TAJANI E NORDIO AVEVANO GIURATO CHE L’ARRESTO DI CECILIA SALA IN IRAN E QUELLO DI MOHAMMAD ABEDINI IN ITALIA ERANO “SCOLLEGATI”, E ORA FANNO LA SOLITA FIGURA DA FRESCONI – IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA HA ACCELERATO LA REVOCA DEGLI ARRESTI ALL’INGEGNERE-SPIONE DI TEHERAN NONOSTANTE AVESSE PROMESSO PIÙ VOLTE CHE AVREBBE ASPETTATO LA DECISIONE DELLA CORTE D’APPELLO DI MILANO. MA IL RISCHIO CHE I GIUDICI TENESSERO IN GALERA ABEDINI ERA TROPPO ALTO. MEGLIO EVITARE DI INDISPETTIRE ANCORA IL REGIME TEOCRATICO – IL BLITZ È STATO EFFETTUATO ALL’OSCURO DEGLI STESSI UFFICI DI NORDIO (ESCLUSA LA “ZARINA” DI VIA ARENULA, GIUSI BARTOLOZZI)
1. L’INCOGNITA SULLA DECISIONE DELLA CORTE D’APPELLO E LE GARANZIE DATE ALL’IRAN
Estratto dell'articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Venerdì pomeriggio la capo di Gabinetto del ministro della Giustizia, Giusi Bartolozzi, ha chiesto nuovamente all’ufficio che si occupa di estradizioni l’elenco delle precedenti revoche di arresti a fini estradizionali.
Ce ne sono un paio, di cui già s’era già parlato molto nelle ultime settimane nelle stanze di via Arenula; una recentissima relativa all’italo francese Hervé Falciani, e un’altra del 2022, dell’ucraino Eugene Lavrenchuk reclamato dai russi.
Era il segno di una decisione politica ormai presa, alla quale bisognava trovare una veste giuridica più convincente possibile. Per accelerare i tempi di restituzione all’Iran dell’ingegnere Mohammad Abedini-Najafabani, in cambio della liberazione di Cecilia Sala avvenuta mercoledì scorso.
[…] Poche ore dopo la liberazione della giornalista italiana, il Guardasigilli era andato a palazzo Chigi e tutti avevano ipotizzato che fosse lì per ricevere l’ordine di scarcerare l’iraniano reclamato da Teheran, ma Nordio smentì. La sera successiva, al Tg1 , spiegò che prima di qualunque decisione avrebbe atteso il verdetto dei giudici di Milano sulla richiesta di arresti domiciliari per l’esperto dei droni detenuto da quasi un mese: «Ci affidiamo al giudizio della corte».
Invece non ha atteso. Significa che il patto tra Italia e Iran non poteva rischiare di saltare per un provvedimento giudiziario sul quale non c’era alcuna certezza dell’esito, e Abedini doveva uscire subito di galera. Non in contemporanea con Cecilia Sala, per non offrire all’opinione pubblica nazionale e mondiale l’immagine di uno scambio di prigionieri da tempo di guerra, ma in differita, a un centinaio di ore di distanza fra l’una e l’altro.
Del resto, se la cattura dell’iraniano è stata l’inizio dell’intrigo internazionale nel quale è incappata la reporter de Il Foglio e Chora media , e con lei il governo guidato da Giorgia Meloni, la fine non poteva che arrivare con la sua scarcerazione.
Il giudizio della Corte d’appello di Milano sui domiciliari sarebbe stato autonomo e svincolato dalle esigenze di adeguarsi all’accordo siglato tra Roma e Teheran (con un visto ottenuto dalla premier a Mar-a-Lago, in Florida, dal prossimo presidente statunitense Donald Trump).
I giudici avrebbero deciso solo sulla base delle carte giunte finora dagli Usa (il mandato d’arresto internazionale e i capi d’accusa, più le considerazione sul pericolo di fuga, debitamente trasmesse a Milano proprio dagli uffici di Nordio) e di quelle prodotte dall’avvocato a sostegno della sua istanza.
cecilia sala abbraccia i genitori all aeroporto di ciampino
[…] Niente, in quel fascicolo, faceva riferimento alla vicenda di Cecilia Sala […] Inoltre, a non fornire sufficienti garanzie c’era l’ormai stranoto precedente di Artem Uss. […]
Quella vicenda è rimasta una ferita aperta nei rapporti tra il ministro e i giudici, in particolare quelli della Corte d’appello milanese. E adesso che il governo aveva bisogno di una decisione delle stesse toghe uguale a quella contestata nel caso Uss, c’era il pericolo che tornasse a sanguinare.
Così il ministro ha messo da parte gli indugi e intrapreso l’altra strada, già indicata nei primi giorni della detenzione di Cecilia Sala: lui può stabilire in ogni momento la revoca degli arresti a fini estradizionali in virtù della natura politica della decisione finale, che spetta sempre al potere esecutivo.
Nel provvedimento ministeriale, e nel comunicato che l’ha reso noto, Nordio ha spiegato che non c’erano i presupposti giuridici per la consegna di Abedini agli Usa, e che «nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte» all’iraniano di aver foraggiato i pasdaran della Guardia della rivoluzione islamica; terroristi solo per gli Stati Uniti, non per le Nazioni Unite né per l’Unione europea.
