L'ULTIMA FREGATURA DELL'UE MINACCIA I CONTI CORRENTI DELLE IMPRESE ITALIANE - DAL PRIMO GENNAIO CAMBIANO LE REGOLE SUI FALLIMENTI: IN CASO DI CRAC, SCATTA UNA SFORBICIATA SUI DEPOSITI SOPRA I 100MILA EURO

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

 

FALLIMENTO IMPRESE 
FALLIMENTO IMPRESE

I veri pericoli, col «bail in», sono per le imprese. E a cascata per tutta l’economia reale. Le nuove procedure di salvataggio delle banche, previste dalle regole europee e in vigore da  gennaio anche in Italia, chiamano in causa i clienti degli stessi istituti. Pochi e aggirabili i rischi per le persone fisiche. Assai diverso, invece, il discorso per  le aziende. Che allo sportello hanno liquidità complessiva per quasi 270 miliardi di euro. È questa la cifra totale che potenzialmente può entrare in gioco di fronte a un fallimento bancario.

 

Vediamo perché. Il meccanismo di «bail in» prevede la partecipazione degli azionisti, di alcune categorie di obbligazionisti e, in ultima istanza, pure dei correntisti con depositi superiori a 100mila euro. Un tetto che, guardandolo dal punto di vista di una persona fisica o di una famiglia, restringe la cerchia dei clienti coinvolti (stiamo parlando di soggetti più che benestanti, del resto). Non solo.

 

FALLIMENTO FALLIMENTO

Quel limite offre una serie di scappatoie: basta suddividere il proprio tesoretto in più salvadanai (cioè si aprono diversi conti correnti o depositi bancari) per evitare di essere trascinati nei crac; in alternativa si possono comprare quote di fondi monetari (che non rientrano nei meccanismi europei di risoluzione delle crisi bancarie), facilmente vendibili e quindi «liquidi», come si dice in gergo tecnico.

 

Due rimedi  che, tuttavia, non si sposano con le caratteristiche delle aziende. Per una impresa medio-grande, che arriva a gestire anche decine di milioni di euro di liquidità (o  molto di più), spalmare i propri quattrini su più banche e conti correnti è improponibile,  sia per ragioni di carattere operativo sia per i costi e le commissioni bancarie, che lieviterebbero. Stesso discorso per l’acquisto di  fondi  o altri prodotti finanziari simili che hanno tempi di svincolo piuttosto veloci, ma probabilmente non così rapidi come richiedono, talora, le esigenze di pagamento di un’impresa.

 

Senza dimenticare i maggiori oneri «interni» legati a una diversificazione selvaggia della liquidità. Per un’azienda, insomma, il «bail in» è un vicolo cieco. Se la banca fallisce, non si scappa: il conto va pagato. Ciò perché - questo il succo della direttiva europea recepita il 2 luglio dal Parlamento  italiano - i correntisti vengono equiparati ai creditori. Di qui l’eventuale botta ai depositi.

FALLIMENTO FALLIMENTO

 

Che avrebbe ricadute non irrilevanti sull’economia reale: una riduzione, seppur minima, della liquidità di un’impresa pregiudicherebbe, a esempio, i pagamenti degli stipendi e dei  fornitori. Secondo alcuni esperti, i casi più rilevanti potrebbero addirittura «paralizzare» un paese.

 

Vale la pena ricordare, comunque, che i conti correnti entrano nel «bail in» solo se la partecipazione di altri strumenti finanziari non è sufficiente a coprire i buchi legati ai crac: prima dei depositi, vengono aggrediti le azioni e alcune obbligazioni. Sui depositi, però, i rischi potenziali restano intatti. Rischi che riguardano, in linea generale, tutte le categorie d’impresa: dalle grandi aziende alle partite Iva. Le statistiche della Banca ditali aiutano a capire di quali importi stiamo parlando.

