1. DOPO GLI SGOMITAMENTI DEI CARDINALI AMERICANI, TRA I NOMI CHE CORRONO PER LA SCELTA DEL NUOVO AMBASCIATORE A ROMA NON C’È CAROLINE KENNEDY, LA FIGLIA DEL DEFUNTO PRESIDENTE, 55 ANNI, CHE HA PERSO LA BATTAGLIA PER IL SEGGIO AL SENATO - DI PAOLA VEDE ALLONTANARSI LA PRESIDENZA DI FINMECCANICA - CHI ARRIVA DOPO PARISI? - CONFINDUSTRIA SQUINZI È SEMPRE PIÙ PESSIMISTA: IL PROSSIMO SEMESTRE SARÀ ORRIBILE...

1. DI PAOLA VEDE ALLONTANARSI LA PRESIDENZA DI FINMECCANICA
Con il binocolo puntato sui palazzi della politica il ministro della Difesa Di Paola vede allontanarsi la presidenza di Finmeccanica che avrebbe coronato la sua carriera.
L'ex-ammiraglio di Torre Annunziata è rimasto incastrato nella vicenda degli F-35, i caccia bombardieri che con l'arrivo dei grillini in Parlamento e la crisi dell'economia probabilmente saranno cancellati dal prossimo governo.

Eppure Di Paola fino a pochi giorni fa era convinto che l'Italia avrebbe onorato il promemoria firmato a Washington nel giugno 2002 quando con la qualifica di direttore nazionale degli armamenti si impegnò all'acquisto di 131 velivoli per un importo di 8,5 miliardi di dollari.

Oggi quella cifra è salita alle stelle e a spegnere le illusioni del ministro è la pioggia di critiche che arrivano non solo dalla Corte dei Conti che secondo quanto scrive "l'Espresso" in edicola avrebbe aperto un'istruttoria per danni erariali, ma anche dai partner europei.

Una settimana fa ad esempio sul sito del settimanale tedesco "Spiegel" si poteva leggere che l'F-35 prodotto dalla Lockeed Martin potrebbe rivelarsi addirittura inferiore ai caccia delle generazioni precedenti già in servizio in tutto il mondo.

Il colpo finale alle speranze di Di Paola è arrivato nei giorni scorsi dai vertici dell'aviazione militare americana. Il nostro ministro, che partecipa ancora alle riunioni della Nato, conosce benissimo il generale Mike Hostage, un ingegnere americano di 58 anni che nel 2011 è diventato il comandante supremo dell'aeronautica statunitense.

Secondo la ricostruzione minuziosa del giornalista Pietro Romano che scrive con competenza sul settimanale "Il Mondo", il generale durante una conversazione con alcuni giornalisti americani avrebbe ipotizzato la cancellazione definitiva degli F-35. La decisione rientra nei tagli lineari previsti dal "Sequestration act" che tra l'altro riduce di 200mila ore di lavoro gli addestramenti dei piloti.

Alle parole del capo dell'Aeronautica si sono aggiunge le accuse rivolte da Christopher Bogdan, un altro generale che ha il compito di seguire gli sviluppo del programma militare. Senza girare troppo a largo Bogdan ha preso di petto i due colossi Lockeed Martin e Prat & Whitney (quest'ultimo produce motori) accusando le due aziende di comportarsi con scarsa lungimiranza quasi non si rendessero conto di "aver ricevuto un regalo di Natale". L'allusione è pesante e si riferisce alle spese già sostenute per puntare sugli F-35.

A questo punto per Di Paola diventa impossibile difendere la causa e guardare in avanti per gli aerei che, secondo l'ultimo dossier del Pentagono, non consentono ai piloti di vedere con gli occhi, con il casco e sui radar chi arriva da dietro.


2. ARRIVA CAROLINE KENNEDY?

È probabile che in queste ore l'ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, David Thorne, stia preparando le valigie con la moglie Rose e i due figli.

Ad accelerare la sua partenza dalla sede dell'ambasciata in via Veneto e da Palazzo Taverna che si trova a due passi dallo zoo contribuisce anche la nomina di Papa Francesco, che martedì celebrerà la messa di intronizzazione.

Da Washington non hanno ancora indicato la delegazione che assisterà all'evento, ma non dovrebbero mancare il segretario di Stato Kerry e il vicepresidente Joe Biden. A Thorne che è arrivato a Roma nel 1953 con la sua famiglia quando il padre fu incaricato da Eisenhoover di amministrare il Piano Marshall, spiace moltissimo lasciare questo Paese dove ammira l'arte e il calcio. Che se ne vada è comunque scontato perché è prassi dell'amministrazione Usa far girare la ruota degli ambasciatore quando il presidente degli Stati Uniti viene eletto per la seconda volta.

