E così via, con i riflettori costantemente puntati sul numero 23. Anche nel secondo episodio, che si concentra per un po’ sulla mia infanzia difficile e sul mio improbabile percorso verso l’NBA, la narrazione torna continuamente su MJ e sulla sua determinazione a vincere. Io non sono altro che un oggetto di scena. Mi definisce "il suo miglior compagno di squadra di sempre". Non avrebbe potuto essere più altezzoso, neppure se ci avesse provato. Ripensandoci, non avrei dovuto stupirmi. Ho passato molto tempo assieme a Michael e so benissimo com’è fatto. Quanto ero stato ingenuo ad aspettarmi qualcosa di diverso.

the last dance 7

 

STESSO SCHEMA

Ogni episodio seguiva lo stesso schema: Michael su un piedistallo, i suoi compagni di squadra in secondo piano, più piccoli. Il messaggio che passava non era diverso da quello di allora, quando ci definiva i suoi "comprimari". Da una stagione all’altra, ricevevamo poco o nessun credito per le vittorie, ma quando perdevamo il grosso delle critiche ricadeva su di noi. 

 

the last dance 6

Michael poteva fare 6 su 24 al tiro e 5 palle perse ma agli occhi della stampa e del pubblico, in stato di perenne adorazione, lui rimaneva sempre Errorless Jordan, Jordan che non sbaglia mai. E adesso mi ritrovavo lì, seduto sul divano di casa, ultracinquantenne, diciassette anni dopo la mia ultima partita, a guardare me e i miei compagni di squadra umiliati una seconda volta. Come se la prima non fosse bastata.

the last dance 3the last dance 2the last dance 4the last dance 1the last dance 5

Ultimi Dagoreport

dario franceschini elly schlein matteo renzi carlo calenda giiuseppe conte

DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ SINTETIZZARE COSÌ: IO CI SONO. E’ INUTILE CERCARE IL FEDERATORE, L’ULIVO NON TORNA, E NON ROMPETE LE PALLE ALLA MIA “CREATURA”, ELLY SCHLEIN, “SALDA E VINCENTE” AL COMANDO DEL PARTITO – AMORALE DELLA FAVA: “SU-DARIO” NON MOLLA IL RUOLO DI GRAN BURATTINAIO E DAVANTI AI MAL DI PANZA INTERNI, CHE HANNO DATO VITA AI DUE RECENTI CONVEGNI, SI FA INTERVISTARE PER RIBADIRE AI COLLEGHI DI PARTITO CHE DEVONO SEMPRE FARE I CONTI CON LUI. E LA MELONI GODE…

almasri giorgia meloni carlo nordio

DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA INDISTURBATO IN EUROPA? AVEVA UN PASSAPORTO FASULLO O UN VISTO SCHENGEN? E IN TAL CASO, PERCHÉ NESSUN PAESE, E SOPRATTUTTO L’ITALIA, SI È OPPOSTO? - LA TOTALE ASSENZA DI PREVENZIONE DA PARTE DEGLI APPARATI ITALIANI: IL MANDATO DI ARRESTO PER ALMASRI RISALE A OTTOBRE. IL GENERALE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE, PER EVITARE ALLA MELONI L’IMBARAZZO DI SCEGLIERE TRA IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA REALPOLITIK (IL GOVERNO LIBICO, TRAMITE ALMASRI, BLOCCA GLI SBARCHI DI MASSA DI MIGRANTI) – I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI SULLA “RITORSIONE” DELLA CPI E IL PASTROCCHIO SULL’ASSE DEI SOLITI TAJANI-NORDIO

pier silvio giampaolo rossi gerry scotti pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E L'INGAGGIO DI GERRY SCOTTI COME CO-CONDUTTORE DELLA PRIMA SERATA DI SANREMO NE È LA PROVA LAMPANTE - CHIAMARE ALL'ARISTON IL VOLTO DI PUNTA DI MEDIASET È IL SEGNALE CHE IL BISCIONE NON FARÀ LA GUERRA AL SERVIZIO PUBBLICO. ANZI: NEI CINQUE GIORNI DI SANREMO, LA CONTROPROGRAMMAZIONE SARÀ INESISTENTE - I VERTICI DELLA RAI VOGLIONO CHE IL FESTIVAL DI CARLO CONTI SUPERI A TUTTI I COSTI QUELLO DI AMADEUS (DA RECORD) - ALTRO SEGNALE DELLA "PACE": IL TELE-MERCATO TRA I DUE COLOSSI È PRATICAMENTE FERMO DA MESI...

elon musk sam altman

NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON MUSK E SAM ALTMAN HANNO LITIGATO SU “X” SUL PROGETTO “STARGATE”. IL MILIARDARIO KETAMINICO HA SPERNACCHIATO IL PIANO DA 500 MILIARDI DI OPENAI-SOFTBANK-ORACLE, ANNUNCIATO IN POMPA MAGNA DA TRUMP: “NON HANNO I SOLDI”. E IL CAPOCCIA DI CHATGPT HA RISPOSTO DI PETTO AL FUTURO “DOGE”: “SBAGLI. MI RENDO CONTO CHE CIÒ CHE È GRANDE PER IL PAESE NON È SEMPRE OTTIMALE PER LE TUE COMPAGNIE, MA NEL TUO RUOLO SPERO CHE VORRAI METTERE PRIMA L’AMERICA…” – LA GUERRA CIVILE TRA I TECNO-OLIGARCHI E LE MOSSE DI TRUMPONE, CHE CERCA DI APPROFITTARNE…

donald trump elon musk jamie dimon john elkann

DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI PAPERONI MUSK & ZUCKERBERG, IL VECCHIO POTERE FINANZIARIO AMERICANO È OBSOLETO E VA ROTTAMATO: CHI HA BISOGNO DEI DECREPITI ARNESI COME JAMIE DIMON IN UN MONDO CHE SI FINANZIA CON MEME-COIN E CRIPTOVALUTE? – L’HA CAPITO ANCHE JOHN ELKANN, CHE SI È SCAPICOLLATO A WASHINGTON PER METTERSI IN PRIMA FILA TRA I “NUOVI” ALFIERI DELLA NEW ECONOMY: YAKI PUNTA SEMPRE PIÙ SUL LATO FINANZIARIO DI EXOR E MENO SULLE VECCHIE AUTO DI STELLANTIS (E ZUCKERBERG L'HA CHIAMATO NEL CDA DI META)

antonino turicchi sandro pappalardo armando varricchio nello musumeci ita airways

DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA” BY LUFTHANSA? L’EX PILOTA DELL’AVIAZIONE DELL’ESERCITO È STATO “CALDEGGIATO” DA NELLO MUSUMECI. IL MINISTRO DEL MARE, A DISPETTO DEL SUO INCARICO, È MOLTO POTENTE: È L’UNICO DI FRATELLI D’ITALIA AD AVERE I VOTI IN SICILIA, ED È “MERITO” SUO SE SCHIFANI È GOVERNATORE (FU MUSUMECI A FARSI DA PARTE PER FAR CORRERE RENATINO) – E COSÌ ECCO CHE IL “GIORGETTIANO” TURICCHI E L’AMBASCIATORE VARRICCHIO, CARO A FORZA ITALIA, SONO STATI CESTINATI…