1- SILENZIO, PARLA PINGITORE! IN UN PAESE IN CUI I COMICI DIVENTANO POLITICI E I POLITICI SONO SEMPRE PIÙ COMICI, L’INVENTORE DEL BAGAGLINO SCODELLA LA SUA BIOGRAFIA 2- SUL PALCO CON PIPPO BAUDO E ROBERTO GERVASO, 46 ANNI DI SATIRA DESTRO-ANARCHICA SULLA DC E I PRETI, I CONFORMISTI PICCOLO-BORGHESI E I COMUNISTI ALLA MODA 3- IL BOOM NEGLI ANNI 80: ANDREOTTI SALIVA SUL PALCO, JACKIE KENNEDY NON TROVAVA POSTO, AGNELLI PAGAVA IL BIGLIETTO E GUGLIELMI LO SALVAVA DALLA RAI DEI PROFESSORI 4- LA ROTTURA COL SALONE MARGHERITA E PIPPO FRANCO. BAUDO: “SE PASSO LÌ DAVANTI, MI GIRO DALL’ALTRA PARTE. PERCHÉ IL BAGAGLINO È NINNI PINGITORE” 5- IN SALA VALERIA MARINI, PAMELA PRATI, MONTESANO, MATTIOLI, EVA GRIMALDI, BUTTAFUOCO, MARTUFELLO. E IL TRASH-STORY DELLE TORTE IN FACCIA A DI PIETRO E SCHIFANI

Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Video di Veronica Del Soldà per Dagospia


Testo di Francesco Persili per Dagospia

Comicità di destra? «Satira senza etichette». Contro tutti, senza dipendere da nessuno. Memorie dal Bagaglino: non è solo il titolo del libro che Pier Francesco Pingitore presenta in un grande albergo romano chez Pippo Baudo ma una collezione di retroscena e digressioni, battute e gag improvvisate che restituiscono lo spirito del cabaret che ha unito nella risata Prima e Seconda Repubblica.

«Il Bagaglino ha rappresentato la voglia di sorridere di tanti avvenimenti e di sentirsi coinvolti nel grande gioco politico e di spettacolo di questi anni», racconta il suo papà artistico "Ninni" Pingitore che ha deciso un anno dopo aver concluso il suo viaggio durato quasi mezzo secolo con il suo Bagaglino di scrivere quello che nel sottotitolo dell'autobiografia (edita da Mursia) definisce "Diario intimo di un cabaret".

Da una cantina di vicolo della Campanella alla prima serata, una scalata alle vette dell'arte e dell'Auditel iniziata a metà anni Sessanta, tra gente di lingua spiccia, di fronte a un "casino", in una traversa di via Panìco. Al pianterreno abitava Bombolo e una donna grassa in strada gridava Pippiii. «I Pippi mi hanno sempre portato bene», scherza Pingitore rivolgendosi a Baudo che fiuta l'aria goliardica e piazza la battuta: «Non potendo fare il presentatore da altre parti, lo faccio qui».

Ognuno ha tanta storia/ tante facce nella memoria/Tanto di tutto, tanto di niente/ le parole di tanta gente... La voce della "lupa" Gabriella Ferri, per anni prima donna dello spettacolo, accompagna, in un video, i versi di Sempre, la canzone scritta da Mario Castellacci fondatore e animatore della cantina-cabaret con Pingitore e Luciano Cirri, Piero Palumbo e Raffaello Della Bona (ai quali si aggiunsero poi Gianfranco Finaldi e il musicista Dimitri Gribanovski).

Un cotè giornalistico che mescolava quella memoria bruciata repubblichina cara a Carlo Mazzantini e le strafottenze libertarie (Le donne non ci voglion più bene/perché portiamo la camicia nera, scriveva Castellacci ai tempi di Salò), esuberanze da Strapaese e un'impronta culturale di anarchici di destra che irrideva la Dc e i preti, i conformisti piccolo-borghesi e i comunisti alla moda. L'establishment della satira militante di sinistra ne criticava la formula e i fondamentali umoristici in odore di qualunquismo-destro-scollacciato. «Frequentare il Bagaglino era come frequentare un luogo proibito», rimarca Roberto Gervaso. «Eppure le più belle risate me le sono fatte lì...» Comicità dissacrante, fuori dagli schemi delle convenzioni, e delle convinzioni politiche.

