
LE 'NIFTY NINE' NON BASTANO PIÙ - NOVE STELLE DI WALL STREET, QUASI TUTTI TITOLI TECNOLOGICI, HANNO TRAINATO GLI 82 MESI CONSECUTIVI DI CRESCITA IN BORSA, MA ORA IL RALLY E' SCHIACCIATO DA CINA E INCERTEZZE GEOPOLITICHE - APPLE CALA ED ESCE DAI TITOLI PIÙ 'FICHI'
Maria Teresa Cometto per il “CorrierEcomia - Corriere della Sera”
Un manipolo di azioni di società high-tech ha continuato a far correre il Toro a Wall Street l’anno scorso. Sono le magnifiche otto citate qui sotto – da Amazon e Netflix a Facebook e Alphabet (ex Google), da Microsoft ed eBay a Priceline e Salesforce – più la catena di caffè Starbucks: le Nifty Nine, le «nove alla moda» le hanno chiamate gli analisti.
NIFTY NINE DAL FINANCIAL TIMES
Il problema è che per il 2016 un gruppo così ristretto di titoli non sembra più bastare a tener su un listino sconvolto da una lunga serie di incertezze economiche e geo-politiche. «Una leadership del mercato limitata a così poche società – ha sottolineato un’analisi del Financial Times – è un classico sintomo di un rally che dura da parecchio tempo e che sta arrivando alla fine, come quello attuale che è quasi ininterrotto dal marzo 2009. Gli investitori sono a corto di idee e allora versano soldi su poche aziende con una storia positiva da raccontare».
LA LUNGA CORSA
L’attuale Toro in effetti sta durando da 82 mesi con un rialzo del 202% dell’indice Standard Poor’s 500 delle azioni americane, contro i 57 mesi e la performance del 165% della media di tutte le fasi di rialzo dal 1928 a oggi.
Il dominio delle Nifty Nine richiama alla memoria quello delle Nifty Fifty («50 alla moda») degli Anni Sessanta e Settanta, sostiene fra gli altri Jim Paulsen, capo delle strategie di investimento di Wells capital management, secondo il quale si tratta di un segnale piuttosto negativo. Le Nifty Fifty erano le 50 azioni più popolari negli Anni Sessanta, dalla Ibm alla Xerox e mentre il resto della Borsa smise di crescere alla fine di quel decennio, loro continuarono a salire, a caro prezzo, fino al 1972, quando il mercato crollò e la fase Orso spazzò via quasi la metà (48,2%) del valore di tutta Wall Street. La Borsa americana poi non si riprese veramente fino all’inizio dell’82.
Il concentrarsi dell’attenzione degli investitori su pochi titoli trendy è il sintomo anche del loro nervosismo secondo Peter Atwater di Financial Insyghts, specializzato nell’analisi della psicologia dei mercati: un umore simile l’ultima volta lo si era visto durante la Bolla di Internet negli Anni Novanta.
Ma «non è una sorpresa quando c’è una recessione dei profitti come oggi», sottolinea il consulente Richard Bernstein, perché se i profitti calano il mercato diventa darwinista: i capitali si riversano sulle aziende che mostrano una forte crescita del fatturato come Netflix — i cui profitti si sono dimezzati nel terzo trimestre 2015 (ultimo dato disponibile) mentre però i clienti continuano ad aumentare — o come Amazon, con utili quasi zero ma volume d’affari in costante espansione. E infatti Netflix e Amazon sono il numero uno e due fra i migliori titoli della Borsa di New York per le performance 2015 con rialzi rispettivamente del 135% e 118%.
Come gruppo, tutte le Nifty Nine hanno ottenuto un rialzo medio del 60% l’anno scorso, arrivando a valutazioni decisamente salate, secondo gli analisti di Ned Davis: il loro rapporto prezzo/utili (p/u) collettivo è 45, oltre il doppio di quello delle azioni dell’indice S&P500.
Il p/e dell’S&P500 calcolato sulla stima dei profitti nei prossimi 12 mesi è oggi a quota 16,6, appena sopra la media di 16 degli ultimi 15 anni. Le previsioni sono di un calo degli utili che saranno annunciati con i bilanci dell’ultimo trimestre 2015. Secondo S&P Capital IQ il calo sarà consistente, pari al 5,4% rispetto alla fine del 2014, con un declino non solo per le aziende del settore energia (-68,3%) a causa dei prezzi petroliferi ai minimi storici, ma anche per quelle dell’Information technology (-4,5%). Il dollaro forte spiega una parte di questa flessione per chi, come le aziende tech, opera molto all’estero. A ciò si aggiunge l’inizio della ripresa degli aumenti salariali negli Usa, che intacca i margini di profitto.
INCOGNITE
E se i profitti diminuiscono sarà difficile che si allarghi la rosa delle azioni che guidano al rialzo Wall Street. Senza contare tutte le altre incognite che pesano sulla Borsa americana quest’anno e che la società di ricerche Strategas riassume con questi interrogativi: sarà capace la Cina di continuare un atterraggio morbido della sua economia grazie ai servizi? Arriveranno i prezzi petroliferi a toccare il fondo senza causare una catastrofe aziendale o finanziaria?
L’aumento dei differenziali di rendimento fra i bond high-yield e i titoli di Stato è solo segno di stress in un piccolo settore industriale o prelude a qualcosa di più sinistro per tutta l’economia? Se la Federal reserve (Banca centrale Usa) continua ad alzare gradualmente i tassi di interesse, che cosa succederà al dollaro? E quale leadership esprimerà, in casa e all’estero, il nuovo Presidente americano, eletto a novembre?
Di fronte a tante incertezze non stupisce che molti investitori si sentano più tranquilli tenendo in liquidità una quota di risparmi maggiore del solito.
@mtcometto