“VIVERE SENZA STOMACO? NON È FACILE, MA SI PUÒ” – LA STORIA DI CLAUDIA SANTANGELO, 60ENNE DI FERRARA, CHE NEL 2008 SI È DOVUTA SOTTOPORRE AL COMPLICATO INTERVENTO DI RIMOZIONE DELL’ORGANO DOPO AVER SCOPERTO UN TUMORE GASTRICO – “CHI VIVE SENZA STOMACO DEVE RISPETTARE DELLE RIGIDE REGOLE ALIMENTARI. IO MANGIO 8 VOLTE AL GIORNO E VADO A OMOGENIZZATI E FRULLATI. È DIFFICILE NON ISOLARSI DAL MONDO…”
Valentina Arcovio per “il Messaggero”
«Non è facile, ma vivere senza stomaco si può». È una sorta di mantra quello che Claudia Santangelo, 60 anni di Ferrara, continua a ripetere a se stessa ogni giorno dal 2008. Lo stesso slogan è diventato il titolo dell' associazione (www.viveresenzastomaco.org) da lei fondata quattro anni fa per aiutare i pazienti nelle sue stesse condizioni.
Claudia Santangelo è una donna davvero molto speciale. Ha saputo superare un momento drammatico della sua vita trasformandolo in un' opportunità per aiutare gli altri.
Tutto è iniziato un maledetto aprile del 2008, quando ha scoperto che i suoi, apparentemente banali, disturbi di stomaco erano in realtà i sintomi di un tumore gastrico. «Sono stata subito sottoposta a un intervento chirurgico di gastroresezione totale. In pratica spiega - mi hanno levato tutto lo stomaco». La vecchia vita di Claudia era finita.
GLI ALIMENTI «All' inizio soffrivo molto per i pesantissimi cicli di chemioterapia a cui sono stata sottoposta. Se non fosse stato per mio marito e mia figlia, che all' epoca aveva solo 17 anni, non ce l' avrei mai fatta». Ma la parte più dura doveva ancora arrivare. La verità è che superare un tumore allo stomaco vuol dire essere vigili e forti ogni singolo giorno della loro vita.
Perché, anche se il male è stato eliminato, le conseguenze della sua aggressione permangono. «Per noi non si tratta più di riprendere la vita laddove l' abbiamo interrotta a causa della malattia, ma di riviverne una nuova, completamente diversa e anche molto difficile», racconta la signora.
Quando non si ha più lo stomaco bisogna imparare a mangiare di nuovo e in modo diverso, sapendo che c' è un piccolo tubicino che collega l' esofago all' intestino. Nel mezzo non c' è più alcun organo, appunto lo stomaco, che processa e facilita l' assorbimento del cibo.
«Questo significa dire addio a tanti tipi di alimenti, anche quelli di cui andiamo pazzi», aggiunge. Perché il cancro non ruba il gusto e il desiderio di mangiare, ma solo il mezzo con cui poterselo godere.
«Chi vive senza stomaco ha delle rigide regole da rispettare. Deve fare 8 pasti al giorno per affrontare gli sbalzi glicemici conseguenti alla mia condizione, ma le quantità sono ridottissime», aggiunge. E non tutti possono permettersi le stesse consistenze. «Io, ad esempio, vado avanti a omogeneizzati e frullati.
Ma non ho perso il desiderio di mangiare una bella parmigiana, come quella che l' altra sera ha mangiato una mia amica a tavola con me». Ecco un altro tasto dolente: ci vuole tanta forza per non isolarsi dal resto del mondo.
GLI AMICI «È difficile continuare a socializzare se quando si incontrano gli amici non puoi condividere lo stesso pasto. Dobbiamo stare attenti anche a non parlare mentre mangiamo per evitare che entri aria nel nostro tubicino. Rischiamo dolorose coliche». Poi c' è quell' altro terribile sintomo invisibile agli altri.
È la stanchezza. Il risultato dell' inevitabile mal assorbimento delle sostanze nutritive.
Uno stato che è difficile far capire sul posto di lavoro e che impedisce di praticare gli sport.
«Io, ad esempio, mi limito a fare qualche passeggiata con il mio piccolo cucciolo Max». Non avere uno stomaco significa anche dover assumere integratori e probiotici per evitare gravi carenze. Una necessità, questa, che non viene riconosciuta da tutte le regioni italiani. «Molti sono costretti a sborsare, quando possono, belle somme per acquistarli o a rinunciarci con gravi conseguenze», dice.
Questa è una delle tante battaglie che trasformano questa dolcissima donna in una agguerrita amazzone. La sua battaglia più grande è quella dedicata alla diagnosi precoce. Settantotto persone su cento non riescono a sopravvivere alla malattia perché diagnosticata troppo tardi.
«La mia associazione - spiega - è diventata la mia ragione di vita. Non mi stancherò mai di battermi per chi è costretto a convivere con la mia stessa condizione». Sono tantissimi, circa 80mila. «Per me è stato fondamentale l' aiuto di uno psiconcologo. All' inizio cercavo disperatamente anche solo di mettermi in contatto con qualcuno che avesse vissuto la mia stessa situazione.
Ho cercato di inseguire il direttore d' orchestra Claudio Abbado, non solo perché amavo la sua musica, ma anche per sapere come lui riuscisse a continuare a fare i concerti nonostante vivesse senza lo stomaco».
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