A VENEZIA È PARTITO IL PRESSING PER LUCA ZAIA SINDACO: UNA CANDIDATURA CHE CASCA A FAGIOLO PER IL CENTRODESTRA – SISTEMEREBBERO “IL DOGE” CHE NON SI PUO’ RICANDIDARE A GOVERNATORE DEL VENETO E RENDEREBBERO MENO ACCESO IL CONFRONTO PER LA SUA EREDITÀ IN REGIONE (FDI RIVENDICA LA POLTRONA, ANCHE SE LA LEGA È PRONTA A SCHIERARE IL SINDACO DI TREVISO MARIO CONTE)….
Cesare Zapperi per il "Corriere della Sera" - Estratti
Luca Zaia è sempre chiamato «il Doge» per la capacità di raccogliere consensi plebiscitari, da reuccio (il 77 per cento alle Regionali del 2020), e per essere assurto a uomo simbolo del territorio che porta con orgoglio lo stemma del Leone di San Marco.
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Ma se finora era solo un appellativo popolar-mediatico, tra qualche mese potrebbe diventare un nome proprio, seppur con una declinazione più democratica rispetto alle origini (il sostantivo deriva pur sempre dal latino dux).
Zaia sindaco di Venezia, perché no? Se ne parla da mesi, complice anche lo stop al terzo mandato che, almeno per il momento, pone il governatore veneto vicino al capolinea fissato (salvo proroghe) per l’anno prossimo.
L’inchiesta giudiziaria che ha investito il primo cittadino in carica Luigi Brugnaro, un suo assessore (costretto a dimettersi) e alti funzionari del Comune, ha però impresso un’accelerazione a ragionamenti, ambizioni, scenari.
Immaginare Zaia a Ca’ Farsetti era una suggestione, ora lo è molto meno e tra poco (mesi, ma forse addirittura settimane) rischia di diventare una eventualità molto concreta.
Lui nega, a chi gliene chiede conto risponde che il suo dovere è occuparsi del Veneto.
Da pragmatico qual è, vive giorno per giorno, anche se questo non significa affatto che non coltivi nella sua testa disegni per il futuro, anzi.
Perché ci sono almeno due ragioni che non rendono impossibile un trasloco da Palazzo Balbi (sede della Regione) a Ca’ Farsetti, da una sponda all’altra del Canal Grande. La prima è di contesto, la seconda di carattere personale.
La spinta a candidarsi arriva da Venezia, dai suoi cittadini ma soprattutto da alcune realtà, economiche, sociali e religiose, che nella città lagunare hanno un bel peso. C’è chi ferma Zaia tra le calli, chi gli telefona, chi gli fa arrivare messaggi di sostegno. «Luca, se ti candidi noi ti appoggiamo» è la sintesi.
Nulla di diverso da quello che è emerso nei mesi scorsi in diversi sondaggi, tutti molto favorevoli al Doge. Perfino Brugnaro, un mese fa, se n’è uscito dicendo, bontà sua, che «Zaia sarebbe un buon sindaco». Il contesto, quindi, è positivo. Tale che, se davvero si candidasse, non avrebbe soverchie difficoltà a sbaragliare la concorrenza. Anche politicamente, il suo spostamento al Comune di Venezia, renderebbe meno acceso il confronto per la sua eredità in Regione (FdI rivendica la poltrona, anche se la Lega è pronta a schierare il sindaco di Treviso Mario Conte).
E poi c’è l’aspetto personale, un mix fra le ambizioni e la qualità della vita, a cui Zaia da sempre tiene parecchio.
L’eventuale cambio di palazzo, per quanto a prima vista non sembri, è quello che oggi si definirebbe un upgrade.
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Tutto ciò, però, potrebbe anche non bastare perché Venezia, per corrispondere alle ambizioni degne della sua storia, ha bisogno di soldi, di investimenti, di manutenzioni. È dal governo Gentiloni che non arriva un euro dallo Stato. Zaia ha invocato una legge speciale come quelle che vengono ritagliate su misura per Roma. E forse, ma non lo ammetterà mai, aveva anche un’idea su chi sarebbe il più adatto a gestire i fondi .