MEMORIE DI VILLA ADRIANA - DA PIRANESI CHE NE DISEGNÒ UNA PIANTA A FINE '700 A LE CORBUSIER, I MOLTI MISTERI DEL MERAVIGLIOSO EDIFICIO DI TIVOLI IDEATO DALL’IMPERATORE ADRIANO, DA 18 ANNI PATRIMONIO DELL’UMANITA’ UNESCO - QUANDO PIO II LA SCOPRÌ, SI PENSO' CHE FOSSE L'ANTICA TIBUR
Giuseppe Pullara per Corriere della Sera - Roma
Quando si visita la Domus Aurea, a Colle Oppio, si pensa a Villa Adriana, presso Tivoli, in pieno sole. E quando si è nella dimora tiburtina si pensa alla residenza di Nerone, ormai sotterranea.
Questa associazione nasce dal grandioso scenario che evocano i loro resti archeologici: abitazioni immense, distribuite su parti separate, arricchite da tutti i tesori di cui potesse disporre un imperatore romano. Si dice che Nerone abbia fatto bruciare una parte dell' Urbe per costruire la sua «casa dorata» a due passi dal Campidoglio.
Adriano preferì andare fuori città, per avere spazio senza problemi: in un poggio ameno a mezza giornata di cavallo da Roma. Per regalarsi la sua villa panoramica a Tivoli il cardinale Ippolito d' Este, in pieno Rinascimento, spogliò di ogni reperto artistico quella imperiale. Ma oggi il suo splendore s' indovina comunque visitando il sito archeologico, assediato dal ciarpame edilizio che contorna Guidonia e le fonti sulfuree tiburtine.
La Villa, scoperta a metà Quattrocento da Pio II, ha interessato sempre schiere di studiosi e artisti. Piranesi ne disegnò una pianta a fine Settecento, il Lanciani replicò cent' anni dopo, Le Corbusier ai primi del Novecento ne sviluppò una serie di disegni e infine Louis Khan, maestro di architettura del secolo scorso, ne trasse ispirazione per il suo lavoro: si veda il Salk Institute a La Jolla.
Una dozzina d' anni fa due straordinarie pubblicazioni («La pianta del centenario 1906-2006», Centro Di ed. e «Villa Adriana», Electa ed.) hanno arricchito la bibliografia sulla proprietà imperiale: sparsa su 120 ettari, fu architettata dall' imperatore stesso e da Apollodoro che però, in contrasto professionale con il Divino, perse la vita.
Dieci anni orsono Aldo Mancini, architetto, ha avviato lo studio dell' edificio imperiale traendone ora un importante saggio - «Luce su Villa Adriana. Identità e forma», Aracne editore - che intende svelare i misteri dell' opera. Oltre 400 pagine, più di 300 disegni a china, decine di stampe e foto propongono una minuziosa lettura dell' insieme, ideato da Adriano come rappresentazione del mondo con le sue diverse culture.
I suoi tanti viaggi produssero il linguaggio eclettico ma anche innovativo che caratterizza la progettazione della villa, espressa in otto «gruppi funzionali» creati in piena libertà compositiva ma strettamente collegati. Curatissimo e sobrio al tempo stesso, lo studio di Mancini accompagna il lettore in un percorso dettagliato che riesce a dare alle persistenze archeologiche un significato vitale, perfino emozionale.
Il lavoro viene presentato oggi pomeriggio alla sede della Fuis, la federazione scrittori. Patrimonio dell' Umanità Unesco da diciott' anni, la Villa - che ai suoi tempi veniva fornita da ben quattro acquedotti - fu abitata da altri imperatori. Dopo Caracalla (217) finì, col tempo, in rovina rimanendo ricoperta dalle sue stesse macerie e dalla natura. Quando Pio II la scoprì, si credette che fosse l' antica Tibur.
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