ASPEN E SPERA (CHE IL POTERE SI AVVICINi) - QUASI A SORPRESA GIULIO TREMENDINO SARÀ RICONFERMATO PRESIDENTE DELL'ASPEN ITALIA - NON È NELLA TRADIZIONE CHE IL PRESIDENTE SIA UN “DECADUTO”, MA L'INTERA GOVERNANCE DI ASPEN SEMBRA ESSERE UN CIMITERO DEGLI ELEFANTI - I CONVEGNI SONO INUTILI E NOIOSAMENTE “MAINSTREAM” - SONO ANNI CHE ALL'ISTITUTO TROVANO ASILO PARENTI E AMICI DELLE SOLITE VECCHIE FACCE...

Bruno Guarini per il blog di Michele Arnese "Michelearnese.it"

Dicono che Giulio Tremonti abbia messo in sicurezza la riconferma come presidente di Aspen Institute Italia per un altro triennio, a partire dal 2013. Dicono.
Di certo la segretezza di Aspen non agevola l'indagine giornalistica, ma la riconferma, si badi, era tutt'altro che scontata.

Tanto per cominciare, una legge non scritta di Aspen vuole che il presidente sia sulla cresta dell'onda. Non è, questo, il caso di Tremonti, uscito ammaccato dalla conflittualità dell'ultimo governo Berlusconi e dalle continue magagne giudiziarie o cadute che coinvolgono i suoi sodali d'un tempo (Marco Milanese, Massimo Ponzellini, Ettore Gotti Tedeschi).

A dire il vero, non sarebbe la prima volta che la regola non si applica a un "caduto". Accadde per Carlo Scognamiglio, l'economista ex presidente del Senato.
Nel caso di Tremonti, il sostegno arriva soprattutto dai seniores dell'Aspen. Nomi come Giuliano Amato, Paolo Savona, Gianni De Michelis, Lucio Stanca.

A guardare bene, la governance dell'Aspen riflette ancora un passato lontano, da Prima Repubblica direbbero i nuovisti. Tempi in cui, in piena Guerra Fredda, a finanziare l'Aspen erano soprattutto gli americani. A questi ultimi, dunque, spettava una sorta di "ius primae noctis" su presidente e direttore generale.

Anche Lucio Stanca, già uomo forte di Ibm e poi ministro nel primo governo Berlusconi, deve il suo ruolo in Aspen a questa logica. Poco importa che Stanca oggi non abbia più cariche operative. E ancora meno importa che oggi i finanziatori di Aspen siano molti di più - non poche le partecipate pubbliche - e che i privilegi d'un tempo sono ampiamente ingiustificati.

I convegni, ammettono a mezza bocca alcuni soci, sono ormai indistinguibili da quello che si legge sul Corriere della Sera: un pensiero unico, il trionfo del "mainstream". Un polpettone indistinguibile dagli eventi Ambrosetti dove la gente va più per i nomi altisonanti dei relatori che per l'originalità dei contenuti. Senza contare che in questa fase arrancano anche i convegni internazionali di Aspen, gli unici a spiccare per l'autorevolezza dei temi, complice la nomina di Marta Dassù a sottosegretario agli Esteri.

Diversi soci, poi, tollerano sempre di meno le incrostazioni formatesi nel corso degli anni. Come le cravatte per i soci, che l'Aspen acquista - secondo le indiscrezioni di Gazzetta Economica - presso il cravattificio della moglie di Lucio Stanca (insider dealing?). O la lista infinita di parenti infilati a vario titolo nell'Istituto, vuoi come coordinatori di progetto, vuoi come "fellows".

O il segretariato generale, che sotto Petroni ha fatto inarcare più di un sopracciglio. Come quando a un recente convegno tenutosi a Firenze, in cui l'accademico e filosofo umbro - noto per essere il ghostwriter di Tremonti, attività per la quale è stato gratificato con nomine e incarichi di peso alla Scuola superiore della pubblica amministrazione, nel cda Rai e alla Fondazione Eni Enrico Mattei - è parso alticcio molto prima del tramonto. Malignità messe in circolo ad arte, ovviamente.

 

GIULIO TREMONTI Lucio StancaMARTA DASSU

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