
“TRUMP NON CERCA PARTNER, MA GREGARI” (CAPITO, MELONI?) – PER L’AMBASCIATORE ETTORE SEQUI IL RIFIUTO DEGLI USA DI SOTTOSCRIVERE LA DICHIARAZIONE DI CONDANNA DEL G7 PER L'ATTACCO RUSSO A SUMY È UN MESSAGGIO CHIARO: “IL DISINTERESSE CRESCENTE DI TRUMP VERSO I FORMATI MULTILATERALI. È L'AFFERMAZIONE DI UN'ECCEZIONALITÀ AMERICANA NON PIÙ NEL GUIDARE, MA NEL DISTINGUERSI DAGLI ALLEATI. PER TRUMP, L'ALLINEAMENTO CON L'EUROPA È DEBOLEZZA” – “SE TRUMP PENSA DI AGEVOLARE UN COMPROMESSO..."
Estratto dell’articolo di Ettore Sequi per “La Stampa”
donald trump nello studio ovale foto lapresse
Il rifiuto degli Stati Uniti di sottoscrivere una dichiarazione di condanna del G7 per l'attacco russo alla città ucraina di Sumy –35 civili uccisi e decine di feriti– in un bombardamento deliberato– non è soltanto un cedimento morale.
È il segnale di una mutazione profonda nella politica americana e di un calcolo strategico errato. Washington ritiene così di poter «mantenere aperto uno spazio negoziale» con Mosca. Ma un negoziato non si tiene in vita fingendo che la violenza non esista.[…]
Se Trump pensa di agevolare un compromesso, evitando di irritare Putin, fraintende la logica delle autocrazie. Queste rispettano la fermezza, non la conciliazione; disprezzano la disponibilità al compromesso quando essa appare esitazione. Dissociarsi dalla condanna del G7 non sembra dunque un'apertura negoziale, ma una concessione unilaterale. E quindi, un segno di debolezza.
C'è un altro messaggio implicito, altrettanto grave: il disinteresse crescente di Trump verso i formati multilaterali, grandi o piccoli. Rifiutare una dichiarazione comune su un tema importante significa negare il principio stesso della responsabilità condivisa. È l'affermazione di un'eccezionalità americana non più nel guidare, ma nel distinguersi dagli alleati; di un'America che non cerca partner, ma gregari.
Per Trump, l'allineamento con l'Europa è debolezza. E le dichiarazioni multilaterali vengono respinte soprattutto perché implicano parità con governi ritenuti irrilevanti. È il riflesso di una diplomazia che considera il multilateralismo un ostacolo e il G7 rischia di diventare una liturgia vuota.
ettore francesco sequi foto di bacco
Ma c'è di più: il rifiuto della condanna consente a Trump di mantenere aperta una narrativa alternativa, in cui la colpa della guerra non è di Mosca. Lo aveva già detto nei giorni scorsi: la responsabilità è di Zelensky e di Biden. Trump ottiene così il risultato opposto: più si mostra disposto a ignorare le aggressioni russe, più Mosca è incoraggiata a intensificarle. [...]
Questa accondiscendenza verso la Russia rivela che, per Trump, l'Ucraina non è il centro del negoziato: è parte di un disegno più ampio. Il vero obiettivo è ristabilire un rapporto strategico con Mosca, che vada oltre la guerra e tocchi temi economici, commerciali ed energetici.
telefonata tra donald trump vladimir putin - vignetta by osho
Trump vagheggia intese più vaste: lo sfruttamento congiunto di risorse, nuove forme di cooperazione economica, una linea comune sull'Iran, e perfino la possibilità –probabilmente illusoria– di sottrarre la Russia all'abbraccio cinese. Kiev diventa dunque un ostacolo più che una priorità. Un problema da neutralizzare, non un alleato da difendere.
In parallelo, però, l'Europa e la Nato cercano di tenere ferma la linea. Il Segretario Generale dell'Alleanza, Rutte, ha promesso ieri a Zelensky che «il sostegno Nato continuerà». Da un lato, Washington riduce il proprio impegno multilaterale; dall'altro, l'Europa cerca di mantenere una coesione strategica sempre più fragile. Per Trump, Nato e G7 non rappresentano più strumenti di leadership condivisa, ma vincoli da cui emanciparsi per riaffermare la libertà d'azione americana.
VOLODYMYR ZELENSKY DONALD TRUMP VLADIMIR PUTIN
L'America che rifiuta la solidarietà del G7, che assolve Putin e accusa Zelensky, non è più garante dell'equilibrio internazionale. La Russia, intanto, ha già compreso che la pressione funziona e che, se non incontra resistenza, potrà dettare i termini di una pace che somiglia a una capitolazione dell'Ucraina.
A ciò si aggiunge un fraintendimento profondo tra Trump e Putin. Il primo aspira a una tregua rapida e alla cessazione dei combattimenti, da esibire come trofeo personale, anche a costo di sacrificare la sostanza strategica. Il secondo vuole una pace alle sue condizioni, che lega ai negoziati per una tregua: amputazioni territoriali e neutralizzazione dell'Ucraina, limitazione delle garanzie di sicurezza occidentali a Kiev, fine delle sanzioni contro la Russia.
Mosca non ha fretta. Ogni settimana accresce la pressione su Kiev e sull'Occidente. Per Putin, Kiev è una pedina. Ma anche per Trump lo è diventata. Con la differenza che il primo detta le condizioni. E il secondo sembra pronto ad assecondarle.
donald trump vladimir putin
bombardamento russo su sumy in ucraina
bombardamento russo su sumy in ucraina