
TRUMP HA RISERVATO A NETANYAHU IL “TRATTAMENTO ZELENSKY” – LA VISITA DEL PREMIER ISRAELIANO ALLA CASA BIANCA È STATO UN DISASTRO: DAVANTI ALLE TELECAMERE, “THE DONALD” HA MESSO “BIBI” DAVANTI AL FATTO COMPIUTO DELLA RIPRESA DEI NEGOZIATI DEGLI USA CON L’IRAN SUL NUCLEARE. UN’UMILIAZIONE CHE RICORDA QUELLA SUBITA DAL PRESIDENTE UCRAINO – “IL FOGLIO”: “NETANYAHU, DOPO ESSERSELA PRESA CON OBAMA E BIDEN PER AVER CERCATO UN DIALOGO CON TEHERAN, NELLO STUDIO OVALE HA CONTINUATO A GUARDARE IL PAVIMENTO E SI MORDEVA UN LABBRO DURANTE L'ANNUNCIO DI TRUMP” – MA TEHERAN CORREGGE IL TYCOON: “IN OMAN COLLOQUI INDIRETTI...”
1. TRE DOMANDE SULL'IRAN
Estratto dell’articolo di Micol Flammini per “Il Foglio”
donald trump benjamin netanyahu foto lapresse3
La Repubblica islamica dell’Iran ha capito il più importante dei punti del programma di Donald Trump: il presidente americano non vuole essere ricordato per le guerre, neppure quelle vinte, ma per gli accordi, anche quelli storti.
[...] Infatti sabato le delegazioni di Washington e Teheran saranno in Oman e per riprendere i negoziati sul nucleare iraniano. Non è un bene per gli Stati Uniti che Teheran abbia capito l’ossessione di Trump per gli accordi, ma il vero problema è per Benjamin Netanyahu che, dopo essersela presa con le Amministrazioni Obama e Biden per aver cercato un dialogo con gli iraniani, nello Studio ovale lunedì ha continuato a guardare il pavimento mentre Trump annunciava i colloqui con l’Iran.
Il primo ministro israeliano si mordeva un labbro, a guardarlo la stampa israeliana si è domandata se non fosse il caso di parlare di “trattamento Zelensky” anche per Netanyahu, portato davanti alle telecamere, messo di fronte al fatto compiuto, ignorato nelle sue richieste.
[...] L’obiettivo di Netanyahu era di presentarsi dal presidente americano con delle richieste specifiche, ribadire la posizione israeliana, la mancanza di fiducia nei confronti degli iraniani. “Ogni incontro fra Trump e Netanyahu finisce con una sorpresa”, dice Eytan Gilboa, esperto di relazioni tra Stati Uniti e Israele del Centro per gli Studi strategici BeginSadat e dell’Università Bar -Ilan.
benjamin netanyahu e donald trump nello studio ovale
Questa volta però la sorpresa ha messo il primo ministro israeliano nella condizione di non poter criticare quello che ha definito per anni “il miglior alleato di Israele”. “Quando ti profondi in queste definizioni, quando critichi tutti gli altri, quando lo stesso Trump usa le tue parole per legittimare le sue decisioni, non sei nella posizione di dire un ‘no’. Non puoi importi”, dice Gilboa.
Ieri la stampa di regime iraniana sottolineava che Teheran è pronta a negoziare, ma non a prezzo della vergogna. “La tattica del bastone e della carota – si legge sul quotidiano Iran Daily – può ritorcersi contro, perché l’Iran rimane fermo contro la pressione”. Teheran, come Mosca, sa come condurre dei negoziati lunghi, come estenderli perché durino per anni, come lasciar macerare i colloqui in un’attesa utile a non trovare mai una soluzione.
