leonardo del vecchio nagel

C'È QUALCOSA DI NUOVO NELL'ARIA, ANZI DEL VECCHIO - IL MILIARDARIO SPIEGA A ''BUSINESS INSIDER'' IL SUO PIANO IN MEDIOBANCA: GLI UTILI VANNO INVESTITI IN ACQUISIZIONI, BISOGNA CRESCERE SEMPRE, COME HANNO FATTO INTESA, ARNAULT, E OVVIAMENTE LUXOTTICA. NON FARE COME NAGEL E ASPETTARE IL DIVIDENDO A FINE ANNO - NAGEL NEL PIANO INDUSTRIALE POTREBBE NON PREVEDERE PIÙ LA DISMISSIONE DEL 3% DI GENERALI. IN QUEL CASO DEL VECCHIO POTREBBE SPINGERLO A…

Giovanni Pons per https://it.businessinsider.com/

 

 

Leonardo Del Vecchio, l’imprenditore veneto che ha fondato Luxottica e l’ha fatta crescere fino a fondersi con i francesi di Essilor, è abituato ad andare diretto al punto, senza tanti giri di parole. Le sue dichiarazioni su Mediobanca, rilasciate due giorni fa, dopo aver rastrellato in Borsa il 6,94% del capitale, sono di quelle che lasciano il segno. “Mi aspetto un nuovo piano industriale che non basi i risultati di Mediobanca solo su Generali e Compass, ma progetti un futuro da banca di investimenti’, ha detto ai giornalisti fuori dalla sede milanese di Luxottica -. Una banca capace di giocare un ruolo da leader in Italia e in Europa e che possa cosi’ dare soddisfazione a tutti gli azionisti, Delfin inclusa”. Per la cronaca degli 860 milioni di utile netto di Mediobanca nell’ultimo esercizio, 336 vengono da Compass e 320 da Generali.

LEONARDO DEL VECCHIO NAGEL

 

Delfin è la holding della famiglia Del Vecchio che detiene tutte le partecipazioni più importanti, da Essilor Luxottica, a Fonciere des Regions, a Generali, Unicredit, fino allo Ieo, l’Istituto europeo di Oncologia attorno al quale due anni fa si è consumato uno scontro proprio con Mediobanca.

 

A quanto si è potuto ricostruire Del Vecchio in un primo momento non nutriva ambizioni bellicose, affermava di non aver parlato con Vincent Bolloré (titolare di un 7% di piazzetta Cuccia fuori dal patto) prima di comprare le azioni Mediobanca e che i quasi 600 milioni impiegati sarebbero stati al sicuro in un periodo di tassi quasi a zero, dal momento che la banca guidata dal 2003 da Alberto Nagel può vantare un rendimento di oltre il 5%.

 

FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO

E che comunque la sua incursione aveva il passo dell’investimento a lungo termine, come dimostrano le partecipazioni in Unicredit, dove Del Vecchio investì ai tempi della privatizzazione dell’inizio degli anni ’90, e in Generali, dove la Delfin è presente ormai da vent’anni a questa parte. Niente a che vedere, poi, con la vicenda Ieo, catalogata come acqua passata. “Io volevo solo il Monzino, lo Ieo avrebbe dovuto fare una scissione e la mia famiglia avrebbe investito parecchie risorse per svilupparlo con la ricerca e l’Università, come fanno tante aziende ospedaliere all’estero. Ma Mediobanca voleva tenere tutto assieme e alla fine non se ne è fatto niente”, ha raccontato Del Vecchio a Business Insider Italia.

 

Poi però qualcosa deve averlo turbato, forse le reazioni poco carine del management di piazzetta Cuccia alla sua incursione sul titolo, fatta comunque a prezzi piuttosto elevati e che i suoi acquisti hanno contribuito a far salire. E così ha deciso di essere un po’ più esplicito e di esternare quella che è la sua idea di sempre, per far crescere le aziende.

 

Cioé investire gli utili per acquisire altre aziende e diventare sempre più grandi, così come ha fatto lui stesso con la Luxottica, diventata un colosso dell’occhialeria mondiale. E senza paura di veder diluito il proprio controllo, anche se nel gruppo italo francese, con il 31% del capitale, comanda ancora lui pur se in coabitazione con i manager transalpini. Nonostante gli 84 anni di età la spinta di Del Vecchio verso la crescita e il futuro sembra quella di un ragazzino e dal suo punto di vista i manager asserragliati in piazzetta Cuccia gli devono apparire come dei vecchi matusalemme.

