LA RIPRESA? RIPRENDETEVELA DA SOLI (AL MASSIMO CI PENSA LA TROIKA) - ALLE PRESSIONI SULLA BCE PER NUOVE INIEZIONI DI LIQUIDITÀ, DRAGHI RISPONDE CON UN DRIBBLING: “ACCANTO ALLA POLITICA MONETARIA, I GOVERNI EUROPEI USINO ANCHE POLITICHE FISCALI”
Tonia Mastrobuoni per “la Stampa”
Dagli Stati Uniti, dal simposio di Jackson Hole, Mario Draghi ha mandato ieri un messaggio preciso ai governi europei: fate la vostra parte, adottate misure che spingano la crescita e non lasciate ai banchieri centrali il compito di scongiurare la ricaduta nella recessione.
«Sarebbe importante - ha sottolineato il presidente della Bce - che le politiche fiscali giocassero un ruolo maggiore accanto alla politica monetaria». Occorre riflettere su come sfruttare al meglio i margini di flessibilità concessi dal Patto di stabilità, ma anche su come tagliare le tasse e impegnarsi per un «ampio» programma di investimenti «pubblici» come quelli annunciati di recente dal presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker.
Draghi ha risposto così alle numerose sollecitazioni giunte nei giorni scorsi all’indirizzo della Bce, anche dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, perché intensifichi gli sforzi per favorire la ripresa. Soprattutto – questa la novità di ieri - l’ex governatore di Bankitalia è intervenuto nel dibattito in corso sul Patto di stabilità usando toni meno “tedeschi” delle settimane scorse, esprimendosi a favore di uno sforzo maggiore per spingere la domanda. Un passaggio che certamente non dispiacerà a Matteo Renzi.
Ma il numero uno dell’Eurotower ha anche messo in evidenza che «nessuno sforzo di politica fiscale o monetaria può compensare le indispensabili riforme strutturali». E una delle priorità continua ad essere la riforma del mercato del lavoro. Il messaggio è anche molto chiaro riguardo alle prossime mosse della Bce: le politiche monetarie saranno «accomodanti per un periodo esteso di tempo».
E se Draghi è «fiducioso» che «il pacchetto di misure annunciato a giugno garantirà la spinta auspicata alla domanda», Francoforte resta «pronta per andare oltre». In un discorso intitolato alla disoccupazione, che il presidente della Bce cita spesso come motivo di preoccupazione perché troppo alta (lo ha fatto anche ieri), ha ammesso la sua preoccupazione per un’inflazione che «è su un sentiero discendente» e che ha continuato a peggiorare anche in agosto. Dunque «la Bce è pronta ad usare strumenti non convenzionali».
In altre parole, è pronta per il quantitative easing, l’acquisto in massa di titoli privati e pubblici. Ma nel passaggio cruciale del testo, che segna un deciso cambiamento di tono rispetto al rigore ostentato sinora dalla Bce, Draghi cita quattro elementi che dovrebbero garantire un sostegno alla ripresa.
Il primo è, senza modificare il Patto di stabilità, considerare che «la flessibilità esistente nelle regole potrebbe essere usata per affrontare il problema del recupero debole e creare margini per i costi delle necessarie riforme». In secondo luogo «bisogna abbassare il peso fiscale». Terzo, convergere maggiormente in Europa sulle finanze pubbliche. Infine, ben venga un «ampio programma di investimenti pubblici» come quello annunciato di recente da Juncker.
Insomma, «senza una domanda aggregata più robusta, il rischio è quello di una disoccupazione strutturale più alta e una paralisi» delle riforme». D’altra parte, senza riforme, gli stimoli alla crescita rischiano di essere «meno efficaci». L’azione deve essere insomma duplice: «le politiche di stimolo della domanda devono essere accompagnate da riforme strutturali».
A Jackson Hole c’era anche grande attesa per il primo discorso di Janet Yellen da presidente della Fed, soprattutto dopo che a nell’ultima riunione era emersa una spaccatura. Una parte dei banchieri federali è convinta che la rapidità con cui sta calando la disoccupazione e l’inflazione in rialzo rendano necessaria un’accelerazione sul ritorno a tassi di interesse più alti.
Altri hanno espresso dubbi sulla robustezza della ripresa e preferirebbero un prolungamento delle politiche monetarie iper espansive.
Ieri Yellen ha tenuto un discorso equilibrato, facendo prevalere l’ottimismo e facendo intendere che il costo del denaro sarà alzato presto.
Una notizia che ha rafforzato il dollaro. E che non dispiace, ovviamente, a Draghi, che non ha nascosto nei mesi scorsi la preoccupazione per la forza eccessiva della moneta unica. Ieri il presidente Bce lo ha detto esplicitamente: «abbiamo osservato delle variazioni nei tassi di cambio che dovrebbero sostenere sia la domanda sia l’inflazione, che ci aspettiamo vengano supportate dai previsti sentieri divergenti delle politiche monetarie negli Usa e nell’eurozona».