[...] Per lo stato ebraico un negoziato deve portare allo smantellamento totale del programma nucleare, una condizione che gli iraniani non accetterebbero mai. Dopo il cattivo incontro con Trump, Netanyahu ha detto ieri che la soluzione per l’Iran deve essere la stessa imposta alla Libia nel 2003 e il presidente americano è d’accordo con lui. Non è chiaro invece per cosa intenda negoziare il capo della Casa Bianca, se per lo smantellamento del programma nucleare, come avvenuto con Tripoli nel 2003, o per la sospensione.
benjamin netanyahu donald trump foto lapresse
Il presidente americano aveva stracciato il Piano d’azione congiunto globale (in sigla: Jcpoa), un accordo imperfetto che comunque non forniva sufficienti garanzie che l’Iran stesse arricchendo l’uranio per scopi civili, e il rischio è che oggi sia invece disposto ad accontentarsi di un nuovo piano con le stesse garanzie di quello vecchio o anche di meno.
Ci sono almeno tre domande aperte a cui Trump non ha risposto. La prima è sull’obiettivo del negoziato: sospensione o eliminazione del programma nucleare. La seconda è sul piano dell’Iran in medio oriente e se l’Amministrazione americana punta a ottenere anche lo smantellamento del sedicente Asse della resistenza. La terza e ultima domanda è quella per cui Netanyahu è andato a cercare una risposta a Washington: se l’Iran non ci sta a negoziare sul serio, cosa faranno gli Stati Uniti?
BENJAMIN NETANYAHU ALL ONU DENUNCIA IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO
L’Iran ha detto che i colloqui saranno indiretti, gli Stati Uniti invece li definiscono diretti. La certezza è che le delegazioni che si incontreranno in Oman saranno di alto livello. Quella americana sarà guidata da Steve Witkoff, l’immobiliarista amico di Trump, inviato a risolvere le crisi internazionali, considerato tra i più accomodanti nel rapporto con Teheran assieme al vicepresidente J. D. Vance.
A capo della delegazione iraniana andrà invece il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, che ha definito l’incontro “tanto un’opportunità quanto un test”. Israele guarderà da lontano, accontentandosi dei resoconti dell’Amministrazione americana.
2. IN OMAN COLLOQUI «INDIRETTI» AL CENTRO IL PATTO SUL NUCLEARE
Estratto dell’articolo di Greta Privitera per il "Corriere della Sera"
I mediatori rispondono: «Sarà come Vienna». È il 2021 e poi il 2022, l’era Joe Biden. La città scelta per il tentativo di dialogo con gli ayatollah è la capitale austriaca. Chiusa in una stanza di un edificio di lusso c’è la delegazione americana. A qualche chilometro, quella iraniana.
In mezzo, i mediatori dell’Unione europea che per giorni fanno la staffetta tra le due commissioni con in tasca i biglietti scritti a mano dai negoziatori di Teheran, zeppi di cavilli da correggere. Sono i cosiddetti «colloqui indiretti», e sono finiti male.
Ieri il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha confermato l’incontro con gli Stati Uniti, previsto per sabato e annunciato la sera prima da Donald Trump, accanto all’amico Benjamin Netanyahu, sorpreso.
Ha scritto su X: «L’Iran e gli Stati Uniti si incontreranno in Oman per colloqui indiretti ad alto livello. È tanto un’opportunità quanto un test. La palla è nel campo americano». Il ministro conferma ma anche corregge il presidente degli Stati Uniti che invece ha parlato di «colloqui diretti».
A volerla leggere con attenzione, spiega al Corriere Jason Brodsky, direttore di United Against Nuclear Iran, «c’è già tensione: ognuno sta costruendo la sua narrazione. I colloqui indiretti con Teheran non funzionano e poi le richieste sono molto lontane».
benjamin netanyahu donald trump foto lapresse
Nessuno conosce i dettagli delle istanze che Steve Witkoff, inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, porterà sul tavolo, ma è opinione condivisa che Trump chiederà lo smantellamento del programma nucleare — «modello Libia», dice Netanyahu — una condizione che Khamenei non può accettare anche per le pressioni degli ultraconservatori e dei giovani radicali nelle file dei pasdaran che già definiscono il regime «traditore»: Trump rimane «l’assassino del generale Soleimani». […]
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