ECCE SCOOP! – DUE MERCANTI D’ARTE, MARCO MOENA E FABRIZIO MORETTI, HANNO SCOVATO A UN’ASTA DI UNA PICCOLA GALLERIA DI MADRID, L'ANSORENA, L’”ECCE HOMO” DI CARAVAGGIO, UN QUADRO PERDUTO E DOCUMENTATO, DI CUI C’E’ UNA COPIA A PALAZZO BIANCO A GENOVA – ERA ALL’ASTA PER 3 MILA EURO, VALE ALMENO 100 MILIONI – OVVIAMENTE I RUMORS DEGLI ESPERTI D’ARTE HANNO SPINTO LA GALLERIA A RITIRARLO DALL’ASTA – IN PISTA IL MUSEO PRADO
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Ecce Homo è un dipinto del pittore italiano Michelangelo Merisi da Caravaggio realizzato in olio su tela (128x103 cm) intorno al 1605 (o nel 1609, secondo l'interpretazione di John Gash). È conservato a Genova, nei Musei di Strada Nuova (Palazzo Bianco).
Secondo Giambattista Cardi, il nipote dell'artista fiorentino Cigoli, il cardinale Massimo Massimi commissionò alcuni dipinti col soggetto dell'Ecce Homo a tre artisti, Cigoli, Caravaggio e Domenico Passignano. Cardi afferma che tra le opere eseguite, il cardinale apprezzò maggiormente quella eseguita da Cigoli.
” Volendo Monsignor Massimi un Ecce Homo che gli soddisfacesse ne commesse uno al Passignano, uno al Caravaggio et uno al Cigoli senza che l'uno sapesse dell'altro; i quali tutti tirati al fine e messi a paragone… (quello del Cigoli)… piacque più degli altri e perciò tenutolo appresso di se Monsignore mentre stette in Roma fu di poi portato a Firenze e venduto al Severi…”
G.P. Bellori nel 1672 riferisce che: “Alli signori Massimi colorì un Ecce Homo che fu portato in Ispagna”
Anche F. Baldinucci nel 1681 gli fa eco, ricordando il citato concorso nelle notizie sul Cigoli:
“Dipinse per i Massimi un Ecce Homo, che poi portato in Ispagna, ove pure furon mandate altre sue opere, e per altri, molti quadri ebbe a fare, a cagione dell'essersi ormai tutta Roma impegnata nel gusto di sua maniera. Ma non pure altre volte fecene, che rimasero in quella città: ma altre ancora, che furono mandate in Francia ed in varie province d'Europa.”
Una nota autografa del Caravaggio attesta: «Io Michel Ang.lo Merisi da Caravaggio mi obbligo di pingere al Ill.mo S [Ignor] Massimo Massimi p [er] esserne statto pagato un quadro di valore e grandezza come quello ch’io gli feci già della Incoronatione di Crixto p [er] il primo di Agosto 1605. In fede ò scritto e sottoscritto di mia mano questa questo dì 25 Giunio 1605. Io Michel Ang.lo Merisi»
Questo importante documento permette di risolvere alcuni interrogativi. Il primo conferma che Caravaggio possedeva una qualche cultura umanistica (si noti la grafia “alla greca” di “ Cristo”); il secondo è il nome del committente, Massimo Massimi, finora indicato genericamente o individuato in un altro membro della famiglia;
il terzo è che Caravaggio si impegna a consegnare entro un mese circa dello stesso 1605 (quindi una fase assai intensa) un quadro “grande” che, forse come deterrente, gli è stato già pagato. Il tempo di esecuzione è breve e conferma la velocità del pittore.
Altra notizia interessante riveste la citazione di un quadro, di valore e grandezza analoghi, che l'artista aveva già realizzato per il Massimo in epoca antecedente: una incoronazione di [spine di] Cristo. Non è escluso che Massimo Massimi abbia poi ceduto l'Ecce Homo ad un suo congiunto, Monsignor Innocenzo che nel 1623 era Nunzio Apostolico a Madrid. Ciò giustificherebbe quanto affermato dal Bellori circa la presenza in Spagna del dipinto.
L'iconografia è nota tramite una copia di discreta qualità attribuita ad Alonzo Rodriguez e conservata nel museo regionale di Messina, che l'Hackert nel 1792 e Grosso – Caccopardo nel 1821 ritengono autografa, sulla base di una tradizione locale risalente alla presenza del quadro nella chiesa di Sant'Andrea Avellino dei Padri Teatini di Messina.
L'originale risulta inventariato a Palazzo Bianco nel 1921 come “copia di Lionello Spada”, e di provenienza incerta; considerato di scarso interesse, nel 1929 viene temporaneamente concesso alla Scuola Navale di Genova ubicata nell'alessiana Villa Cambiaso.
