"ARTICOLO QUINTO, CHI HA I SOLDI HA VINTO" - TAVECCHIO NON SI È DIMESSO PERCHÉ NESSUNO VUOLE CHE LO FACCIA - DALL’EX NEMICO ULIVIERI AD ANDREA AGNELLI: TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE FIGC – IL NUMERO 1 DEI DILETTANTI COSIMO SIBILIA È L'UNICO DAL QUALE TAVECCHIO POTREBBE FARSI SOSTITUIRE
Giorgio Gandola per “la Verità”
«Vale l' articolo quinto, chi ha i soldi ha vinto».
Mentre il popolo s' indigna per le mancate dimissioni, Carlo Tavecchio sembra riesumare la frase preferita di Enrico Cuccia negli anni d' oro di Mediobanca e dell' Italia all' amatriciana. Dove chi era debole nelle piazze era forte nelle urne, dove i voti non si contavano ma si pesavano. In Federcalcio il tempo si è fermato e la «non sfiducia» incassata a Roma dal presidente federale peggiore della storia testimonia una realtà perfino banale: Tavecchio non si è dimesso perché nessuno vuole che lo faccia.
Nella riunione di mercoledì sarebbe bastato un gesto collettivo come quello di Damiano Tommasi (rappresentante dei calciatori), che si è alzato e se n' è andato, per costringere il Mandarino del calcio a farsi da parte.
Ma gli altri presenti non lo hanno compiuto, anzi hanno fatto quadrato passivo continuando ad annuire come quei cagnolini di pezza sul cruscotto delle Fiat 128 negli anni Settanta. E allora vale la pena provare a capire perché oggi, domani e dopodomani l' ultimo dinosauro sarà ancora lì.
Sarà lì perché ha il voto di Renzo Ulivieri e degli allenatori. Il pittoresco tecnico era nemico giurato di Tavecchio, al punto da incatenarsi nel 2011 davanti alla sede della Federcalcio per ottenere l' obbligatorietà del patentino.
«Certe uscite imbarazzanti rispecchiano il suo modo di essere, chi glielo fa fare di candidarsi?», diceva sprezzante. Allora teneva la foto del dirigente sotto il busto di Stalin, oggi ne è fedelissimo luogotenente, ammansito dalla carica di vicepresidente e dall' apertura di Centri di formazione dilettanti, un giorno alla settimana, anche per dare un incarico ai mister disoccupati. Insomma, fumo negli occhi.
L' ultimo dinosauro sarà lì perché ha il sostegno passivo di Marcello Nicchi che rappresenta una categoria, quella degli arbitri, in risalita nei consensi dopo un ventennio di credibilità tendente allo zero presso il pubblico calciofilo. L' inversione di tendenza è determinata dal funzionamento del Var, l' arbitro elettronico introdotto da Tavecchio (su pressione dell' amico Gianni Infantino, presidente Fifa) per allentare l' assedio degli scontenti, che oggi aiuta a evitare qualche ingiustizia, a portare a termine partite meno schizofreniche. E il cui successo giova all' immagine degli arbitri. In più, con un pizzico di perfidia, Nicchi sta liquidando la faccenda dimissioni con una frase che vale un' alzata si spalle: «Tanto noi ai mondiali ci andiamo».
L' ultimo dinosauro sarà lì perché ha costruito la sua fortezza di potere in 15 anni da padre padrone della Lega dilettanti, oggi lasciata nelle mani amiche di Cosimo Sibilia, l' unico dal quale potrebbe farsi sostituire per continuare a governare. Un po' come Matteo Renzi con Paolo Gentiloni. La Lega dilettanti rappresenta un bacino di voti pazzesco (il 34%) e in ogni elezione è l' ago della bilancia, come l' Ohio alle presidenziali americane. Stiamo parlando di 1.300.000 tesserati, quindi anche di soldi. Per questo Re Carlo in tempi non sospetti ha dato le chiavi della cassaforte (la Lega Servizi srl che si occupa di pubblicità e marketing) a un fedelissimo, il figlio di Mario Gallavotti, responsabile dell' Ufficio legale della Figc e suo stretto collaboratore. Così quote associative, contributi, acquisizioni mobiliari e immobiliari, fondi di riserva sono in buone mani.
L' ultimo dinosauro non si schioderà perché neppure un ex avversario come Gabriele Gravina (Lega Pro), blandito negli ultimi mesi, ha voglia di aprire il fuoco. Prima delle elezioni lo definiva un Cetto Laqualunque, oggi lo difende con lo statuto in mano. «Il Consiglio federale non può sfiduciare Tavecchio, non è nelle sue prerogative. Quello è un fatto soggettivo, e non è dicendogli di dimettersi che lo si fa dimettere. Io gli chiederò un nuovo orizzonte». Se gli avversari fanno letteratura, figuriamoci gli amici.
I voti del Consiglio di lunedì sono 16 perché i quattro rappresentanti di Serie A e B non sono stati eletti e Stefano Rosso (il figlio di mister Diesel rappresenta la Serie C) sarà negli Stati Uniti. Di questi 16 voti, Tavecchio ne controlla dieci, compresi i sei di Sibilia, e ne ha sei contro (i quattro dei calciatori più Gravina e Abete). Se Cosimo Sibilia, senatore di Forza Italia molto vicino al presidente del Coni, Giovanni Malagò, decide di far valere la realpolitik, il presidente rischia una messa in minoranza. Virtuale, ma significativa.
Non accadrà e il dinosauro continuerà a imperversare perché anche i grandi club preferiscono così. Inter, Milan e Roma hanno problemi di fair play finanziario, l' Uefa li tiene sotto tiro e in questi casi un amico «inside» aiuta.
E chi è uno dei vicepresidenti dell' Uefa? Michele Uva, dirigente di alto profilo, direttore generale della Federcalcio in quota Tavecchio, spinto dal Consiglio federale a trazione Optì Pobà ad entrare nell' esecutivo del calcio europeo a Nyon. Un altro sponsor silenzioso è la Juventus di Andrea Agnelli, eletto nell' esecutivo Uefa come presidente dell' Eca (l' associazione dei club europei) proprio nei giorni in cui veniva inibito per 12 mesi in Italia in conseguenza dei rapporti con gli ultrà. Un Tavecchio fa sempre comodo anche a Torino, visto che non si sogna neppure di chiedere al club bianconero il risarcimento danni per Calciopoli sentenziato da tutti i tribunali possibili, compresi quelli che hanno puntualmente rigettato i ricorsi juventini.
Il dinosauro non si farà da parte perché uno dei suoi più influenti sostenitori, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, continua a imperversare. Gli ultrà passano da una curva all' altra nonostante la squalifica: Federcalcio zitta.
Gli ultrà vestono Anna Frank con la maglietta della Roma: Federcalcio zitta. Per consentire a Lotito di querelare Pino Iodice (l' ex dg dell' Ischia che lo registrò mentre diceva «Carpi e Frosinone in Serie A non valgono un c...»), la Figc ha perfino incassato una denuncia per aver falsificato una delibera del Consiglio federale. Dice, ma è sufficiente entrare in un bar per capire quanto la gente lo detesti. I potenti si fanno portare il caffè in ufficio.