L’ERBA VOGLIO – LA CANNABIS TERAPEUTICA È IL GRANDE BUSINESS DEL MOMENTO: TRA MULTINAZIONALI E STARTUP, IL MERCATO NEGLI STATI UNITI POTREBBE TOCCARE I 31 MILIARDI DI DOLLARI – LA CANADESE “CANOPY” A WALL STREET VALE PIÙ DI “BOMBARDIER”: È LA NUOVA BOLLA? L’EUROPA AL PALO RISCHIA DI RITAGLIARSI UN RUOLO SOLO DA IMPORTATORE IN UN MERCATO DOMINATO DA POCHE GRANDI MULTINAZIONALI - BIG PHARMA, BIG FOOD, BIG TOBACCO: ECCO CHI STA INVESTENDO NELL'ERBA
Gabriella Colarusso per “la Repubblica – Affari & Finanza”
A Denver, Michael Eymer è diventato una specie di celebrità quando, nella notte di capodanno del 2018, la Cnn ha deciso di trasmettere live uno dei suoi affollatissimi tour in autobus. Il Colorado Cannabis Tour è un servizio che è stato lanciato nel 2014 e che ogni anno porta in giro per lo Stato circa 5 mila persone. Turisti un po' speciali: appassionati e cultori della marijuana.
tilray, il gigante della cannabis
Eymer, che nel 2016 ha fatturato più di un milione di dollari con la sua società, ha intuito prima di altri le potenzialità di un business su cui ora stanno mettendo gli occhi anche le grandi multinazionali del tabacco, dell' alcool, le grandi case farmaceutiche: il commercio globale della marijuana legale. I numeri dell' ultimo rapporto Arcview Market Research e Bds Analytics spiegano il perché: nel 2018, la spesa globale in cannabis legale ha superato i 12 miliardi di dollari, nel 2017 era stata di 9,5 miliardi, e nel 2022 potrebbe toccare i 31 miliardi di dollari, una crescita media del 27%. Nel giro di poco tempo decine di Paesi hanno legalizzato la cannabis terapeutica, che ha dosi limitate di thc e cannabidiolo, e la grande corsa all' oro verde è cominciata.
«La normativa sulla cannabis nel mondo si è evoluta più negli ultimi cinque anni che nei tre decenni precedenti», spiega alla rivista francese Challange Ivana Obradovic, direttrice dell' Osservatorio francese sulle droghe. E c' è chi vede in questa accelerazione qualcosa di simile a quello che accadde nella seconda metà degli anni Trenta: la fine del proibizionismo e la nascita, nel giro di un paio di decenni, dell' industria globale degli alcolici.
Negli Stati Uniti, che ne sono il primo consumatore al mondo, la marijuana medica è legale in 33 Stati, in 10 si può comprare anche per uso ricreativo, ovunque spuntano serre per la coltivazione e quelli che gli americani chiamano i pot shops, i negozi dell' erba. In Colorado, che nel 2014 fu il primo stato a consentire l' uso anche ricreativo della marija, nel 2017 il giro d' affari ha superato il miliardo e mezzo di dollari, lo 0,55% del Pil, i pot shops ormai sono più degli Starbucks e dei McDonald' s, l' indotto occupa 50 mila persone e il governo incassa più di 200 milioni di tasse all' anno.
Ma è nel Canada del liberale Justin Trudeau che la cannabis sta attirando l' attenzione di multinazionali e fondi di investimento, alimentando la nascita di decine di startup e anche una certa volatilità sui titoli delle aziende del settore. Quando nel 2013 ha fondato la Canopy Corporation in Ontario, amici e familiari gli dicevano di lasciar perdere: è un mercato troppo esposto alle incertezze delle policy pubbliche.