Nella valigia diplomatica Thorne non metterà le 1200 bottiglie di vino che secondo voci maliziose si portò in America il suo predecessore Ronald Spogli, ma gli resterà addosso l'eco delle polemiche sollevate con le dichiarazioni rilasciate due giorni fa in un liceo romano sul Movimento 5 Stelle davanti. Con lo stesso entusiasmo contenuto in un report di Goldman Sachs, il diplomatico dal faccione sorridente ha detto di sperare in un contributo positivo per il cambiamento dell'Italia e ha invitato i giovani ad agire sulla falsariga del Masaniello di Genova.

La reazione degli ambienti politici per questa interferenza negli affari italiani è stata immediata e l'ambasciatore che ama da sempre le tecnologie digitali si è affrettato a spiegare su Twitter che l'ambasciata non appoggia nessun soggetto politico ma dialoga con tutti.

L'imbarazzo è evidente anche se alla Farnesina ,dove si stanno rompendo la testa sulla questione dei marò italiani, spiegano che le simpatie americane per Grillo risalgono al 2008 quando l'ex-ambasciatore Ronald Spogli trasmise un rapporto segreto (rivelato da Wikileaks) in cui si spendevano parole e giudizi positivi su Beppe Grillo e le sue utopie ("condite da una miscela di humour aggressivo sostenuto da statistiche e ricerche che ne fanno un interlocutore credibile sul sistema politico italiano").

Adesso a Washington stanno già pensando al nome del nuovo ambasciatore e la rosa dei candidati che a gennaio era molto ampia si sta stringendo su quelli che hanno maggiore attenzione al mondo cattolico. Dopo gli sgomitamenti dei cardinali americani ,che prima e dopo il Conclave hanno dato una dimostrazione di loquacità scomposta, la scelta dovrà evitare che a Roma arrivi uno dei tanti ex-banchieri sponsor nella campagna elettorale di Obama.

Tra i nomi che corrono c'è quello di Caroline Kennedy, la figlia del defunto presidente, che oggi ha 55 anni, esercita la professione di avvocato e ha perso la battaglia per il seggio al Senato.


3. CHI ARRIVA DOPO PARISI IN CONFINDUSTRIA DIGITALE: PIETRO GUINDANI O ALBERTO TRIPI?
Quando parla di televisione Stefano Parisi, l'ex-direttore generale di Confindustria, abbandona l'aria incazzata e aggressiva che gli ha procurato una valanga di antipatie.

Fino ad alcuni anni fa si pensava che la sua passione più grande oltre al potere fosse il rugby, ma la svolta è avvenuta nel 2011 quando dalle costole di Fastweb, la società che il manager romano ha guidato dal 2004 al 2010, è nata Chili spa, una piattaforma internet per la commercializzazione di film in streaming.

Da quel momento Parisi ha dimenticato gli scazzi in Confindustria e al Comune di Milano dove ha lavorato come City Manager, e insieme a Giorgio Tacchia, Alessansdro Schintu e Stefano Flamia si è buttato nell'avventura dei film su internet.

Oggi passa la maggior parte del tempo a coltivare il successo della società che conta di offrire film a noleggio e di arrivare in pareggio il prossimo anno. Anche la carica di presidente di Confindustria Digitale, la federazione alla quale aderiscono le imprese di telecomunicazioni e informatica, sembra lasciarlo piuttosto indifferente. Il mandato confindustriale scadrà a giugno e Parisi non ha voluto in alcun modo modificare lo statuto della federazione per ottenere il rinnovo del suo incarico.

Così, mentre cercherà di contrastare la pirateria vendendo film di alta definizione a 5 euro ciascuno, a misurarsi per sostituirlo in Confindustria Digitale si troveranno di fronte il presidente di Vodafone, Pietro Guindani, e il patron dell'informatica e dei call center Alberto Tripi.


4. SQUINZI È SEMPRE PIÙ PESSIMISTA: IL PROSSIMO SEMESTRE SARÀ ORRIBILE
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Giorgio Squinzi è sempre più pessimista.

Oltre a lanciare allarmi sui giornali italiani, ieri ha rilasciato un'intervista al quotidiano spagnolo "El Periodico" in cui dichiara che il prossimo semestre sarà orribile. Il leader degli Industriali è abbastanza sorpreso per il silenzio degli ex-presidenti di Confindustria Luchino di Montezemolo (impegnato con la Ferrari) ed Emma Marcegaglia (preoccupata di liberarsi delle sue aziende turistiche).

L'unico a dargli una mano è Luigino Abete che in un'intervista al giornale di Confindustria spara a zero sui debiti della pubblica amministrazione e applaude al manifesto per la legislatura promosso da Squinzi".

 

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