 

FALLIMENTO FALLIMENTO

Gli ultimi dati disponibili di via Nazionale dicono che a maggio 2015 in totale le aziende del nostro Paese conservavano sui depositi bancari  269,5 miliardi di euro; si tratta, peraltro, di una cifra in aumento di oltre 11 miliardi (più 4,38%) rispetto a maggio dello scorso anno quando il saldo si era fermato a 258,2 miliardi (vuol dire che pure le imprese risparmiano e investono meno, ma questa è inoltra storia).

 

Dei 269,5 miliardi di euro, 220,9 miliardi sono riconducibili alle aziende e 48,6 miliardi alle imprese familiari, più piccole. Bankitalia offre anche uno spaccato territoriale (anche se in questo caso i dati sono aggiornati a marzo): la voce più consistente, pari a 90,7  miliardi, corrisponde a conti correnti di aziende e partite Iva del Nord Ovest, mentre quelle del Nord Est hanno salvadanai con  62 miliardi; a 61,7 miliardi si fermano, invece, i depositi delle imprese del Centro; al Sud risultano 26 miliardi e nelle Isole 10,7 miliardi.

 

FALLIMENTO jpegFALLIMENTO jpeg

Più complesso suddividere queste cifre per classi di importo, in modo da capire quanti conti delle imprese, sul totale di 270 miliardi, abbiano un saldo inferiore a 100mila euro e siano quindi  al sicuro. Certo è che, come dimostrano le recenti iniziative della stessa Bankitalia e dell’Abi (Associazione bancaria italiana) i correntisti vanno  informati a fondo sulla rivoluzione in arrivo. Il «bail in» è dietro l’angolo.

Ultimi Dagoreport

software israeliano paragon spyware whatsapp alfredo mantovano giorgia meloni peter thiel

DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO SOTTO CONTROLLO I GIORNALISTI COL SOFTWARE ISRAELIANO DI “PARAGON SOLUTIONS” - PECCATO CHE L’AZIENDA DI TEL AVIV, SCRIVE "THE GUARDIAN", NON FACCIA AFFARI CON PRIVATI, MA VENDA I SUOI PREGIATI SERVIZI DI HACKERAGGIO SOLO A “CLIENTI GOVERNATIVI” CHE DOVREBBERO UTILIZZARLI PER PREVENIRE IL CRIMINE - CHI AVEVA FIRMATO IL CONTRATTO STRACCIATO DAGLI ISRAELIANI PER "VIOLAZIONI"? QUAL È "L'ABUSO" CHE HA SPINTO PARAGON A DISDETTARE L'ACCORDO? – ANCHE IL MERCATO FIORENTE DELLO SPIONAGGIO GLOBALE HA IL SUO BOSS: È PETER THIEL, IL “CAVALIERE NERO” DELLA TECNO-DESTRA AMERICANA, CHE CON LA SOCIETA' PALANTIR APPLICA L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL VECCHIO MESTIERE DELLO 007…

barbara berlusconi

DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA FATTO MALE CON FEDELE CONFALONIERI, CHE FU PRESIDENTE DELLA FILARMONICA DELLA SCALA E BRUNO ERMOLLI, POTENTISSIMO VICEPRESIDENTE DELLA FONDAZIONE TEATRO ALLA SCALA - INVECE BARBARA B. LA SI VIDE DUE VOLTE, AL BRACCIO DI PATO, L’EX ATTACCANTE DEL MILAN. LA SUA NOMINA NEL CDA DELLA SCALA? DONNA, GIOVANE… E POI CON QUEL COGNOME! LA COMPETENZA? BEH… LA PASSIONE MMM…: PERCHÉ, DA QUEL GIORNO CHE VENNE CON PATO, NON SI È PRESA UN BEL PALCO ANZICHÉ TORNARE ALLA SCALA SOLO QUINDICI ANNI DOPO DA CONSIGLIERE/A?

