LA SUPERLEGA E’ NAUFRAGATA MA IL PALLONE RESTA UN GIOCATTOLO ROTTO E L' UEFA HA GRANDI RESPONSABILITÀ PER CIÒ CHE È ACCADUTO: ECCO IL MOTIVI – BILANCI IN ROSSO, AGENTI BULIMICI E LE PAGHE DEGLI ATLETI CHE DIVORANO IL 65% DELLE ENTRATE: PERCIÒ DILAGANO FINANZA CREATIVA E FALSE PLUSVALENZE. FIFA E UEFA DEVE COPIARE UNA COSA SOLA DALLA NBA: IL TETTO AI SALARI…
Giorgio Gandola per “la Verità”
«L' Uefa spreme i giocatori come limoni, il sistema deve cambiare». Osservando le macerie della Superlega, Antonio Conte tocca il cuore del problema. Lui ha il calcio pane e salame nel dna e dopo averlo sperimentato in lungo e in largo nel suo passato al Sud, boccia la rivoluzione per deficit meritocratico ma osserva l' orizzonte con lucidità. Va oltre i violini della retorica e le trombonate di Roberto De Zerbi («È un colpo di Statoooo») perché sa che la tempesta è passata ma il giocattolo è rotto.
Il day after è un giorno strano. Mentre lo sconfitto Andrea Agnelli teme di doversi dimettere anche dalla Juventus, il vincitore Aleksander Ceferin passeggia con i pettorali gonfi sul campo di battaglia. «Mi hanno sottovalutato. Da ora in poi nelle riunioni deciderò chi far sedere vicino a me», spiega al network sloveno «24ur» il padrone del calcio europeo. «Così potrò mettere qualcuno più lontano».
Un' uscita manzoniana da don Rodrigo, l' anticipazione di vendette, un atteggiamento poco incline a capire i motivi della ribellione della sporca dozzina.
Più avveduto l' approccio del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina: «Non esistono forme di processi o vendette trasversali.
Non si può sanzionare un' idea che non si è concretizzata».
L' Uefa ha grandi responsabilità per ciò che è accaduto. Al netto del Covid-19 il giocattolo è rotto e la radiografia mostra in modo evidente i punti di frattura.
1 Bilanci in rosso. La voragine è antica e il giorno zero non è lontano. Se il 65% delle entrate viene mangiato dai costi dei calciatori il fallimento è già realtà. La corsa ad aumentare i fatturati invece che a ridurre i costi di gestione diventa inevitabile se la pressione verso il gigantismo arriva anche dal governo del pallone, del tutto disinteressato a calmierare la corsa. Anzi interessato a moltiplicare le fonti di guadagno per sé.
2 Stipendi fuori controllo.
FLORENTINO PEREZ ANDREA AGNELLI 1
Mentre i club si indebitano per ingaggiare i campioni, l' Uefa si arricchisce facendoli giocare in tornei sempre più lunghi. E ne inventa di improbabili (come la Nations league) per incamerare più profitti, con una redistribuzione ai top club tendente alle briciole. Oggi dei 3 miliardi di giro d' affari annuale, alle società arriva meno del 15%.
3 Procuratori bulimici. Sono il punto di rottura del sistema, le loro commissioni sono a livelli assurdi. Un esempio. Quando Paul Pogba è passato dalla Juventus al Manchester United, l' agente del calciatore (Mino Raiola) ha incassato tre percentuali: due dai club e una terza dal giocatore. Totale: 41 milioni per un' operazione da 120. Con l' Uefa in religioso silenzio. Nel 2019 la Premier League ha versato 263 milioni di sterline ai procuratori e la Serie A 180.
4 Plusvalenze fasulle. Sono la coperta di Linus dei club più titolati, un autentico maquillage dei bilanci, esempio di finanza creativa che si concretizza nello scambiarsi giocatori a cifre fuori mercato o valutare milioni mezzi brocchi. Operazioni che gli stessi giornalisti eccitati dai colpi di mercato fingono di non vedere.
5 Fair play a orologeria. Il Fair play finanziario fu l' invenzione dell' ente regolatore, l' Uefa, per moralizzare il circo. Ma ha funzionato solo per alcuni, vessati dal settlement agrement e controllati con il microscopio (Inter, Roma, Milan, Galatasaray) e non per altri. Manchester City e Paris Saint Germain - in generale i club gestiti dagli sceicchi arabi - hanno continuato a operare fuori dalle regole senza alcuno stop, al massimo un buffetto di richiamo.
La realtà è sempre meno aulica della letteratura e l' Uefa ha sempre guardato altrove, guadagnando marginalità importanti. Sul pianeta del pallone sgonfio la metafora è al contrario: «I frati impoveriscono ma il convento è ricco». La spallata tentata dai 12 era un modo per svegliare l' abate avaro, quel Ceferin che oggi esulta perché (dopo le dimissioni di Agnelli) a guidare l' Eca - il circolo della caccia delle società del continente - è arrivato Nasser Al Khelaifi, proprietario qatariota del Psg, titolare dei cartellini di Neymar e Kylian Mbappè, improbabile difensore dei piccoli club virtuosi.
L' unica soluzione per frenare la corriera lanciata verso il burrone è il salary cap, il tetto salariale degli stipendi che funziona nello sport americano. La Nba di basket e la Nfl di football lo adottano da decenni, chi sfora viene sanzionato. Basterebbe che l' Uefa lo introducesse oggi per adottarlo fra cinque anni. Con un problema per i calciatori oggi indignati: ogni richiesta di bonus o di aumento di stipendio troverebbe la porta chiusa. E un cartello con scritto sopra: «I sogni non si pagano».
«Questo è il fallimento di tutti», ha scritto Mario Sconcerti sul Corriere della Sera. Sagge parole. In Italia bisogna prendere atto di una realtà anche più dura: Juventus, Inter, Milan e Roma rappresentano insieme il 60% del fatturato di tutta la Serie A. Se i quattro pilastri non tengono più, il tendone del circo crolla su tutti gli altri. Anche sulle meravigliose piccole che parcheggiano il pullman sulla linea di porta (tranne Atalanta e Sassuolo) quando giocano allo Stadium, a San Siro o all' Olimpico per lucrare uno 0-0.
C' è una foto stupenda che simboleggia il corto circuito. È quella in cui Boris Johnson, vincitore politico del braccio di ferro, palleggia in un campetto di periferia con una decina di bambini. Indossano tutti le maglie di Chelsea, Arsenal, Tottenham, Liverpool. Piangono se falliscono, non se giocano fra loro.