
CONFINDUSTRIA SPACCATA IN DUE! - IL PRODIANO VACCHI BATTUTO DAL RENZIANO DI SALERNO: VOLANO SCHIAFFI DOPO LA VITTORIA DI BOCCIA. ROSICANO MONTEZEMOLO E D'AMATO, SUO PEGGIOR NEMICO - CHI È IL GRAFICO CHE DALLA CAMPANIA HA CREATO UNA PICCOLA MULTINAZIONALE
1. VINCONO LA CONTINUITÀ E L’APPOGGIO AL GOVERNO CON MARCEGAGLIA REGISTA
Roberto Mania per “la Repubblica”
Confindustria spaccata, come un vecchio partito del Novecento. Nove voti del Consiglio generale fanno la differenza per scegliere Vincenzo Boccia come prossimo presidente di Viale dell’Astronomia. Un tempo tra le grisaglie confindustriali (le donne continuano ad essere una minoranza) vigeva la regola dell’unanimismo denso di ipocrisia ma in grado di salvare la faccia. Ora non più.
Ora al termine della riunione del “parlamentino” Luca Cordero di Montezemolo, già presidente dell’associazione, non ha per nulla nascosto la sconfitta: «È stata persa una opportunità unica di cambiamento ». Perché Montezemolo è tra gli sconfitti in questa feroce battaglia che potrebbe avere strascichi nel voto dell’assemblea che il 25 maggio eleggerà formalmente il successore di Giorgio Squinzi. E poi ancora nella nomina dei vertici delle controllate confindustriali, dal Sole 24 Ore all’università Luiss.
Montezemolo insieme all’Assolombarda di Gianfelice Rocca (cioè la territoriale di Milano più potente dell’interno sistema confindustriale), a Marco Tronchetti Provera e Alberto Bombassei, erano per Alberto Vacchi. Boccia sarà il presidente scelto senza i voti dell’azionista di riferimento. Per la prima volta si potrebbe sperimentare in Confindustria la dialettica (tipica dei partiti) tra maggioranza e minoranza.
Lo sconfitto Vacchi è stato l’unico a ricorre al fair play («faccio i miei migliori auguri a Boccia») ma tra i suoi sostenitori nessuno ha abbassato i toni. Antonio D’Amato, anch’egli past president: «Si sono confrontati due modi assolutamente diversi e contrapposti di fare e interpretare la rappresentanza imprenditoriale».
Si mescolano, in queste dichiarazioni insolite per la tradizione di Viale dell’Astronomia, vecchie ruggini (D’Amato e Boccia, per esempio, non si sono mai amati), sfide permanenti (quella tra Montezemolo ed Emma Marcegaglia, grande elettrice di Boccia), ma anche proposte diverse per cambiare una Confindustria che fa ormai fatica a nascondere le sue rughe.
Vacchi, espressione delle multinazionali tascabili tricolori (la sua Ima è quotata e fattura un miliardo l’anno), si è candidato all’insegna di una “discontinuità”; Boccia, piccolo imprenditore del Sud, ha una lunga esperienza confindustriale (è stato vicepresidente dei Giovani, presidente della Piccola Industria, delegato al credito nella squadra di Giorgio Squinzi) è stato percepito come il candidato della continuità e soprattutto ha esplicitamente affermato che mai avrebbe fatto ricorso alla stessa espressione di Vacchi.
«Credo che potremo assicurare una linea di continuità all’azione di Confindustria », ha detto significativamente Squinzi presentando ai giornalisti il suo successore. Continuità, dunque. Che per Boccia è compatibile con il «cambiamento ». Anzi proprio questa formula (“cambiamento nella continuità”), presa in prestito dal vecchio politichese, è stata vincente. Gli imprenditori non amano le rivoluzioni (sempre che Vacchi fosse in grado di farla), tanto più quando possono riguardare se stessi.
Nella logica della continuità ha rivinto, in questo scontro di potere (evidentemente Confindustria per gli industriali serve ancora) Emma Marcegaglia, forte dei tanti ruoli che interpreta (ad del gruppo siderurgico di famiglia, presidente dell’Eni, della Luiss e della Confindustria europea), è stata la regista quattro anni fa della vittoria di Squinzi contro Bombassei (sostenuto a suo tempo da Montezemolo) e ora di quella di Boccia.