«E il talento in quale bottega lo compri? Di destra o di sinistra? Ma chi te lo dà se non ci nasci?». È quello che si chiede nelle prime pagine del libro, Ninni che accoglie con un sorriso e un omaggio floreale le donne che partecipano alla presentazione del suo memoir. La satira e le rose. L'irriverenza e la galanteria del papà del Bagaglino che scherza sui soldi spesi per i fiori in questi anni (avrei potuto comprarci un appartamento...) abbraccia Montesano e poi si lascia fotografare insieme alla forever young Pamela Prati (con borsalino nero e vestitino maculato) direttamente dalla piscina di Cocoon mentre la storica rivale Valeria Marini arriva per ultima e va via per prima non senza aver ricordato la popolarità e le copertine (tra cui quella dell'Espresso, la bambola di destra) avute grazie al Bagaglino. Ma chi l'ha detto che non esistono più le dive?

Tra le onorevoli macchiette di Martufello e Mario Zamma (l'alter De Mita) e i gemelli diversi dei politici (Aldo De Luca/Occhetto e Aiesi/Spadolini), spunta anche Morgana Giovannetti, che da piccola imitava Andreotti e Lubrano, e adesso vince il disco di platino con il Pulcino Pio. Non mancano nelle prime file altre amazzoni del Bagaglino: Eva Grimaldi, Gabriella Labate e Federica Ridolfi (con Giuliano Giannichedda). In quota Mediaset c'è il produttore Marco Odoni mentre il partito Rai è presente con il consigliere d'amministrazione Verro (che si intrattiene a lungo con Baudo), l'ex capostruttura Mario Maffucci, Giancarlo Magalli e l'autore Ugo Porcelli, compagno di avventure di Arbore e Baudo che scoprì anche Valeria Marini e la "consigliò" a Pingitore.

Il giornalista del Corriere della Sera Antonio Carioti si sofferma sullo spirito di intrapresa e la capacità di rischiare del gruppo di vicolo della Campanella («qualcosa da riscoprire in questa Italia un po' seduta») ed intreccia storia e musica richiamandosi al romanticismo anarco-fascistoide di canzoni come Il Mercenario (Addio amiche mie coi fiori nei capelli/addio dolci compagne trovate nei bordelli/Con le vostre guêpières ho fatto una bandiera/portatela agli amici che invecchiano a Lucera) che Pino Caruso - come ricorda Pingitore - interpretava con la mano sul petto perché temeva davanti alle frequenti indignazioni che prima o poi qualche mentecatto gli sparasse.

Il Bagaglino, a partire dalla genesi (l'idea era di chiamarlo Bragaglino in onore di Anton Giulio Bragaglia ma davanti alla diffida della famiglia, fu tolta una erre) è una miniera di ricordi e aneddoti: dal provino di Funari che fu scartato al primo incontro con Oreste Lionello che si presentò «con l'aria da padreterno in libera uscita e una borsa da bagno con il dentifricio dentro», dalle imitazioni di Montesano che su consiglio di Pingitore, poi, andò al Puff di Lando Fiorini (il quale aveva contratto la malattia del cabaret al Bagaglino) fino al garbo di Renzo Arbore nel chiedere di ospitare il ritorno in scena di Roberto Murolo.

Attori e personaggi presi dalla strada o dall'osteria come Bombolo («Lo vedevi e ridevi. Perché? Boh, la comicità naturale non ha spiegazioni») si alternano ad amori e amorazzi, cotte furiose e amplessi di poche notti.

