antonio padellaro silvio berlusconi francesca pascale

AL GRAN CIRCO DELL’INFORMAZIONE – IL VIAGGIO IDEOLOGICO E PROFESSIONALE, SINCERO FINO AL “MI VERGOGNO, SÌ MI VERGOGNO” DI ANTONIO PADELLARO, GIORNALISTA DI LUNGO CORSO (“CORRIERE” E “ESPRESSO”) CON DUE DIREZIONI ALLE SPALLE, “L’UNITÀ” E “IL FATTO QUOTIDIANO” DA LUI FONDATO – DA SPADOLINI A PRODI, DA CARLO ROSSELLA A BERLUSCONI, PADELLARO NON LA TOCCA PIANO E MANDA IN SCENA “GIORNALISTI ARTISTI PAGLIACCI”. BEN DETTO (E BEN FATTO)

ANTONIO PADELLARO - SOLO LA VERITA LO GIURO

Tina A. Commotrix per Dagospia

 

“Solo la verità, lo giuro” assicura sin dal titolo Antonio Padellaro, giornalista di lungo corso con due direzioni alle spalle, “L’Unità” e “Il Fatto quotidiano” da lui fondato.

 

E nell‘occhiello in pancia alla copertina rossa del suo volume edito da Piemme, la promessa si fa addirittura lusinga per il lettore ghiotto di novità sul mondo della carta stampata: “Giornalisti artisti pagliacci”. Ben detto (e ben fatto).

 

Ora, nessuno s’aspettava che nel mettere mano ai suoi ricordi il mite Padellaro abbracciasse gli insegnamenti di due santi cari allo scrittore Enzo Bettiza, solforoso e urticante autore di “Via Solferino”, (Rizzoli, 1981), che predicavano “il furore e la maldicenza rasentando talvolta la poesia”. Del resto, aggiungeva il giornalista “fra maldicenza e verità il confine è spesso sottile”. Come dargli torto.

ANTONIO PADELLARO MARCO TRAVAGLIO FURIO COLOMBO

 

Entrambi i beati appaiono più affini al tenutario di questo disgraziato sito santo e dannato, e non a Padellaro, che difficilmente si fa prendere dal furore nemmeno quando narra dei suoi licenziamenti (o abbandoni) subiti o provocati con le dimissioni. Con grande onestà intellettuale, schivato il Sessantotto, il nostro confessa subito di appartenere a una generazione, giornalista e politica, contigua al potere.

carlo calenda vs antonio padellaro a 'piazzapulita' 14

 

Per carità, Antonio non si considera “un martire della libertà di stampa”. Ma il suo lungo tirocinio al “Corriere della Sera” dalla “zarina” Giulia Crespi alla P2 (1971-1990) - filogovernativo sin dalla nascita compresa l’epoca fascista -, qualche piaga deve essergli rimasta impressa nella pelle (e nella penna) ad un trentenne, assunto da Giovanni Spadolini, con l’usuale marchio di fabbrica dei tempi: “figlio di”.

 

letta berlusconi andreotti spadolini

Il futuro presidente del Consiglio, dalle ambizioni illimitate, che quando scendeva nella capitale i giovani redattori dovevano nascondersi in bagno per non essere visti.

 

Ecco, nella sua autobiografia forse sembra rimossa almeno in parte la dura gavetta del “non dire mai sì e mai no” (Pietro Citati) consumata tra i Palazzi del potere (delle veline pagate in contanti dai partiti) e la redazione (militarizzata) del “Corriere della Sera”.

spadolini

 

Eppure, l’aneddotica che correva ai suoi tempi avrebbe aiutato il lettore a comprendere al meglio l’inusuale viaggio ideologico e professionale (cattolico e targato Dc per via paterna) affrontato da Padellaro.

 

Gli anni delle verità negate. Il massacro del Circeo? “Ragazzate”. La guerra dei Sei Giorni? “Scaramucce di confine”, erano le risposte dei capi dell’ufficio romano che, per fortuna, si meritavano il solito “vaffanculo” da parte di Roberto Martinelli, giornalista giudiziario di indole ben diversa da quella di Antonio.

 

CARLO ROSSELLA SILVIO BERLUSCONI

Il Sessantotto? Soltanto un bivacco dei capelloni sulla scalinata di piazza di Spagna. Delle prime dure lotte studentesche Spadolini s’accorse soltanto quando lanciarono alcune pietre contro il portone di via Solferino dopo essersi barricato nella stanza che fu di Albertini.

 

Lo stesso pentimento (sincero) di aver partecipato alla realizzazione del docu-film “Forza Italia” (1977) con la DC fiocinata a tradimento alle spalle e messa nel tritacarne del grottesco - regia di Roberto Faenza -, insieme ai colleghi Carlo Rossella e Chiara Valentini allora a “Panorama”, sembra ancora una ferita (psichica) aperta in Padellaro anche nel rapporto avuto con il padre Giuseppe, galantuomo, grand commis di Stato. Sin dal titolo del capitolo, “Mi vergogno, sì mi vergogno”, quell’esperienza sembra stata poi vissuta come un trauma nella testa per Antonio.

 

LEONARDO SCIASCIA ENZO TORTORA

Del resto, sosteneva l’aforista Stanislaw J. Lech: “Gli uomini hanno riflessi lenti capiscono solo nelle generazioni successive”. E nel tornare a ritroso nel Gran Circo della carta stampata animato da giornalisti, artisti e pagliacci, il lettore incontrerà Prodi che al tavolo del medium evoca la prigione di Moro (via Gradoli) prima del suo ritrovamento, anche se Cossiga ne offriva una versione più credibile: uno stratagemma messo in atto dai partecipanti al rito per nascondere la fonte della rivelazione.