 

JEAN PIERRE MUSTIER

“Volevo solo dire che l’azienda deve dare il massimo, è rimasta piccola e forse qualcuno si è seduto sugli allori visto che la metà dei suoi profitti sono sicuri, venendo da partecipate come Generali e Compass”, spiega Del Vecchio in una seconda telefonata con Business insider Italia -. Quando si presentano delle opportunità bisogna coglierle al volo per crescere, come ha fatto il gruppo Intesa nel corso degli anni, prendendo prima la Cariplo, poi la Comit e poi il Sanpaolo di Torino. O come in Francia ha fatto Bernard Arnault con il gruppo Lvmh, è sempre cresciuto attraverso acquisizioni nel lusso. E’ questa la strada”.

 

 

Per la verità Alberto Nagel dal 2003 in poi ha fatto del suo meglio per svecchiare Mediobanca e cucirgli attorno un vestito nuovo che facesse dimenticare le battaglie azionarie del passato, quando Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi ne avevano fatto il centro del capitalismo senza capitali dell’economia italiana.  L’ultima partita da salotto buono si è consumata tra il 2012 e il 2013, quando Nagel e soci hanno traghettato la Fondiaria Sai dalle mani di un esausto Salvatore Ligresti a quelle più fidate dell’Unipol di Carlo Cimbri.

alberto nagel bollore

 

Una battaglia all’ultimo sangue, in cui Mediobanca ha rischiato di capitolare a causa della forte esposizione che aveva nei confronti della compagnia fiorentina, ma che si è conclusa con un successo e qualche strascico giudiziario. Da lì in poi Nagel ha spinto sull’acceleratore della diversificazione puntando le sue carte sulla banca senza sportelli Che Banca!, sul credito al consumo di Compass e, in maniera più timida, sul risparmio gestito e l’investment banking. E gestendo con il bilancino e l’abilità che lo contraddistingue la partecipazione del 13% in Generali, che doveva scendere al 10% ma non è mai scesa. Questa strategia ha portato buoni risultati per gli investitori, che hanno visto un total return nel corso degli anni che la colloca tra le prime cinque banche al mondo.

 

Ma tutto ciò evidentemente non basta agli occhi di Del Vecchio e forse anche a quelli dell’altro azionista forte di piazzetta Cuccia, Jean Paul Mustier, gran capo di Unicredit che ha in pancia l’8,9% di azioni Mediobanca. “Si sono fatti scappare diverse occasioni, non possono andare avanti a prendere dividendi da Generali, devono diventare più grandi”, conclude Del Vecchio i cui intenti cominciano a diventare battaglieri. L’agenzia Bloomberg ieri sera ha scritto che la Delfin si sarebbe affidata a un advisor per mappare e sondare gli investitori di Mediobanca che possano sostenere un piano industriale più aggressivo da parte del management. E nel mirino della prossima assemblea potrebbe esserci anche la modifica allo statuto che obbliga a cercare l’amministratore delegato della banca sia un manager interno che abbia almeno tre anni di militanza nelle stanze di piazzetta Cuccia.

MEDIOBANCA

 

Un modo come un altro per blindarsi nel fortino invece che aprirsi al mercato esterno. Su questo tema, però, Del Vecchio non si sbilancia: “Tutto quello va a vantaggio della banca va bene, ma cambiare lo statuto non servirebbe a molto”. Ma questo lo si scoprirà alla prossima assemblea. Nel frattempo il 24 ottobre Nagel presenterà i conti del primo trimestre 2019-2020; il 28 si terrà l’assemblea sul bilancio e il 12 novembre verrà presentato il nuovo piano industriale che – secondo indiscrezioni – potrebbe non prevedere più la riduzione dell’attuale quota del 13% in Generali. Un fatto che potrebbe spingere in futuro Del Vecchio a proporre una scissione della partecipazione agli azionisti Mediobanca e che toglierebbe dalle mani del management qualsiasi scusa riguardo la missione e la profittabilità della banca creata da Cuccia.

 

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