Stile liberty, come il Salone Margherita, il teatro legato a doppio filo alla consacrazione televisiva dello spettacolo prima alla Rai e poi, negli ultimi anni, a Mediaset, il Bagaglino ha conosciuto la sua età dell'oro negli anni Ottanta quando essere imitati dai ragazzacci di Pingitore significava far parte del cerchio magico dei potenti. Per Jackie Kennedy che non trova posto, c'è Gianni Agnelli che paga il biglietto e se ne va alla fine del primo tempo come fosse una partita della Juventus.

Con Andreotti che al culmine della sua parabola politica saliva sul palcoscenico per duettare sul filo dell'ironia con il suo imitatore-sosia, Oreste Lionello, c'è anche Fellini a cui piaceva molto l'aria da baraccone del Bagaglino. C'è la Rai dei professori che vuole chiudere - nonostante gli ascolti record - lo spettacolo salvato dall'allora direttore di Rai3 Angelo Guglielmi e, poi, il corteggiamento «gentile e insistente» di Berlusconi «che non ha fatto mai alcun tipo di censura o di pressione».

Una storia finita in quello che può essere definito il pasticciaccio brutto di via dei Due Macelli. «Il Salone Margherita oggi viene impropriamente chiamato Bagaglino», sottolinea Pippo Baudo che annuncia il ritorno al teatro e ricorda di aver girato l'Italia in camper prima di Renzi: «Ma è andata meglio a lui...»

Nell'EncicloBaudia troviamo alla voce politica una riflessione sui "due vincitori" delle primarie del Pd («Bersani e Renzi hanno mostrato di avere un grande seguito popolare. Ma se adesso fanno i due galli nel pollaio e si iniziano a pizzicare a vicenda annullano ciò che di buono è stato fatto nelle primarie») e una presa di distanza affettuosa da Beppe Grillo («Gli sono molto amico e gli voglio un bene dell'anima ma non lo voterei»). Il Salone Margherita, invece, a Super Pippo oggi evoca solo il personale ricordo di un cabaret di altri tempi con Isa Bellini e Oreste Lionello. «Se passo lì davanti, mi giro dall'altra parte. Perché il Bagaglino resta legato a Ninni Pingitore. Qualsiasi altra citazione è apocrifa».

La polemica sul marchio non interessa Pingitore: «Quello che io intendo per Bagaglino, ossia, quel cabaret nato nel 1965 in vicolo della Campanella è qualcosa che nessuno mi può togliere». Non c'era alcun contratto tra chi gestiva il teatro e la compagnia. Così il sodalizio tra Bagaglino e Teatro Margherita si è dissolto.

Pingitore non si rimprovera nulla, chè «tanto la burocrazia la vince sempre sulla poesia» e davanti alla scelta di Pippo Franco di continuare ad essere il mattatore del Salone Margherita resta l'eleganza a far da argine all'amarezza: «Lui fa ciò che vuole fare. Io gli sono stato amico e continuo a ritenerlo tale. È troppo forte quello che abbiamo vissuto insieme per essere in qualche maniera indebolito o distrutto da comportamenti modesti».

Oggi i comici diventano uomini politici e gli uomini politici sono sempre più comici, scrive Pingitore, che nel blob di quasi mezzo secolo di Bagaglino sceglie l'immagine di quella serata con Di Pietro e Schifani finita a torte in facce sul palco. E, naturalmente, non può mancare il ricordo di quella volta in cui Berlusconi gli chiese: Fai tutto tu? Scrivi e scegli tu, le ragazze e i comici? Certo, rispose Ninni.

E il Cavaliere, con un sospiro: Proprio quello che avrei voluto fare io. «Detto da uno che era padrone di mezza Italia, c'era, forse, solo da sorridere...», rammenta Pingitore che fa melina solo quando si tratta di rivelare a chi abbia regalato 500 rose: «Non si può dire». Una donna, un politico? «No, ai politici non ho mai regalato nulla». Se non battutacce, irriverenza e un invito all'autoironia ché chi si arrabbia è perduto. Un principio che non è di destra, né di sinistra ma racchiude il senso beffardo e imprevedibile della satira.

 

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