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DOPPIO CETRIOLO PER LO STATO ITALIANO: NON HA INCASSATO 780 MILIONI DI TASSE DA AIRBNB E NON PUÒ SEQUESTRARE UN BEL NIENTE PERCHÉ LA MULTINAZIONALE NON HA BENI AGGREDIBILI IN ITALIA – IL PROVVEDIMENTO DELLA PROCURA DI MILANO RISCHIA DI ESSERE INUTILE E LE ALTERNATIVE SONO DUE: O AIRBNB COLLABORA, OPPURE I MAGISTRATI DOVRANNO PROVARE A ESEGUIRE IL SEQUESTRO IN IRLANDA, PAESE DOVE HA SEDE LA FILIALE EUROPEA DELLA SOCIETÀ. MA DUBLINO SI OPPONE AI SEQUESTRI NEI PAESI UE…

Estratto dell’articolo di Luigi Ferrarella per www.corriere.it

 

AIRBNB

È un decreto di sequestro preventivo da 780 milioni di euro, ma la differenza — tra che resti un foglio di carta o che diventi invece un salvadanaio vero per lo Stato — sta paradossalmente nelle mani di Airbnb, cioè proprio della piattaforma americana degli affitti brevi la cui filiale irlandese è bersaglio del provvedimento della gip Angela Minerva per il mancato versamento nel 2017-2021 come sostituto d’imposta della cedolare secca del 21% sugli affitti intermediati.

 

La multinazionale non ha infatti beni aggredibili in Italia, e cercare di eseguire il sequestro in Irlanda sarebbe non semplice e sicuramente non breve perché l’Irlanda, insieme alla Danimarca, è l’unico Paese che non applica il regolamento del 2018 per il riconoscimento reciproco dei sequestri nei Paesi dell’Unione europea.

 

airbnb tasse

Dunque o Airbnb […] assumerà spontaneamente un approccio collaborativo […] e […] metterà a garanzia conti correnti o beni all’estero […]; oppure, se cercherà di evitare quell’«effetto valanga» a livello europeo che i manager temevano nelle loro mail interne, i magistrati milanesi dovranno provare a eseguire il sequestro con l’arma non proprio puntuta della vecchia decisione-quadro del 2003. Che non solo è più farraginosa, ma lascia anche a Dublino parecchi margini in più per meline.

 

airbnb 5

Sinora da Airbnb hanno fatto solo sapere lunedì sera di essere «sorpresi e amareggiati dall’azione annunciata dal procuratore della Repubblica», «fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge», e «intenzionati a esercitare i nostri diritti». Non è quindi forse un caso che, nel motivare la richiesta al gip di sequestro, i pm Polizzi-Roveda-Serafini paventino il pericolo che i 780 milioni, oltre a poter «essere reimpiegati nella medesima attività commerciale e generare quindi ulteriori ipotesi di reato per le annualità successive, siano destinati ad altri investimenti finanziari, che renderebbero più difficile l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro e potrebbero integrare riciclaggio e autoriciclaggio».

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