Presupposti ed elementi che però mancavano anche quando il ministero della Giustizia ha chiesto la conferma dell’arresto di Abedini in carcere; e le prove non sono arrivate perché non è ancora scaduto il termine a disposizione degli Stati Uniti per trasmetterle in Italia a supporto della richiesta di estradizione. Ma non c’era più tempo a disposizione per rispettare il patto con l’Iran e liberare l’uomo di Teheran.
Dunque porte aperte a lui e porte chiuse agli Usa, che in cambio avranno avuto (o avranno) qualcos’altro. […]
2. IL BLITZ DEL GUARDASIGILLI DOPO IL RITORNO DI SALA TROPPO RISCHIOSO ATTENDERE
Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini per “la Repubblica”
https://www.repubblica.it/politica/2025/01/13/news/meloni_liberazione_abedini_nordio-423934285/
La promessa era da mantenere. Tornata a casa Cecilia Sala, passata la conferenza stampa della premier Giorgia Meloni, sentito Joe Biden […], l’iraniano Mohammad Najafabadi Abedini doveva essere liberato. Così come aveva assicurato la nostra intelligence ai colleghi iraniani per ottenere la liberazione della giornalista del Foglio e Chora Media.
È stato valutato troppo “rischioso” aspettare l’udienza del 15 nella quale la Corte d’appello di Milano doveva discutere gli arresti domiciliari per l’iraniano. Troppo complesso tenere Abedini ancora in Italia dove si sono mosse due procure (Milano, dopo l’arresto a Malpensa; Roma, in seguito alle dichiarazioni raccolte da Sala al suo rientro).
Meglio fare in fretta. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha compiuto così ieri un blitz senza passare nemmeno per i suoi stessi uffici, circostanza che ha procurato non pochi mal di pancia in via Arenula, dove in molti sono stati informati della notizia da siti e tv.
Per il governo era però necessario fare meno rumore possibile e sfruttare il momento di passaggio tra le due amministrazioni americane, per quanto Meloni si era premurata di avvisare Biden ma anche prima, con il suo viaggio a Mar-a-Lago, Donald Trump.
[…]
L ARRIVO DI CECILIA SALA ALL AEROPORTO DI ROMA CIAMPINO
In un primo momento quella via era però stata ritenuta «impercorribile » dalla politica, per via dei rapporti con gli Stati Uniti. Non si voleva aprire un caso con Washington che aveva chiesto con forza l’arresto dell’iraniano, anche se al momento non è ancora arrivata la richiesta di estradizione.
Quando poi il dossier è stato avocato da Chigi – da Meloni e dal sottosegretario Alfredo Mantovano […] – le cose sono cambiate. Quella del 718 è diventata la strada principe, con l’impegno della presidenza del Consiglio di rassicurare gli Stati Uniti.
Dopo il viaggio di Meloni da Trump, la scarcerazione sembrava questione infatti di ore. Poi, invece, c’era stata una frenata nella quale era stata valutata la strada dei domiciliari ma quelli, avevano ancora spiegato i giuristi, potevano essere solo concessi dal tribunale. Ancora: il pasticcio nel giorno della liberazione di Sala dell’incontro a Chigi tra Nordio e Mantovano: prima si dava per fatta la scarcerazione di Abedini, poi la retromarcia, «si è parlato della separazione di carriere».
alfredo mantovano giorgia meloni
Infine, dopo che nel weekend era stato chiesto un approfondimento sulle precedenti scarcerazioni, il blitz di ieri. Con la firma irrituale di Nordio (di solito è competenza della direzione generale degli Affari internazionali).
E poi con il comunicato nel quale il ministro dà anche una spiegazione tecnica alla sua scelta: «Nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte», scrive rischiando di creare un nuovo incidente. Perché in questi giorni nessuna nuova carta è arrivata al ministero: sulla base degli stessi atti, quindi, la Giustizia ha chiesto prima la conferma del fermo il 22 dicembre, perché riteneva motivate le accuse.
E poi l’11 gennaio ne ha invece ordinato scarcerazione perché non lo erano. Rendendo evidente, così, che a motivare la decisione ci sia stata una legittima scelta politica (il codice non chiede una motivazione giuridica: mette tutto nelle mani del ministro), frutto della trattativa con l’Iran. Non è un caso che ieri Abedini sia ritornato a Teheran con un volo messo a disposizione dal governo. Con lui non c’erano tutti i bagagli che aveva quando era stato arrestato. O meglio: quei bagagli non li aveva soltanto lui. La Polizia, e la nostra intelligence, ha infatti fatto copia di tutti i computer, i telefoni. E degli apparati informatici – chip, pezzi di droni - che custodiva nel trolley al momento dell’arresto. Per gli amici americani significa molto.
cecilia sala announo giusi bartolozzi 2MARIO CALABRESI A CASA DI CECILIA SALA CON UN MAZZO DI FIORIgiusi bartolozzi 4