TIFOSI 2.0: FARE I SOLDI CON LA ROMA E TIFARE PER LA LAZIO

Giorgio Carpi per "Dagospia"

Spiccicato a Spicciariello. Camicia azzurra e faccia da pugile suonato, quel signore che in tribuna Monte Mario festeggia con la sciarpa biancoceleste al cielo la vittoria della Lazio in Coppa Italia, sembra proprio Spicciariello. Guardate meglio, non è uno che gli somiglia, è proprio lui, il braccio destro per la comunicazione dell'ex presidente giallorosso DiBenedetto, Franco Spicciariello. Un vero tifoso. Sì, ma della Lazio. La Dago-foto (agenzia GMT) è impietosa e manda su tutte le furie il popolo giallorosso.

«C'è troppa puzza di lazialità a Trigoria». «È il momento di fare pulizia». «Fuori i laziali dalla Roma». Sono infuriati i tifosi della Magica che da questa mattina affidano alle radio private e al web la loro rabbia. Come se non bastasse già il fallimento sportivo sancito dalla sconfitta nel derby, ci si mette anche la galleria impietosa di scatti che mostrano il doppio volto di Spicciariello. Prima del derby, nella versione romanista, a colloquio con il presidente Pallotta, e dopo, in quella laziale, mentre dà il cinque a Candreva e grida al mondo la sua fede sportiva.

Manca solo la giacca double-face - giallorossa e biancazzurra - come in quel b-movie "Il tifoso, l'arbitro e il calciatore" per questa versione 2.0 di Pippo Franco, anche se Spicciariello vanta nel curriculum nientemeno che la monografia di Vacanze di Natale. «Dove lo festeggia il Capodanno Toninho Cerezo? Secondo me dorme perché è un professionista», do you remember? Ma Spicciariello non è di quelli che del "Tappetaro" giallorosso ricordano il gol contro il Goteborg nella Coppa Campioni dell'83/84, al massimo si ferma allo striscione della Nord dell'altra domenica («Siete tutti figli di Cerezo»).

Tra le pagine gialle e le pagine rosse non si trova il suo nome, ché, almeno, l'aquilotto studioso di lobbying non ha mai fatto parte ufficialmente dell'organigramma della As Roma anche se risulta socio di Open Gate Italia, la società di public affairs e comunicazione che ha gestito la comunicazione per conto di DiBenedetto al tempo dell'arrivo degli americani a Trigoria, guidata da quel Tullio Camiglieri, ex Stream e Sky, un altro che - tanto per non sbagliare - tiene la maglia di Giorgio Chinaglia in bella vista nel suo ufficio.

Non gliela hanno mai passata, i tifosi della Roma, che oggi non abboccano nemmeno all'escamotage retorico della separazione tra "tifoso" e "professionista". Basta leggere ed ascoltare quello che adesso dicono di Spicciariello, dj a tempo perso nelle notti vedroidi, che del trasversalismo lettiano mostra in sedicesimo la potenza mimetica come pure i confini non valicabili. Le larghe intese si possono applicare tra mal di pancia e distinguo alla politica, mai e poi mai al derby Capitale. Ma come può un tifoso della Lazio lavorare per la Roma? Non può, anzi, non deve.

Sui valori non negoziabili non si scherza. Eppure alla Roma sono abituati: con l'ex ds della Lazio, Walter Sabatini (al quale si contestano non solo gli acquisti di Josè Angel, Heinze, Piris, Kjaer, Dodò ma anche le accuse estive di populismo a Totti colpevole solo di aver chiesto campioni per rinforzare la squadra), ci sono anche l'ad Fenucci, al quale le radio rimproverano la fede laziale, come pure a Muzzi, il vice di Andreazzoli. Senza considerare, poi, l'avvocato Mauro Baldissoni, in quota Circolo Canottieri Lazio - quello di tanti soci romanisti ma anche l'enclave del tifo biancoceleste à la Previti&Daniela Di Sotto - il consigliere d'amministrazione della As Roma che si ricorda per le accuse, invero un po' vigliacche, alla famiglia Sensi.

Mentre Pallotta è già volato via, è rimasto Totti a chiedere che nella Roma tornino senso di appartenenza e reale attaccamento alla maglia. Quello che è mancato in questi anni, sul campo e nelle stanze di Trigoria. Quell'atto di amore che tutti gli Spicciariello del mondo non potranno mai capire.

 

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