1. PIANO PIANO, QUALCUNO COMINCIA A SOLLEVARE DUBBI SULL'ARCHISTAR RENZO PIANO 2. A MOLTI NEWYORKESI NON PIACE AFFATTO IL SUO WHITNEY MUSEUM, UN MAMMOZZONE CHE SEMBRA UN PREFABBRICATO PER SFOLLATI, COSTATO 422 MILIONI DI DOLLARI, E CHE HA UN BUDGET OPERATIVO MOSTRUOSO (49 MILIONI L’ANNO). AVOGLIA A STRAPPARE BIGLIETTI
DAGOREPORT
Piano pianissimo, senza disturbare i giornaloni impegnati da decenni nella costruzione del consenso, due cose due su Renzo Piano, il senatore avito, il maestro che tutti ci invidiano, colui che richiama all’impegno per le periferie ecc ecc finalmente stanno trapelando. Una fessura, uno scricchiolio appena; niente in grado di distruggere il magnifico edificio di se stesso che Piano ha costruito.
Ma il suo nuovo Whitney Museum a New York è assai discusso; senza dire che l’ampliamento della Pierpont Morgan Library non è un capolavoro. E molte costruzioni degli ultimi anni assai ripetitive…
Il primo mattone, la pietra d’angolo del revisionismo pianino ce l’ha messa Massimiliano Fuksas l’altro giorno a “L’Aria che tira”: "Basta con la retorica sulle periferie di Piano. Lui vive a Parigi e ha uno studio a New York e paga le tasse in Francia. Bisogna finirla con l'ipocrisia totale che c'è. Renzo vive benissimo, è di ottima famiglia, ha potuto viaggiare, la sua vita è stata straordinaria, era figlio del più grande costruttore di Genova e ha potuto viaggiare nel mondo. Io ero figlio di una madre che studiava filosofia e mio padre è morto quando avevo sei anni".
Già, il senatore avito non è proprio uno che si è fatto da sé mattoncino per mattoncino! E, come i suoi amici della sinistra al caviale degli anni Settanta, Abbado, Pollini, Nono e, tra i politici, l’ex re Giorgio (che guarda caso l’ha nominato senatore) la periferia e i tram li hanno visti solo in cartolina.
Del resto il successo l’ha trovato giovanissimo, quando fu piazzato a Parigi a lavorare con Richard Rogers. L’avito di Voltri poteva già giocare con gli amati vascelli e le barche a vela di ogni genere – mai mancati i soldi per veleggiare – e trovarsi in begli studi d’architettura nei quali apparecchiare il suo successone con il Beaubourg.
Malraux, ministro della Cultura dal 1958 al 1969 aveva immaginato di costruire un "Museo del XX secolo" (un Maxx, insomma) affidandolo a Le Corbusier. Pompidou, presidente conservatore dal ’69 al ’74 riprese l’idea e lanciò un concorso vinto dai giovani Richard Rogers con Renzo Piano (ed altri). Sorpresa generale, dal concorso uscì quel gigantesco coleottero hi-tech che è il Beaubourg, al solito disprezzato dai benpensanti (“orrore, rovina i tetti di Parigi”) ma che fruttò due Pritzker ai due vincitori.
Da lì un ripetersi di successi annunciati, dalle Colombiadi – che non hanno risolto i problemi del centro di Genova -, alle vele della nuova Caledonia, ai teatri tutti uguali e ai musei molto simili. Poi i grattacieli con qualche difficoltà spacciati per mega-innovazioni (niente parcheggi sotto la scheggia di Londra, al centro di qualche controversia) e i progetti dagli amici che una volta (nel ‘68) erano amerikani e poi sono diventati ameri$ani. Il tutto disegnato Renzo Piano building a Parigi o nel bello studio di Voltri che non si vede né dalla strada né dal mare ma dal quale la vista è mozzafiato.
E veniamo, così, all’oggi. Il “New York Times” ha dedicato già vari articoli al nuovo Whitney Museum, il cui ampliamento è stato pensato dal 2007 e quindi ora realizzato nella downtown, a Greenwich Village, dove aveva casa Gertrude Vanderbilt Whitney, la fondatrice, dalla cui collezione è nato il museo. Carta bianca a Piano, ma il cartellino è salato: “422 milioni di dollari, contro 50 che era costato il New Museum, più un budget operativo da capogiro, 49 milioni di dollari all’anno” (“New York Times”).
IL PROGETTO DI RENZO PIANO CHE DOVEVA SORGERE AL POSTO DELLE TORRI DELL EUR
Per ripianare il costo c’è bisogno di caterve di visitatori. Ma questo che importa al progettista? Al massimo si incolpano poi gli amministratori di non sapere usare gli spazi. Così il quotidiano della Grande Mela descrive il palazzo: “L’edifico evoca continuità con la High Line e i marciapiedi del Meatpacking District, la zona di New York dove arte, moda e mondanità si mescolano da anni senza soluzione di continuità (vedi già Woody Allen in Celebrity del 1998)”.
Esatto, Piano è uno che, nelle periferie, è davvero poco a suo agio; nella zona della mondanità, invece, è messo meglio. Sarà per questo che non è stato ascoltato quando voleva riprogettare Parco Lambro a Milano o quando dava suggerimenti sulla periferia di Roma?