COMPRO ERGO SUM - L’E-COMMERCE IN ITALIA VIAGGIA AL RITMO DI 150 MILIONI DI ORDINI L'ANNO - MA CI SONO 10 MILIONI DI ITALIANI CHE, PUR AVENDO UN COMPUTER IN CASA, NON HANNO MAI COMPRATO NIENTE ONLINE
1 - GLI ACQUISTI DIVENTANO 4.0. ECCO COME E QUANTO SI PUO’ RISPARMIARE UTILIZZANDO INTERNET
Marcello Zacché per “il Giornale”
In questa società così cambiata nei soli ultimi 10 anni, il fenomeno degli acquisti on line, cioè effettuati su Internet con consegna a domicilio, sta crescendo inesorabilmente. Vale per beni e servizi. Cioè per prenotare viaggi, ma anche per avere a casa la spesa del supermercato. Il vantaggio, rispetto al metodo tradizionale (rapporto diretto tra consumatore e commerciante) è il più elementare che si possa immaginare: il prezzo.
MiaEconomia, con questa guida, prova a fornire una serie di consigli per chi, magari per la prima volta, decidesse di provare questo nuovo modo di acquistare. Non si tratta soltanto di cogliere opportunità interessanti, ma anche di trasformare la propria mentalità: l' idea di cercare un oggetto on line non è ancora sempre automatica perché la prima scelta rimane spesso quella di recarsi personalmente in un punto vendita «fisico».
Per toccare il prodotto con mano. Tuttavia crediamo che il percorso sia segnato: per tante categorie commerciali l' acquisto on line è destinato, nel medio periodo, a imporsi. Già oggi alcuni negozi sono utilizzati da una certa clientela come i «camerini» di Amazon: si provano vestiti o scarpe, poi si saluta, si va a casa e si acquista on line.
Le conseguenze, anche sociali, di una tale tendenza sono e saranno tante e complesse. Ma questa è un' altra storia, che riguarda le norme sul commercio e, soprattutto, quelle fiscali. Nel frattempo conviene cercare di saperne di più. E prendere confidenza con un modello di consumo che può sembrare ostico, ma che al contrario è semplice e, a determinate condizioni che bisogna imparare a conoscere, anche molto sicuro.
2 - L'ITALIA SI CONVERTE ALL'E-COMMERCE IN PALIO UN «BOTTINO» DA 24 MILIARDI
Rodolfo Parietti per “il Giornale”
«Noi siamo piccoli, ma cresceremo...». La canzoncina di Renato Rascel potrebbe essere la colonna sonora ideale dell' ecommerce italiano. Lillipuziano se paragonato alla forza miliardaria sprigionata da Cina (900 miliardi di dollari di fatturato, con Alibaba dominus incontrastato) e Usa (423 miliardi, perlopiù garantiti da due colossi come Amazon ed eBay), il commercio in rete tricolore non ha più le gambette fragili di 15 anni fa, quando a stento riusciva a reclutare clienti e metteva in cassa appena due miliardi di ricavi. Erano cifre da gap enorme rispetto al resto del mondo, frutto di un retaggio in parte culturale (la diffidenza verso i pagamenti elettronici, l' impossibilità di toccare la merce), in parte riconducibile alla scarsa e tardiva informatizzazione del Paese.
Anche se quel divario è lungi dall' essere stato colmato, in oltre un decennio di passi in avanti ne sono stati compiuti. Così, se oggi i numeri cominciano già a essere confortanti, sono le potenzialità di sviluppo del settore ad apparire ancora più interessanti.
I numeri del 2017, pubblicati di recente dall'Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, sono da questo punto di vista un perfetto compendio della vitalità di un' area commerciale che ha raggiunto la cifra record di 23,6 miliardi di euro di giro d' affari, con un incremento del 17% rispetto al 2016. E che sta spostando il proprio baricentro. L' acquisto di prodotti (12,2 miliardi di controvalore, +28%) è infatti diventato prevalente, un fatto inedito che ha spodestato dal trono lo shopping di servizi (+7%, 11,4 miliardi), malgrado il turismo rimanga ancora il primo settore (9,2 miliardi, +7%), seguito da informatica ed elettronica di consumo (4 miliardi, +28%).
Poi viene l' abbigliamento (2,5 miliardi, +28%, non solo grazie alle griffe di lusso, ma anche al mercato di massa). Tra i settori più performanti per ritmo di crescita, il food&grocery (+43%, con ormai 5 milioni di italiani che comprano cibo online), l' arredamento e home living (+31%) con 900 milioni di euro ciascuno. Infine, c' è l' editoria con 840 milioni (+22%).
L' ecommerce nostrano viaggia al ritmo di 150 milioni di ordini l' anno, capaci di generare scontrini del valore medio di 85 euro. Si può fare di più? Sicuramente. In particolare se si riuscirà a intercettare la domanda dei 10 milioni di italiani che, pur avendo un computer in casa, non hanno mai comprato online neppure una spilla da balia. Non sarà facile, perché qui tornano in ballo le vecchie diffidenze, responsabili del lento decollo del settore, verso tutto ciò che proviene dalla rete. Non bastano le promozioni per fidelizzare il cliente, né offrire la spedizione gratis della merce.
Perché, in buona sostanza, si tratta di una questione di tipo generazionale: difficile pretendere dalle persone più anziane l' abbandono di forme di acquisto consolidate in un' intera vita. In fondo, è inevitabile che il comparto punti sempre di più sui giovani (non necessariamente adolescenti, ma piuttosto su giovani uomini con buone disponibilità economiche), dove più alta è la propensione al consumo e lo smartphone è una naturale estensione del braccio (non sempre del cervello).
Non a caso si inizia a parlare di m-commerce, dove la emme sta per «mobile», a significare che nel prossimo futuro gli ordini transiteranno soprattutto dai cellulari di nuova generazione. Del resto, già quest' anno un terzo degli acquisti online è stato concluso da smartphone o tablet. Valore, 5,8 miliardi, con un incremento del +65% rispetto al 2016. Il futuro è qui.