SEGNATEVI L’ULTIMA PROFEZIA DI SCONCERTI: “L’ARGENTINA È PRONTA A VINCERE IL MONDIALE? SIAMO VICINI ALL’ESATTEZZA” – “MESSI È UN ALTRO GIOCATORE, NON HA COMPITI, VA DOVE VUOLE, NON HA RESPONSABILITÀ TOTALI DI RISULTATO. È IL MIGLIORE DELLA SQUADRA, MA È UNO COME GLI ALTRI” – “ADESSO SONO COMPLETI, CONCRETI, DISCIPLINATI E SEMPRE CON MESSI CAPITANO. PER GIOCARGLI CONTRO DEVI ATTACCARLI E FERMARTI, CONTINUAMENTE, NON CERCARE DI FARE MEGLIO DI LORO PERCHÉ È QUASI IMPOSSIBILE. SERVE SORPRENDERLI. PER CUI ALLA FINE LA RISPOSTA È SÌ. L'ARGENTINA È ALL'ALTEZZA DEL MONDIALE”
Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
La grande impressione lasciata dalla Nazionale argentina contro l'Italia, l'ha fatta sembrare una squadra fuori dimensione, pronta a vincere il Mondiale. È davvero così? Direi che siamo vicini all'esattezza, ma restano alcune considerazioni da fare.
La prima è la nostra voglia di consolarsi: abbiamo perso senza quasi mai giocare, cercare di ingigantire l'avversario è un bisogno legittimo. La seconda è più vasta: l'Argentina, anche prima dell'ultima Coppa America, è sempre stata una delle prime cinque Nazionali al mondo, ma non ha vinto niente per ventotto anni. Eppure ha Messi da una vita, ha avuto Higuain, Di Maria, Aguero, Mascherano e una lunga serie di altri campioni.
Cos' è cambiato adesso? È cambiato il suo modo di vedere il calcio. Per anni è stata legata a Messi prima punta, un fuoriclasse determinante e imperfetto che poche volte ha avuto la personalità per guidarla. Era la sua finestra sul mondo, ma non il suo interprete. Anzi, legava l'Argentina alle sue esigenze. Non era egoismo, era un riconoscimento alla sua differenza. Ma Messi non è mai stato in grado di ricambiare.
Così, per anni e anni, l'Argentina è stata legata nel gioco e nell'umore a un capitano che non sapeva trascinarla. Ogni volta sembrava un paradosso, ma ogni volta accadeva.
Oggi Messi è un altro giocatore, non ha compiti, va dove vuole, non ha responsabilità totali di risultato. È il migliore della squadra, ma è uno come gli altri. L'Argentina ha potuto così cercare finalmente un gioco che lo prescindesse. E Messi è rinato, ormai abbastanza vecchio per poter essere un capocomico paziente, padrone di meno metri, meno scatti, ma più sapiente nella distribuzione degli assist.
Oggi non può essere marcato, per seguirlo dovrebbe essere staccato uno dei due centrali o un mediano, ma nel calcio di oggi sarebbe inconsueto, non pensabile. Messi oggi non ha uno spazio, è solo con il suo talento.
È un giocatore anomalo, diverso, non previsto nel calcio moderno, che prevede tattica, un gioco guidato, non l'istinto vasto sul campo. Quello scappa di mano all'allenatore, quindi non è gradito. Questo fa di Messi, di Cristiano Ronaldo, Pogba, dei tollerati attorno ai quali va comunque costruita una squadra.
Questa è stata la fortuna di Lionel Sebastian Scaloni, da quasi quattro anni commissario tecnico, vecchio difensore del La Coruna dove vinse un campionato spagnolo, mai facile per una squadra di provincia distesa sullo spigolo alto della Galizia. Scaloni non è mai stato un grande giocatore, ma ha sempre avuto voglia di imparare, ha girato molti paesi, ha giocato anche nella Lazio e nell'Atalanta senza che quasi se ne accorgesse nessuno.
Ma ha avuto maestri importanti, tra i quali Edy Reia, vecchia mezzala d'ordine, un italianista abbastanza universale che amava mescolare il talento alla pratica. Scaloni ha costruito una Nazionale fuori da Messi ma a lui appoggiata con discrezione, tocca a Messi giudicare le dosi. Poi ha fatto una squadra di due soli ruoli: la fascia alta di destra a Di Maria e il centro dell'attacco a Lautaro. Il resto sono tutti giocatori veri, cittadini del mondo del calcio, possono intercambiarsi sul campo secondo esigenze. Hanno in comune il linguaggio tecnico.
Se Scaloni è stato l'intelligenza dell'Argentina, la spinta è arrivata dal capovolgersi dei continenti. Nei titolari di Wembley non ce n'è uno che giochi in Argentina. Non uno.
L'Argentina non gioca come sa, gioca come ha imparato a giocare in Europa. L'argentino è tecnico perché un po' italiano, un po' spagnolo, indio e tedesco, ma è incoerente, tende alla ruvidezza o all'eccesso di magia. L'Europa da anni ha lavorato su quel talento e lo ha reso domestico.
Adesso sono completi, concreti, disciplinati e sempre con Messi capitano. Per giocargli contro devi attaccarli e fermarti, continuamente, non cercare di fare meglio di loro perché è quasi impossibile. Serve sorprenderli. Per cui alla fine la risposta è sì. L'Argentina è all'altezza del Mondiale.
leo messi argentina 2leo messi argentina 3ITALIA ARGENTINA di marialeo messi dopo il primo gol con il psg