wayne rooney

MY NAME IS ROONEY, "WINE" ROONEY – L’EX CAPITANO DEL MANCHESTER UNITED HA RACCONTATO DEI SUOI PROBLEMI CON L’ALCOL: “AVEVO PAURA DELLA MORTE. POTEVO GUIDARE UBRIACO, COME SPESSO MI CAPITÒ, SCHIANTARMI CONTRO UN PALO, O UCCIDERE QUALCUNO” – “HO COMINCIATO A BERE PRESTO, MA NON SONO MAI STATO UN ALCOLIZZATO, QUANDO BEVEVO NON MI CONTROLLAVO. OGGI CI RIESCO” – QUELLA VOLTA CHE PIANTO I TACCHETTI SULLA GAMBE DI JOHN TERRY: “VOLEVO FAR MALE AGLI AVVERSARI”

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Stefano Boldrini per "il Messaggero"

 

Una foto attuale di Wayne Rooney, 36 anni, re dei bomber della nazionale inglese (53 reti), star del Manchester United dal 2004 al 2017, oggi allenatore del Derby County (Championship), impressiona: un over 50. 

 

Il viso mostra i segni di una vita segnata dagli eccessi ed è stato lui, in occasione del lancio su Amazon Prime del documentario Rooney, a parlare dei suoi demoni e dei suoi errori: «Ho cominciato a bere presto, ma la verità è che sono stato precoce in tutto. A 12 anni, lasciavo Croxteth, quartiere di Liverpool, per andare a Southport a partecipare alle risse. Una volta mi ruppero una mascella a Manchester. Un'altra tornai a casa con gli occhi pesti. Facevo a pugni nei concerti». 

 

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Rooney picchiava forte. Il padre, Thomas Wayne Rooney, classe 1963, era stato un buon pugile, tra i migliori di Liverpool, con una partecipazione persino a un torneo a Helsinki. Ma nel giovane Wayne scorreva il calcio nelle vene e, approdato alle giovanili dell'Everton, il club del tifo di famiglia, diventò il ragazzo prodigio. 

 

«Fu allora che cominciai a bere. Una volta, quindicenne, attraversai la strada con una bottiglia di sidro in mano. Si fermò un'auto per lasciarmi passare. Alla guida c'era il mio allenatore, Colin Harvey. Il giorno dopo mi prese da parte e mi disse: Non ho mai visto un giovane con il tuo talento, non lo sprecare». 

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UN PREDESTINATO 

E infatti Rooney era un predestinato. Il debutto in Premier, il 19 ottobre 2002, all'età di 16 anni e 360 giorni, lo presentò al mondo: segnò all'Arsenal. «Volevo fare gol a tutti i costi. Sapevo che quella era l'ultima gara da sedicenne e dovevo lasciare il segno. Così fu. Approfittai dell'errore di un colosso come Sol Campbell e fu l'apoteosi». Rooney beveva, ma a quell'età in qualche modo il fisico regge. 

 

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«A 20 anni non potevo entrare in uno spogliatoio e confessare i miei problemi. Non potevo dire: Ehi, sto lottando contro me stesso, ho l'inferno nella testa. Avevo paura della morte. Potevo guidare ubriaco, come spesso mi capitò, schiantarmi contro un palo, o uccidere qualcuno. L'alcol mi ha fatto compiere errori gravi. Ho tradito mia moglie. Coleen avrebbe potuto lasciarmi più volte, ma non è mai successo. Qualcuno dice che l'ha fatto per mantenere l'unità della famiglia e tutelare i nostri quattro figli, ma la verità è che abbiamo parlato dei miei demoni e mi ha aiutato». 

 

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Rooney ha avuto contrasti con Alex Ferguson. Ha piantato i tacchetti sulle gambe di John Terry in una gara contro il Chelsea «in cui volevo far male agli avversari». Ha atterrato un mostro sacro come Thuram. Ha provocato Cristiano Ronaldo. Oggi pare un'altra persona. Il Rooney attuale è il totem che sta tenendo in vita il Derby County, glorioso club in liquidazione, penultimo in Championship con 21 punti di penalizzazione, ma a 4 dalla salvezza. 

WAYNE ROONEY JOHN TERRY

 

Ha rifiutato l'offerta dell'Everton per il dopo-Benitez: «Ho un impegno morale con il Derby». Scrive per il Times. È entrato in una nuova dimensione o, semplicemente, si è messo alle spalle il passato. «Non sono mai stato un alcolizzato, ma quando bevevo non mi controllavo. Oggi ci riesco. Parlare dei miei problemi, mettermi a nudo, mi ha aiutato».

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