Ma Bruce Linton, che veniva dal mondo dell' high tech e aveva attraversato l' euforia e la bolla delle dot.com, non si è dato per vinto. Oggi la Canopy è tra i più grandi produttori di marijuana al mondo, il primo a quotarsi alla Borsa di New York, e ha una capitalizzazione di mercato che supera i 10 miliardi di dollari: più della connazionale Bombardier, per dire, il colosso internazionale di aerei e treni, sebbene i ricavi dalle vendite di cannabis terapeutica della controllata Tweed, nel 2017, non abbiano raggiunto gli 80 milioni di dollari. A chi gli chiede quale sia il suo obiettivo, Linton risponde con ambizione: fare della Canopy l' "Amazon o il Google" della marijuana.
Sei mesi fa, il mercato ha dato qualche ragione in più al suo ottimismo: Constellation Brand, l' azienda che produce tra le altre la birra Corona, ha investito 3,8 miliardi di dollari nella Canopy, una mossa che risponde ai passi fatti da altre società del settore alcolici, come la Heineken e la Coca Cola - la prima ha lanciato una bevanda a base di cannabidiolo, la seconda ha allo studio un prodotto simile - o la Anheuser-Busch, produttore della birra Budweiser, che ha chiuso un accordo da 50 milioni con la Tilroy per il lancio di una bevanda a base di cannabidiolo.
Tilroy è l' altro nome grosso della cannabis canadese, una del quartetto dei grandi, le magic four, come le ha ribattezzate la stampa nordamericana, insieme con Aurora, Canopy e Cronos. Il principale finanziatore di Tilroy è Peter Thiel, uno degli uomini più potenti della Silicon Valley, fondatore di Pay Pal e grande sostenitore di Donald Trump. Privateer Holdings, il suo fondo di private equity, possiede l' 80% di Tilroy che è quotata alla borsa di New York e alla fine dello scorso anno ha ottenuto la licenza per esportare anche sul mercato tedesco e australiano.
L' altro big dell' industria canadese è Cronos Group, su cui ha puntato la multinazionale del tabacco Altria, quella delle Marlboro, acquistandone il 45% per 1,8 miliardi di euro. E infine c' è Aurora cannabis, che sul mercato vale circa 5 miliardi di dollari, opera in 22 Paesi ed è stata la prima società, all' inizio del 2018, a vincere un appalto per la fornitura di cannabis medica all' Italia attraverso la controllata Pedanios.
Già, L' Europa. Il vecchio continente è un mercato molto promettente per chi produce cannabis medica, nel 2028 potrebbe arrivare a 58 miliardi di euro, secondo le stime di Prohibition Partners. «Alla fine del 2018 c' erano 18 Paesi in Europa che avevano legalizzato la marijuana medica, entro la fine del 2019 prevediamo che saranno tra i 22 e i 25», ci spiega Stephen Murphy, co-fondatore della società di analisi. Germania, Paesi Bassi e Italia sono i mercati potenziali più ampi, con una previsione di oltre 220 mila pazienti nel 2019. Solo in Germania, che ha legalizzato la marijuana terapeutica nel 2017, i pazienti sono già più di 40mila.
Da dove arriva tutta la cannabis che gli europei usano per curarsi? In Gran parte dal Canada, dice Murphy, "ma altri Paesi si tanno inserendo nel business, come l' Australia o Israele". Il rischio per l' Europa è ritagliarsi un ruolo solo da importatore in un mercato dominato da poche grandi multinazionali. Ragiona Murphy: «Con il tempo ci saranno acquisizioni e consolidamenti perché l' industria sta crescendo molto rapidamente, ma si apriranno molte altre opportunità di business: l' industria della cannabis interessa diversi settori, dalle costruzioni al food and beverage, all' industria tech, e accanto a grandi aziende nasceranno anche numerose startup". I governi intanto si posizionano.
La scorsa settimana, mentre Israele dava il via libera alle esportazioni di cannabis terapeutica, la Thailandia ha bloccato tutte le domande di brevetto per la marijuana medica. La giunta militare di Bangkok teme che le compagnie farmaceutiche straniere possano tentare di monopolizzare il mercato. Colossi come la britannica GW Pharmaceuticals o la giapponese Otsuka Pharmaceutical, già presenti sul mercato nordamericano ed europeo, avevano già depositato brevetti per produrre marijuana. La guerra è appena cominciata.