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ALL'OLIMPICO SONO TORNATI I TIFOSI, NELLA TRIBUNA AUTORITA’ I SOLITI IMBUCATI: UN EX INDAGATO, LA SHOWGIRL AMANTE DI UN SENATORE (CHI SARA'?), IMPOSTORI VARI (TUTTI DELUSI PER L'ASSENZA DEL BUFFET GRATIS). FOTOGRAFI A CACCIA DI BILAL ERDOGAN, FIGLIO DEL PRESIDENTE TURCO RECEP CHE HA EVITATO DI PRESENTARSI - A LUI CHE LASCIÒ MORTIFICATA SU UN SOFÀ, URSULA VON DER LEYEN, NON SARÀ SFUGGITA LA PRESENZA DELL'ARBITRA STÉPHANIE FRAPPART, QUARTO UFFICIALE DEL MATCH...
Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"
È notte, in via Solferino aspettano l'articolo, si scrive con la solita furia. Mezzo sguardo all'orologio, mezzo giù sul prato dell'Olimpico, sugli azzurri che hanno vinto e adesso fanno mucchio, abbracciandosi. Donnarumma solleva Insigne, Chiellini e Bonucci ridono con quella loro aria complice, Mancini fa segno di sì con la testa a Vialli: andiamo avanti, è cominciata bene.
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La partita l'avete vista. Primo tempo faticoso, Turchia scorbutica, forse l'arbitro ci ha persino negato un rigore. Poi ci siamo sciolti, la sensazione è che qualcosa sia successo nel nostro spogliatoio, forse discorsi del tipo: ragazzi, dobbiamo giocare meno preoccupati, serve più coraggio, anche più leggerezza. La verità è che, in campo e sugli spalti, siamo stati tutti dentro un evento molto atteso. Speciale. Pieno di significati. Sì, certo: l'inizio di questo campionato Europeo, la curiosità di capire il reale valore di una Nazionale per la prima volta priva di fuoriclasse.
Però il calcio stasera è stato anche e soprattutto un magnifico pretesto per tornare a una vera, concreta normalità. Una dolcissima scusa per rientrare in uno stadio, e per rientrarci tutti insieme. Con il pubblico e il suo rumore. Quel rumore. Ci eravamo abituati all'acquario, a partite mute, la playstation dava più gusto. Il guaio degli esseri umani è che si abituano a tutto, anche al peggio. È il rischio che abbiamo corso.
Ma poi è bastato osservare l'arrivo dei tifosi, diecimila italiani dal lato della Sud e i turchi dall'altra parte; e le bandiere tricolori, e quelli che sono venuti indossando la maglia azzurra del 2006, e qualcuno che era riuscito a fare entrare un paio di trombe, e i fidanzati che si baciavano, e tutti insieme a cantare l'Inno di Mameli.
No, non avevamo dimenticato niente. Sapevamo ancora tutti come si fa. Come si vive. È stato così che, per novanta minuti, abbiamo spinto via un anno e mezzo di paura e di dolore. Forse - ha pensato chi ci crede - le preghiere sono servite. Di certo sono stati decisivi i benedetti vaccini, e gli interminabili lockdown, e le file, e le distanze enormi da un cuore all'altro. Quando, dopo undici minuti, Spinazzola è partito sulla sinistra, ed è stato chiaro che a spingere la sua corsa c'era anche l'urlo lungo della folla, il grido lacerante «Italia! Italia!», lì abbiamo capito che stavamo giocando una partita nella partita: quella della Nazionale era cominciata un po' così; ma noi, la nostra, quella dei sopravvissuti al Covid, la stavamo forse già vincendo. Notte intensa.
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Sulla Moleskine, appunti sparsi. La cerimonia iniziale non resterà indimenticabile. Un video celebrativo, Francesco Totti e Alessandro Nesta impacciati a centrocampo, la banda musicale della polizia, una coreografia di sfere giganti (bah) e poi l'esibizione di Andrea Bocelli, con «Nessun Dorma», tra i fuochi d'artificio. Un applauso lungo e francamente bello ha accolto il Capo dello Stato Sergio Mattarella.
Sui mega schermi abbiamo visto inquadrati i volti di tutti i grandi capi del calcio mondiale e italiano. Gianni Infantino (Fifa), Aleksander Ceferin (Uefa), Gabriele Gravina (Federcalcio). Come sempre, a un esame più attento, la tribuna autorità dello stadio Olimpico si è rivelata poi un piccolo circo di imbucati, di amici degli amici: quello con la concessionaria d'auto, il gioielliere, il parrucchiere dei vip, un ex indagato, la showgirl amante di un senatore, impostori vari (tutti profondamente delusi per l'assenza del tradizionale e gratuito buffet, stavolta vietato dalle regole anti-Covid, sul quale di solito si scatena una micidiale tonnara).
Molto cercato dai fotografi Bilal Erdogan, il terzo figlio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il sultano ha evitato di presentarsi, qualche settimana fa il premier Mario Draghi - in queste ore impegnato nel G7 che si tiene in Cornovaglia - l'aveva definito «dittatore». Ma il sultano è un gran tifoso, di certo avrà visto la partita alla tivù, in Turchia.
E a lui che lo scorso 7 aprile lasciò prima in piedi e poi sola, mortificata su un sofà, Ursula von der Leyen, quasi esclusa dall'incontro con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, non sarà sfuggita la presenza dell'arbitra Stéphanie Frappart, quarto ufficiale del match per scelta del designatore della Uefa, il torinese Roberto Rosetti. Non c'è altro da aggiungere. È tardissimo, lo stadio è vuoto. Ecco ottanta righe. Spedite.
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