E nella continuità sarà anche il rapporto con il governo, con questo governo Renzi che — stando a rumors — parteggiava per Boccia contro un Vacchi considerato prodiano e filo-Cgil.
D’altra parte Boccia l’ha detto illustrando il suo programma: «L’esecutivo Renzi va sostenuto nello sforzo innovatore, stimolarlo se esita, criticarlo se sbaglia». Ma la vera partita sarà quella per cambiare i contratti. Boccia appare risoluto, qui davvero all’insegna della discontinuità. Dovrà però fare i conti con i piccoli industriali italiani che l’hanno scelto e che non vogliono cambiare. Così “cambiamento nella continuità” potrebbe tornare ad essere di nuovo un ossimoro.
2. LA SILENZIOSA SCALATA DEL GRAFICO SALERNITANO CHE NON PIACE A NAPOLI
Dario Del Porto per “la Repubblica”
Il veto di Antonio D’Amato e l’opposizione di Luca di Montezemolo non sono riusciti a sbarrargli la strada. Essere arrivato al vertice di viale dell’Astronomia senza il sostegno di due dei suo predecessori e, per giunta, con il voto contrario di due realtà importanti della sua stessa regione di provenienza come Napoli e Benevento, attribuisce significato ancora maggiore alla rimonta di Vincenzo Boccia, l’imprenditore salernitano di 52 anni, sposato e padre di due figli, erede dell’azienda grafica di famiglia che attualmente impiega 160 persone e può vantare un fatturato di 40 milioni di euro.
Un terzo degli affari della Arti Grafiche Boccia è all’estero, gli uffici della società sono dislocati anche in Francia, Germania, Danimarca e Libano. Negli ultimi 10 anni, l’azienda è cresciuta dell’85 per cento in termini di capitale umano e del 200 per cento quanto a giro d’affari. «Imprenditore e insieme “uomo di sistema” », si definisce.
marilu e antonio damato pressphoto corriere del mezzogiorno
La designazione alla presidenza di Confindustria giunge al culmine di un percorso associativo partito da lontano che ha visto Boccia scalare pazientemente prima il gruppo Giovani imprenditori, di cui è stato presidente a Salerno e in Campania, per poi diventare vice presidente nazionale, nel 2000, nella giunta di Edoardo Garrone, quindi la Piccola industria: nel 2003 come presidente regionale, due anni dopo come vicepresidente nazionale, nel novembre 2009 come presidente nazionale e numero due di Confindustria.
maria elena boschi e marco gay
Non a caso, saranno proprio i giovani oggi guidati da Marco Gay e la Piccola industria a garantire un sostegno importante alla corsa di Boccia che, nella squadra del suo predecessore, Giorgio Squinzi, ha ricevuto la delega per l’accesso al credito. Tutti elementi che contribuiscono ad attribuire alla candidatura dell’imprenditore salernitano quell’«alto profilo confindustriale» su cui intessere la tela dei consensi nella fase decisiva della competizione.
Ma si rivelerà determinante anche l’appoggio di Luigi Abete e del comparto metalmeccanico che si riconosce in un altro ex presidente, Emma Marcegaglia. Dalla sua parte si schierano regioni come Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, le associazioni territoriali di Piemonte e Val d’Aosta, Confindustria Toscana Sud e Nord. Gli vota contro invece Napoli, dove il peso di D’Amato è ancora forte, che si esprime con 38 voti a favore di Alberto Vacchi, venti in più di quelli ottenuti da Boccia.
cfi marcegaglia montezemolo lap
Si schierano con il suo sfidante anche Assolombarda, Marco Tronchetti Provera e Luca di Montezemolo. Ma anche quando nell’aria sembra profilarsi un insuccesso, Boccia continua a credere nella possibilità di raggiungere i consensi necessari per salire al piano nobile di viale dell’Astronomia. I fatti gli danno ragione. Adesso lo aspetta la sfida più difficile, quella di ricucire una Confindustria che esce profondamente divisa da questa competizione elettorale.