“BERLUSCONI FACEVA IL GANASSA. IN UN PROGRAMMA TV MI SFASCIO’ IN TESTA IL QUADRO (FINTO) CHE IO DOVEVO PRESENTARE: LO FECE PER DIMOSTRARE CHE ERA IL CAPO AI SUOI BAMBINI CHE GUARDAVANO LA GAG” – PARLA L’EX BANCARIO ENRICO BERUSCHI - "ERO FRA I DIECI CHE IL CAV SI PORTÒ VIA DALLA RAI, LO CONOBBI A MILANO 2, CON SMAILA AL PIANO E LUI CHE CANTAVA. POI NELL'AUTUNNO '82, MENTRE RECITAVO AL TEATRO NUOVO A MILANO, MI CHIAMA AL TELEFONO: "UÉ ENRICO, HAI VISTO CHE FACCIO UNA TV?, E DI LÌ A POCO MI OFFRÌ UN CACHET CHE VALEVA QUELLO DI CINQUE ANNI ALLA RAI” – LA SUA CARRIERA INIZIATA CON UNA BARZELLETTA AL "DERBY"
Franco Giubilei per Specchio – La Stampa - Estratti
Di sicuro Enrico Beruschi non è fra quanti sapessero fin da piccoli che la loro vita sarebbe stata su un palcoscenico: dietro la quieta espressione un po' da ragioniere c'era effettivamente un ragioniere, diplomato all'istituto Cattaneo di Milano nel 1960.
«Cosa poteva sognare una mamma a quei tempi per un figlio con quel diploma? Un lavoro in banca…», ricorda il comico, 83 anni, che dopo due anni passati allo sportello ne avrebbe trascorsi un'altra decina alla Galbusera, fino a diventarne vicedirettore commerciale. Poi, una sera, il colpo di fulmine per il cabaret:
enrico beruschi e la moglie adelaide
«Tornavo a casa a Porta Ticinese e mi fermai al Derby, dove ero di casa come spettatore e dove già si esibivano i miei ex compagni di scuola Cochi e Renato – racconta –. Spinto dal grande Walter Valdi (uno dei maestri del teatro comico milanese, ndr), che insisteva perché ci provassi, e nel terrore del sipario che si alzava davanti a me, recitai tre barzellette e alla terza il pubblico rise, era il 5 novembre 1972».
Passano due anni di progressivo avvicinamento al mondo dello spettacolo e arriva il gran giorno: «Il 15 settembre del '74 ho dato le dimissioni, con Galbusera che tentava di convincermi a restare e la sua frase finale: "Si ricordi che da noi ci sarà sempre un posto per lei"».
Non ci sarebbe tornato mai più: incoraggiato dalla moglie, con cui ha festeggiato il mezzo secolo di matrimonio – «non è ancora riuscita ad ammazzarmi…», dice ridendo – persevera nel tentativo di far ridere la gente e nel '77 ha la sua grande occasione televisiva in un programma storico: «A Non Stop, che fu merito di Pippo Baudo, eravamo tutti volti nuovi tranne Marco Messeri e i Gatti di Vicolo Miracoli, da Verdone alla Smorfia di Troisi ai Giancattivi. Ha cambiato il modo di fare cabaret».
Nella tv di Stato sono gli anni della sperimentazione, con Odeon tutto quanto fu spettacolo, L'Altra Domenica di Arbore, Stryx, La Sberla, programma cui approda Beruschi e dove un imprenditore ancora poco conosciuto va a fare caccia grossa di volti comici per i propri canali nascenti: «Ero fra i dieci che Berlusconi si portò via dalla Rai, lo conobbi a Milano 2, con Smaila al piano e lui che cantava» ricorda. Poi «nell'autunno '82, mentre recitavo al teatro Nuovo a Milano, mi chiama al telefono: "Ué Enrico, hai visto che faccio una tv?", e di lì a poco mi offrì un cachet che valeva quello di cinque anni alla Rai».
Nel 1983 comincia l'era di Drive In, una nuova svolta nella storia della comicità televisiva italiana, e il ragionier Beruschi fa parte della squadra di Ricci con Ezio Greggio, Gianfranco D'Angelo, Zuzzurro e Gaspare, Giorgio Faletti.
L'aneddoto più curioso legato alla conoscenza col Cavaliere risale a un programma successivo, Sabato al circo su Canale 5: «Berlusconi si presenta in studio e, dopo aver allontanato i fotografi, vuole fare un suo sketch personale improvvisato – racconta Beruschi –. Si mette fra me e Margherita Fumero mentre io cerco a mia volta di intromettermi, finché non mi sfascia in testa il quadro (finto) che io dovevo presentare: l'ha fatto per dimostrare che era il capo ai suoi bambini che guardavano la gag; faceva il ganassa, come si dice a Milano. Non esistono né foto né immagini di quella scenetta».
ENRICO BERUSCHI DURANTE UNA PUNTATA DI DRIVE IN
Da un punto di vista politico dichiara la sua vicinanza al fondatore di Forza Italia: «Non ho mai partecipato e non mi sono mai esposto, ma le mie idee collimavano con le sue. Ero un ammiratore di Galbusera che si era fatto da solo e lo sono stato di Berlusconi per lo stesso motivo». Da un punto di vista calcistico si definisce «stra-interista con simpatia per il Milan», un autentico ossimoro, anche se «l'interesse si è fatto molto labile dopo gli scandali e l'invasione degli stranieri».
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