DOPING A STELLE E STRISCE - DOPO LO SCANDALO RIVELATO DAGLI HACKER RUSSI, SERENA E VENUS WILLIAMS SI DIFENDONO: “LE SOSTANZE DOPANTI? COPERTE DA ESENZIONI TERAPEUTICHE. L’AGENZIA ANTIDOPING SAPEVA” - MA LE ESENZIONI ERANO FIRMATE ANCHE POSTUME - PER LA BILES GARANTÌ UN DIRIGENTE SQUALIFICATO
Giuliano Foschini e Marco Mensurati per “la Repubblica”
«Ho sempre seguito le linee guida della Wada». Il giorno dopo l’esplosione dello scandalo degli atleti Usa trovati positivi ad alcune sostanze dopanti (coperte però da “esenzioni teraupetiche” e quindi legali) alle Olimpiadi di Rio, la difesa di Venus Williams finisce per assomigliare a un atto d’accusa. Nei confronti della Wada.
Qui, infatti, non si sta discutendo della condotta tenuta dagli atleti Usa, che a quanto se ne sa, si sono sempre attenuti a quanto prescritto dall’agenzia mondiale dell’antidoping. Ma del fatto che, mentre alcuni, ad esempio Vanessa Ferrari, lottavano in pedana contro acciacchi e problemi fisici legati all’età, altri, come l’americana Simone Biles, gareggiavano imbottite di metilfenidato, uno psicostimolante, anoressizzante.
Un farmaco, a quanto spiega la Biles, «prescritto per curare una sindrome da deficit di attenzione » (sic) ma anche «molto molto utile - per usare le parole del professore Dario D’Ottavio, biochimico clinico già membro della Commissione vigilanza sul doping del Ministerodella Salute - nello svolgere l’attività di ginnasta professionista».
Esattamente come i cortisonici e gli oppiacei - anch’essi prescritti con il meccanismo dell’ “esenzione terapeutica” (Tue) - sono stati utili alle sorelle Williams nel corso della loro carriera. E basta dare un’occhiata ai documenti messi in rete dagli hacker russi di Fency Bear per capire quanto questa vicenda delle “esenzioni facili” getti un velo di incredibilità su tutto il sistema sportivo.
È il 17 novembre del 2014 quando Serena Williams assume due sostanze proibite,entrambi cortisonici («migliorano le condizioni generali dell’atleta e aiutano nel recupero di stanchezza e infortuni », spiega D’Ottavio). Il prednisolone (in 50 milligrammi) e l’oxicodone (7,5). Il Tue che autorizza il trattamento, ed è forse la cosa più strana, è «postumo», firmato cioè dopo il trattamento, il 3 dicembre, dal medico dell’Itf Stuart Miller.
In quel periodo Serena è numero uno al mondo. Ha appena terminato una stagione trionfale vincendo Us Open e Masters, e riprenderà vincendo in Australia, in finale con Maria Sharapova (sì, la stessa del caso Meldonium). Le prescrizioni per sua sorella Venus sono invece del luglio del 2012. E fanno invece pensare a un’atleta in fase calante che fa di tutto per restare a galla.
A firmare la ricetta è sempre Miller. Anche per lei cortisoni triamcinolone (60 milligrammi) e prednisone (10) e oppiacei, nonché un beta 2 agonisa (un broncodilatatore), tipico del doping dei ciclisti.
Tutto ovviamente seguendo le regole e le indicazioni della Wada e delle commissioni mediche delle federazioni. Che a questo punto diventano “il problema”. Come quella della ginnastica, per fare un esempio. Le autorizzazioni alla Biles sono state firmate quasi tutte dal professor Michele Laglise, vice presidente della federazione internazionale nonché presidente della commissione medica (nella quale c’era anche un americano).
Oggi si scopre che quando firmò l’ultima Tue, la più discussa, quella dalla durata monstre di tre anni (fino al 2018), Laglise era stato squalificato per un anno dalla Federazione - per una storiaccia relativa a un concorso per giudici di gara -, e che la sua prospettiva era quella di essere estromesso dalla federazione (visto che tra un mese si rinnovano tutte le cariche). Non proprio le condizioni ideali per assumersi una responsabilità del genere né per garantire serenità e indipendenza.