Rinvenuto tra le macerie dopo i bombardamenti del 1944 viene ricoverato a Palazzo Ducale, con altri oggetti recuperati; di qui viene trasportato nel 1946 nuovamente nei depositi di Palazzo Bianco. Nella prima metà del XX secolo diversi importanti critici si esprimono circa la vera autografia dell'opera in questione. Roberto Longhi, nel catalogo della mostra milanese del 1951, sostiene che l'opera da lui volutamente esposta sia:
"Una copia cruda ma abbastanza fedele da un'opera tarda del maestro",
individuando in Pilato il Caravaggio stesso e nel Cristo i caratteri della tradizione di Antonello da Messina. La copia esposta nella mostra viene sottovalutata dalla critica presente alla rassegna milanese, prevalendo la tesi della derivazione da un ignoto prototipo, di un seguace meridionale del Caravaggio. Bernard Berenson nel 1951 aderisce, anche se con riserva, alla suddetta tradizione sostenendo che:
" Pilato è evidentemente preso dal vivo e degno di un grande ritrattista forse più di ogni altro dipinto"
Sulla base della copia di Messina e grazie ad un recente restauro Roberto Longhi nel 1954 riconosce, in una tela ritrovata l'anno prima da Caterina Marcenaro nei depositi di Palazzo Bianco a Genova, l'originale del Caravaggio. Il Longhi lo identifica col dipinto menzionato dal Bellori ed interpreta l'espressione: "fu portato in Ispagna" secondo la logica di un'estensione geografica, dal momento che il quadro era pervenuto dalla Sicilia che a quei tempi era sotto il dominio della Spagna.
Giorgio Morandi e Roberto Longhi
Il dipinto genovese viene confermato autografo da Mina Gregori nel 1985, con cronologia di produzione posta all'estremo momento romano dell'artista tra aprile e maggio del 1606. Nel 1977 Corrado Maltese in un suo scritto dal titolo: "Vero e falso in un'opera di pittura", a proposito dell'opera in questione sostiene quanto segue: "Un Ecce Homo esposto qui a Genova in questo Museo è attribuito al Caravaggio. Ora, se noi lo esaminiamo con molta attenzione, ci accorgiamo che l'attribuzione è contestabile. È contestabile specialmente se esaminiamo le mani e confrontiamo il gioco delle mani e la loro fattura con quelle che si ritrovano usualmente in Caravaggio, nel Caravaggio, diciamo così, che nessuno mette in dubbio".
Marco Voena Fabrizio Moretti TRV
Essendo questo testo la trascrizione di una conferenza tenuta dal Maltese su questo argomento, egli a questo punto propone una diapositiva relativa al quadro della Madonna del Rosario di Vienna e la paragona in contemporanea con l'immagine di un particolare dell'Ecce Homo di Palazzo Bianco. Egli sostiene:
" Ci troviamo di fronte a mani la cui certezza pratica e pittorica traballa alquanto. Le mani del Cristo che vedete così ingrandite, e che appartengono al citato "Ecce Homo", sono evidentemente meno sicure di quelle che vedete nella "Vergine del Rosario". Analizzatele, analizzate la pennellata (quello che i tecnici chiamano il ductus, che sarebbe nient'altro poi che la grafia): vi accorgerete sicuramente di una certa debolezza."
autoritratto come bacco di caravaggio
L'autore procede proponendo ulteriori analisi comparative con altri dipinti di sicura autografia caravaggesca usando sempre come riferimento il particolare delle mani dell'Ecce Homo, e conclude:
"Come vedete, tutte queste mani hanno una sicurezza plastica, una sicurezza di stile ben diversa da quella dell'Ecce Homo: osservate ancora la mano dello sbirro che sta dietro: rivelano una sicurezza d'impianto che tutti potete riconoscere, nonché durezza e semplificazione nell'esecuzione".
Secondo il Maltese quindi "l'Ecce Homo" di Genova non è un'opera di Caravaggio.
Virginia Voena Marco Voena TRV
A. Moir nel 1967 fa presente che il quadro in oggetto non è ricordato né dal Soprani né dal Ratti nel 1780, mentre invece l'edizione del testo di Hackert nel 1790 (Memorie de pittori messinesi....) parla di dipinti portati a Genova dalla Sicilia tramite mercanti genovesi e inglesi, che approfittando delle ricorrenti calamità naturali che colpivano Messina, facevano incetta dai sopravvissuti dei beni salvati e l'Ecce Homo viene forse trasferito a Genova dopo il terremoto del 1783, il che spiegherebbe i silenzi sia del Ratti che del Soprani.
Franco Renzo Pesenti in un'analisi riportata su “Trasparenze” del 1997 partendo dall'assunto che nella lettera autografa che il Caravaggio invia al suo committente Massimo Massimi l'artista non specifica la il soggetto dell'opera promessa, confuta l'attribuzione dell'autografia del dipinto.
Pesenti entrando nel merito dell'attribuzione di un dipinto con soggetto Ecce Homo presente nel Santuario del Bambino Gesù di Praga ad Arenzano (Ge); copia che alcuni anni fa aveva suscitato qualche scalpore sui quotidiani come reietto capolavoro del Caravaggio, sostiene non esistere alcuna correlazione tra questo dipinto e l'Ecce Homo di Palazzo Bianco soprattutto per via del loro diverso formato, della disposizione in controparte dei principali personaggi e del numero dei soggetti. Secondo Pesenti, in merito all'attribuzione di Palazzo Bianco, appare invece più verosimile quanto segue:
” Lanfranco Massa, procuratore ligure a Napoli di Marcantonio Doria ha in casa alla sua morte dei dipinti che per la maggior parte corrispondono per autore e titoli ai dipinti da lui procurati allo stesso Marcantonio. Fra questi dipinti il Massa ha un quadro con un Ecce Homo del Caravaggio e viene da chiedersi se non sia la mediazione del Massa all'origine dell'Ecce Homo di Palazzo Bianco”.
Più di recente diversi studiosi italiani e stranieri hanno rivalutato l'attribuzione a Caravaggio della tela di Palazzo Bianco, mentre Antonio Vannugli ha dimostrato con fonti attendibili che sia appartenuto al diplomatico spagnolo Juan de Lezcano, documentato a Roma tra 1609 e 1616.