BALDINEIDE – DA EROE A INDESIDERATO: DOPO 2 ANNI DI FLOP IL DG “SENZA TOTTI” LASCIA LA ROMA (ARRIVA MONTALI?)

Paolo Ziliani per "Il Fatto Quotidiano"

Che non stesse nascendo sotto una buona stella la seconda avventura di Franco Baldini al timone dell'As Roma, dopo gli otto anni d'oro dell'era-Sensi (1998-2005: uno scudetto vinto e soprattutto il guanto di sfida coraggiosamente lanciato a Moggi, la Gea e il Palazzo corrotto), lo si era capito subito, il 18 luglio 2011, quando in un'intervista rilasciata a Repubblica il neodirettore generale, non ancora insediato, aveva messo nel suo mirino Francesco Totti e aveva detto: "Totti ha davanti quattro-cinque anni di carriera. Se saprà guardare solo al calcio e non farsi carico d'altro. Ma deve liberarsi della sua pigrizia e di chi usa il suo nome, anche a sua insaputa. Deve smettere di lasciare fare: più leggero sarà, più lontano andrà con il pallone".

"Se replico io, succede il finimondo", aveva commentato a mezza voce il Capitano, trattenuto nei toni (non per pigrizia), incredulo e sbigottito al pari di tutta la tifoseria giallorossa. Che di colpo vedeva i suoi due Eroi l'un contro l'altro armati.

Un po' come vedere Mazzini andare allo scontro con Garibaldi. Che diavolo stava succedendo? Non sono passati due anni e Franco Baldini non è più il direttore generale della Roma. Si è dimesso ieri, dopo il preannuncio dato nel "day after" di Roma-Lazio finale (perduta) di Coppa Italia: ed è un addio che non provocherà nel popolo giallorosso né lacrime né rimpianti. Ieri eroe, oggi indesiderato. Così è.

Mentre il pigro Totti, a 36 anni suonati, chiude una delle migliori stagioni della sua carriera affrontata col piglio (e le voglie) di un diciottenne, Baldini esce di scena avvilito e sbeffeggiato al termine di una stagione peggiore - se possibile - di quella precedente sia per il rendimento della squadra - fuori dall'Europa - sia per il rendimento del suo dirigente.

Gli sfondoni che la proprietà americana non ha potuto perdonargli sono tanti, ma due in particolare.

1) La tragicomica trattativa, durata mesi, con lo sceicco in bolletta Adnan Aref al Qaddumi, che avrebbe dovuto portare a Pallotta & company 50 milioni e a stento aveva i soldi per pagarsi un panino da McDonald's;

2) Il flop - il secondo consecutivo dopo Luis Enrique - della scelta dell'allenatore: con Zeman, cavallo di ritorno, che in pochi mesi affonda e cola a picco, forse non adeguatamente difeso, per lasciare spazio a sua inconsistenza Andreazzoli.

"Tu sei la Roma", aveva detto a Baldini James Pallotta, il 27 agosto, giorno in cui l'americano di Boston diventò il 23° presidente della storia giallorossa. Nove mesi dopo la Roma non è più Franco Baldini, ma Walter Sabatini, il direttore sportivo. Divenuto via via l'interlocutore privilegiato di una proprietà sempre più perplessa di fronte alle uscite a vuoto e agli sbalzi umorali di un direttore generale sempre più presente-assente, a Trigoria.

Baldini si fa da parte con il consenso della proprietà: che al termine della riunione di ieri (in cui è stata ratificata, per la cronaca, la cessione del portiere Stekelenburg al Fulham per 4,5 milioni) ha diramato un comunicato in cui ringrazia "Franco Baldini per il lavoro svolto al servizio dell'As Roma nel corso delle due stagioni passate. Baldini ha avuto un ruolo importante nel lancio del nostro progetto. Gli auguriamo il meglio per le sue attività future".

Con le dimissioni, Baldini rinuncia a due anni di contratto e a 1 milione e 200 mila euro di appannaggio. Si dice sia in trattativa col Tottenham di Vilas Boas, il club che si propone di dare l'assalto - la stagione prossima - ai grandi colossi Manchester United, Manchester City e Chelsea.

E riderà sotto i baffi, probabilmente, Luciano Moggi: il gigante Golia del pianeta calcio che Baldini, novello David, contribuì a demolire a colpi di fionda. Furono le sue denunce, assieme a quelle di Zeman, a dare il via alla caduta del più potente dirigente del calcio italiano: che addirittura subì una condanna di 4 mesi - da aggiungere ai 5 anni e 4 mesi della sentenza Calciopoli - per le minacce proferite ai danni di Baldini durante un'udienza del processo Gea, il 19 giugno 2008, quando all'ingresso dell'aula, alla presenza di testimoni, lo apostrofò dicendo: "Buongiorno pezzo di merda. Stai attento perché qui finisce male".

Persona amabilissima, dai modi delicati, quasi una mosca bianca nel Circo Barnum del Pallone, a Franco Baldini è sempre mancato, forse, quel famoso quid che non permetterà mai ad Alfano di diventare un Berlusconi.

Coraggioso ma non fino in fondo, coerente ma non fino in fondo: come quando - ai tempi della fuga di Capello sulla panchina della Juventus - si scagliò subito, durissimamente, contro la scelta cinica dell'amico allenatore ("Non potrei mai allenare un club sleale come la Juventus", aveva sempre dichiarato Capello), salvo poi raggiungerlo, di lì a poco, prima alla guida del Real Madrid, poi al comando della Nazionale d'Inghilterra. Se lo sentiva, Baldini, che il ritorno a Roma non sarebbe finito con le campane a distesa. I tifosi non lo rimpiangeranno. Totti nemmeno.

 

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