vincenzo de luca elly schlein nicola salvati antonio misiani

DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA GUERRA A ELLY SCHLEIN - SULLA SUA PRESUNTA VICINANZA AL TESORIERE DEM, NICOLA SALVATI, ARRESTATO PER FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, RIBATTE COLPO SU COLPO: “DOVREBBE CHIEDERE A UN VALOROSO STATISTA DI NOME MISIANI, CHE FA IL COMMISSARIO DEL PD CAMPANO” – LA STRATEGIA DELLO “SCERIFFO DI SALERNO”: SE NON OTTIENE IL TERZO MANDATO, DOVRÀ ESSERE LUI A SCEGLIERE IL CANDIDATO PRESIDENTE DEL PD. ALTRIMENTI, CORRERÀ COMUNQUE CON UNA SUA LISTA, RENDENDO IMPOSSIBILE LA VITTORIA IN CAMPANIA DI ELLY SCHLEIN…

osama almasri torturatore libico giorgia meloni alfredo mantovano giuseppe conte matteo renzi elly schlein

DAGOREPORT – LA SOLITA OPPOSIZIONE ALLE VONGOLE: SUL CASO ALMASRI SCHLEIN E CONTE E RENZI HANNO STREPITATO DI “CONIGLI” E ''PINOCCHI'' A NORDIO E PIANTEDOSI, ULULANDO CONTRO L’ASSENZA DELLA MELONI, INVECE DI INCHIODARE L'ALTRO RESPONSABILE, OLTRE ALLA PREMIER, DELLA PESSIMA GESTIONE DELL’AFFAIRE DEL BOIA LIBICO: ALFREDO MANTOVANO, AUTORITÀ DELEGATA ALL’INTELLIGENCE, CHE HA DATO ORDINE ALL'AISE DI CARAVELLI DI RIPORTARE A CASA CON UN AEREO DEI SERVIZI IL RAS LIBICO CHE E' STRAPAGATO PER BLOCCARE GLI SBARCHI DI MIGLIAIA DI NORDAFRICANI A LAMPEDUSA – EPPURE BASTAVA POCO PER EVITARE IL PASTROCCHIO: UNA VOLTA FERMATO DALLA POLIZIA A TORINO, ALMASRI NON DOVEVA ESSERE ARRESTATO MA RISPEDITO SUBITO IN LIBIA CON VOLO PRIVATO, CHIEDENDOGLI LA MASSIMA RISERVATEZZA - INVECE L'ARRIVO A TRIPOLI DEL TORTURATORE E STUPRATORE DEL CARCERE DI MITIGA CON IL FALCON DELL'AISE, RIPRESO DA TIVU' E FOTOGRAFI, FUOCHI D’ARTIFICIO E ABBRACCI, HA RESO EVIDENTE IL “RICATTO” DELLA LIBIA E LAMPANTE LO SPUTTANAMENTO DEL GOVERNO MELONI - VIDEO

ursula von der leyen giorgia meloni

URSULA VON DER LEYEN, CALZATO L'ELMETTO, HA PRESO PER LA COLLOTTOLA GIORGIA MELONI - A MARGINE DEL CONSIGLIO EUROPEO INFORMALE DI TRE GIORNI FA, L’HA AFFRONTATA CON UN DISCORSO CHIARISSIMO E DURISSIMO: “CARA GIORGIA, VA BENISSIMO SE CI VUOI DARE UNA MANO NEI RAPPORTI CON TRUMP, MA DEVI PRIMA CONCORDARE OGNI MOSSA CON ME. SE VAI PER CONTO TUO, POI SONO CAZZI TUOI” – LA REAZIONE DELLA SEMPRE COMBATTIVA GIORGIA? DA CAMALEONTE: HA ABBOZZATO, SI È MOSTRATA DISPONIBILE E HA RASSICURATO URSULA ("MI ADOPERO PER FARTI INCONTRARE TRUMP"). MA IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NON HA ABBOCCATO, PUNTUALIZZANDO CHE C’È UNA DIFFERENZA TRA IL FARE IL "PONTIERE" E FARE LA "TESTA DI PONTE" – IL “FORTINO” DI BRUXELLES: MACRON VUOLE “RITORSIONI” CONTRO TRUMP, MERZ SI ALLONTANA DAI NAZISTI “MUSK-ERATI” DI AFD. E SANCHEZ E TUSK…