
LO ZIO SAM “POLIZIOTTO GLOBALE” VA IN PENSIONE E IL DRAGONE RIEMPIE SUBITO IL VUOTO – IL COMUNISTA XI JINPING IN VIETNAM SI TRAVESTE DA LEADER DEL MONDO LIBERALE E PROMETTE COOPERAZIONE, INVESTIMENTI E BENESSERE – TRUMP HA SOSPESO PER 90 GIORNI I DAZI CONTRO HANOI (AL 46%), MA PECHINO GIOCA D’ANTICIPO PER TRARRE VANTAGGIO DAL CAOS...
Estratto dell’articolo di Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
Xi Jinping con Tran Thanh Ma in Vietnam
Xi Jinping ha ripreso dall’armadio il mantello da difensore della stabilità e del libero commercio ed è partito per un tour nel Sudest asiatico. Cinque giorni tra Vietnam, Malesia e Cambogia, poli di manifattura a basso costo, per presentare la Cina come un grande porto sicuro dove rifugiarsi dalla tempesta dei dazi scatenata da Donald Trump.
Prima tappa a Hanoi, dove Xi era stato già nel dicembre 2023. Ma le condizioni sono cambiate: allora il leader cinese inseguiva Joe Biden, venuto settimane prima a firmare un’intesa che elevava l’ex nemico Vietnam al grado di «partner strategico». Il governo vietnamita è famoso per la sua «diplomazia del bambù»: teorizza che di fronte ai venti causati dalla rivalità tra grandi potenze bisogna flettersi senza prendere una posizione.
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Ora il Vietnam è stato messo al terzo posto nella lista dei Paesi che «si sono approfittati dell’America con barriere commerciali e manipolazione della loro valuta»: nella tabella sventolata da Trump, Hanoi è accusata di aver caricato agli Stati Uniti dazi al 90% e per questo è stata punita con tariffe doganali al 46% (il presidente sostiene di essere stato gentile facendo uno sconto).
Il mondo è appeso ai novanta giorni di sospensione concessi dalla Casa Bianca ed è evidente che Xi, oltre a mostrarsi forte con Washington nel fuoco incrociato dei dazi, cerca di giocare d’anticipo per rinsaldare alleanze e trarre vantaggio da caos e paure di Paesi che basano la loro crescita sull’export.
Così Xi dice ai vietnamiti che «il protezionismo non porta da nessuna parte», ripete il suo ultimo slogan «non ci sono vincitori nelle guerre commerciali», chiede di unirsi alla Cina «opponendosi uniti all’intimidazione» nella difesa «di un ambiente internazionale stabile e aperto alla cooperazione». Una proposta di alleanza non solo per resistere ai dazi ma anche per ridisegnare i rapporti di forza geopolitici.
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Come incentivo, il presidente cinese ha portato al compagno To Lam, segretario generale comunista del Vietnam, 40 nuovi accordi di cooperazione. Pechino è già il principale partner commerciale di Hanoi, l’interscambio supera i 200 miliardi di dollari l’anno, con un forte surplus a favore cinese, anche perché il «made in China» a volte si traveste da «made in Vietnam» per arrivare al mercato americano.
Il Vietnam esporta per 134 miliardi di dollari negli Stati Uniti, il 30% del suo Pil: i dazi sarebbero una ghigliottina. La Cina è anche il primo investitore diretto in Vietnam. E tra i progetti di cui si parla da tempo c’è un finanziamento da 8 miliardi di dollari per la rete ferroviaria vietnamita, in particolare il collegamento tra lo snodo di Kunming in territorio cinese e il porto vietnamita di Haiphong.
La linea per Haiphong scorre in una regione dove sono stati individuati giacimenti di terre rare, che il Vietnam non sfrutta a pieno per carenza di tecnologia. L’arrivo degli ingegneri cinesi potrebbe aiutare a risolvere il problema.
XI JINPING DONALD TRUMP - MEME
[…] Dietro i rapporti da vicini fraterni che Xi esalta a Hanoi, accolto da coreografie di folla con bandiere rosse, si agitano rancori e un contenzioso storico. L’ultima guerra combattuta dall’esercito cinese è stata proprio contro il Vietnam, tre settimane nel 1979 durante le quali i generali cinesi diedero pessima prova.
Resta aperta la questione della sovranità su diverse isole del Mar cinese meridionale: nel 2014 migliaia di vietnamiti scesero in strada per protestare contro l’espansionismo marittimo della Cina; significativamente, in un Paese sotto controllo poliziesco, le autorità di Hanoi per un paio di giorni lasciarono fare e la folla prese d’assalto decine di fabbriche impiantate da aziende di Pechino, ci furono una ventina di morti e un migliaio di tecnici cinesi furono costretti a fuggire attraverso il confine cambogiano.
Tutto perdonato. Xi ora sostiene conciliante che bisogna «gestire le differenze sulle questioni marittime salvaguardando la pace e la stabilità nella nostra regione».
Lo show di Xi difensore della stabilità commerciale e politica sarà replicato in Malesia, minacciata da dazi trumpiani al 24%, e in Cambogia, super-tassata al 49%.
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