 

prodi craxi

E nell’attesa che sotto il tendone irrompano i clown, Padellaro racconta  l’ultima notte di Raul Gardini prima del suicidio; Leonardo Sciascia che origlia da “Fortunato” al Pantheon per carpire i segreti dei giornalisti vanagloriosi; Pertini furioso che nega i fischi ricevuti nel terremoto dell’Irpinia; la Mafia siciliana ai tempi di Fanfani; Craxi e i socialisti rampanti; il cadavere di Pasolini “ucciso dai fascisti”; due direttori, Di Bella e Cavallari, travolti dalla P2 di Gelli nella Rizzoli finita sull’orlo del fallimento.

 

ALBERTO CAVALLARI

E gran finale con i “pagliacci”. Silvio Berlusconi attovagliato a cena con Melania Rizzoli e la sua ultima compagna, Francesca Pascale, che nella primavera del 2014 era sospettata di una liaison lesbo con Michelle Bonev, pettegolezzo taciuto da “Il Fatto”.

 

Lei nega la relazione anche davanti al Cavaliere, che se ne esce con una battuta poi rivelatrice di qual era il loro rapporto (intimo e pasticciato): “Ah, no? è un vero peccato…”.

 

E chi è quel direttore della “Stampa” che nel 1996 convoca Padellaro sulle colline piemontesi promettendogli un posto da vicedirettore? È lui o non è lui, l’inarrivabile burlone, Carlito Rossella? Ah, saperlo.

FRANCESCA PASCALE SILVIO BERLUSCONI

 

Già, è la stampa bellezza. Anche Padellaro ne annuncia la morte in tempi brevi, ma alla pari del cinema sopravviverà sia il mestiere di fare film (oltre le sale) sia l’informazione fuori (le edicole) riconoscendone la loro immortalità.

 

padellaro ferrucci pietro pelu gomez travaglio scanzi

La fine purtroppo era nota. Oggi appare addirittura profetico quanto scrisse nel 1921 il giornalista americano Walter Lippmann: “La fedeltà del pubblico dei compratori a un giornale non viene sancita da alcun contratto. In quasi ogni altra impresa la persona che pretende di essere servita prende un impegno che pone dei limiti ai suoi umori passeggeri (…) Il lettore - conclude l’autore del saggio -, è l’unico e quotidiano giudice della propria fedeltà, e non gli si può fare causa per rottura di promessa di matrimonio o per mancata corresponsione di alimenti”.

 

 

 

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci luca zaia lorenzo fontana calderoli massimiliano fedriga romeo lega

DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA MELONI (SUL RITORNO AL VIMINALE, AUTONOMIA E TERZO MANDATO), ''TRADITO'' PURE DA VANNACCI, PER IL “CAPITONE” STA ARRIVERANDO IL MOMENTO IN CUI DOVRA' DECIDERE: RESTARE LEADER DELLA LEGA O RESTARE AL GOVERNO COME SACCO DA PUGNI DELLA DUCETTA? - LA CRISI POTREBBE ESPLODERE ALLE PROSSIME REGIONALI IN VENETO: SE ZAIA PRESENTASSE UN SUO CANDIDATO NELLA LIGA VENETA, SALVINI SCHIEREREBBE LA LEGA A SUPPORTO DEI “DOGE-BOYS” CONTRO IL CANDIDATO FDI DELLA DUCETTA, SFANCULANDO COSI' L'ALLEANZA DI GOVERNO, O RESTEREBBE A CUCCIA A PALAZZO CHIGI, ROMPENDO IL CARROCCIO? AH, SAPERLO...

cecilia sala mohammad abedini donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI  RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL RILASCIO DEL “TERRORISTA” IRANIANO ABEDINI - SI RIUSCIRÀ A CHIUDERE L’OPERAZIONE ENTRO IL 20 GENNAIO, GIORNO DELL’INSEDIAMENTO DEL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, COME DA ACCORDO CON TRUMP? - ALTRO DUBBIO: LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO, ATTESA PER IL 15 GENNAIO, SARÀ PRIVA DI RILIEVI SUL “TERRORISTA DEI PASDARAN’’? - E NEL DUBBIO, ARRIVA LA DECISIONE POLITICA: PROCEDERE SUBITO ALLA REVOCA DELL’ARRESTO – TUTTI FELICI E CONTENTI? DI SICURO, IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA DI WASHINGTON, CHE SI È SOBBARCATO UN LUNGO LAVORO DI INDAGINE PER PORTARSI A CASA “UNO SPREGIUDICATO TRAFFICANTE DI STRUMENTI DI MORTE”, NON AVRÀ PER NULLA GRADITO (IL TROLLEY DI ABEDINI PIENO DI CHIP E SCHEDE ELETTRONICHE COME CONTROPARTITA AGLI USA PER IL “NO” ALL'ESTRADIZIONE, È UNA EMERITA CAZZATA...)

marco giusti marcello dell utri franco maresco

"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON… TREMORE'" - FRANCO MARESCO, INTERVISTATO DA MARCO GIUSTI, RACCONTA DEL SUO COLLOQUIO CON MARCELLO DELL'UTRI - LA CONVERSAZIONE VENNE REGISTRATA E IN, PICCOLA PARTE, UTILIZZATA NEL SUO FILM "BELLUSCONE. UNA STORIA SICILIANA": DOMANI SERA "REPORT" TRASMETTERÀ ALCUNI PEZZI INEDITI DELL'INTERVISTA - MARESCO: "UN FILM COME 'IDDU' DI PIAZZA E GRASSADONIA OFFENDE LA SICILIA. NON SERVE A NIENTE. CAMILLERI? NON HO MAI RITENUTO CHE FOSSE UN GRANDE SCRITTORE..." - VIDEO

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA