IL CAPITALISMO (MARCIO) DEI SOLITI NOTI - LE CARICHE NEI CDA DELLE PRIME DIECI BANCHE ITALIANE SONO 1.136, PIÙ DI DEPUTATI E SENATORI MESSI INSIEME
Alberto Statera per "Affari&Finanza - la Repubblica"
Guardi quel che capita nella banca, nell'alta finanza e in quel poco di grande industria che ci resta e ti sembra di vedere come in uno specchio il degrado della politica. Alitalia, Telecom, Ligresti, Zaleski, Riva, Unicredit, Banca Intesa, è la lista assai parziale dei dossier spinosi quando non dei disastri che assediano il paese e delegittimano una volta di più gran parte della cosiddetta classe dirigente.
Di Alitalia è persino inutile dire: è uno dei tanti prezzi annunciati che l'Italia sta pagando a una delle campagne elettorali di Silvio Berlusconi, con la complicità dei soliti noti, imprenditori di alterne fortune (almeno tre sono recentemente finiti ai ferri) uniti come un sol uomo nello 'yes' quando si trattava di gratificare il potente premier senza scrupoli.
Come in un tardivo soprassalto banchieri, industriali, economisti e politici si sono poi accorti adesso che un asset strategico come Telecom sta per finire in mani spagnole, come l'Alitalia in quelle francesi per un pezzo di pane rispetto a quanto offerto tre anni fa. Se la memoria non ci tradisce, correva il 2006 quando il consigliere di Prodi Angelo Rovati, poi defunto, fu crocifisso e costretto alle dimissioni per aver compilato informalmente un progetto per lo scorporo dal servizio telefonico della rete a difesa per l'appunto gli interessi strategici del paese.
Ci riprovò Monti, ma tutto finì in un cassetto. Mentre le imprese strategiche volano via, le banche, che in esse sono impegnate in quel suk di partecipazioni incrociate e scatole cinesi finora pilastro dell'anomalo capitalismo italiano, litigano tra loro e litigano al loro interno, mentre si leccano le ferite causate dall'abitudine inveterata e raramente punita di finanziare gli amici e gli amici degli amici.
Per loro il credito non manca mai, anche se coinvolti in operazioni da codice penale. Dopo Ligresti, ci si affanna intorno ai debiti di Zaleski, che coltiva un'antica amicizia con il presidente di Intesa San Paolo Giovanni Bazoli, considerato l'ultimo dei banchieri di Sistema.
Bazoli ha la fama di personaggio rispettabile della banca cattolica, ma di errori ne ha fatti e tutti cominciano a venire al pettine. Il Ceo di Intesa Enrico Cucchiani, che Bazoli stesso scelse dopo una lunga battaglia che vide in scena anche poteri opachi, ha fatto rilevare che quando incautamente si rimpinguò Zaleski, lui non c'era.
Linguaggio normalmente non in uso nell'ovattato mondo bancario. Poi ha ricominciato a circolare la storia di Francesca Bazoli messa nel Consiglio di gestione dell'Ubi. Quando si prese la delibera, il papà uscì dalla sala. Ma a fare le spese degli scontri al vertice della prima banca italiana sarà Cucchiani, che a breve lascerà la carica.
Dicevamo della banca, dell'alta finanza e della grande industria specchio fedele della politica. Anche nelle dimensioni. Anzi, persino la politica forse è più parca. Sapete quante sono le cariche nei consigli d'amministrazione e di gestione solo delle prime dieci banche italiane? 1.136, più di deputati e senatori messi insieme. I banchieri non ci mancano e neanche i capitalisti. Ma abbondano quelli che il finanziere Jody Vender ha definito 'soliti noti travestiti da patrioti'.






