LA GRANDE FUGA. DALLE TASSE - DOPO FIAT E LE SLOT MACHINE DI DE AGOSTINI, ANCHE L’IMPREGILO DI SALINI VALUTA DI TRASFERIRSI ALL’ESTERO - GUERRA IN EUROPA PER ATTRARRE LE SOCIETÀ

Ugo Bertone per "Libero Quotidiano"

 

TASSETASSE

Il piatto piange. E a quanto pare in futuro è destinato piangere ancor di più. Se, infatti, la tendenza dei grandi gruppi italiani, vedi la Fiat, a spostare la sede fiscale all’estero dovesse continuare per Renzi il problema cassa diventerebbe assai serio. E se l’ultima tentazione arriva da una multinazionale come Impregilo allora c’è poco da stare allegri.

 

A chi gli domanda se l’azienda trasferirà la sua sede fuori Italia, Pietro Salini, che non è solo un industriale ambizioso e preparato, come dimostra la sua ardita e fortunata scalata ad Impregilo, ma è anche un leader attento a non urtare più di troppo la suscettibilità altrui, risponde «Oggi no, domani perché no?».

 

PIETRO SALINI IMPREGILOPIETRO SALINI IMPREGILO

Che fa il paio con quanto aveva detto di recente al Financial Times: «No, ma non escludiamo di farlo in futuro». Insomma, la tentazione c'è. Ma aspettiamo. Tanto per evitare che l’operazione, sull’onda del trasferimento di Fiat e di Gtech a Londra e a Wall Street, venga giudicata la conferma di una fuga di massa dalle tasse». Il problema, per la verità, c’è e non solo nel Bel Paese. Ieri il ministro del Commercio Usa, Jack Lew, ha dichiarato che il fenomeno è così grave da minacciare il bilancio degli Usa. Nel dopoguerra la corporate tax, cioè la tassa imposta sui profitti aziendali, rappresentavano il 30% delle entrate dello Stato federale.

 

Quest’anno non si andrà oltre il 7. Nel 1980, circa l’80% delle entrate tributarie americane aveva a che fare con l’attività delle corporations: oggi non si arriva al 17. Facile capire che così sale il peso per i le altre componenti della società, a partire dalla classe media. E quest’anno le cose stanno peggiorando: i gruppi, soprattutto farmaceutici che hanno comprato società in Europa o in Canada per poi assumere la residenza fiscale, più conveniente, della preda hanno trasferito, senza colpo ferire più di 22 miliardi esentasse. «La chiamano tax inversion - ha commentato Barack Obama - Per me sono dei tax deserters, cioè dei disertori che danneggiano il Paese».

 

ELKANN E MARCHIONNE ELKANN E MARCHIONNE

Parole forti che hanno suggerito a Wallgreen, uno dei colossi della distribuzione dei farmaci a desistere dal trasloco della sede fiscale nel Regno Unito dopo la fusione con il gruppo inglese Alliance: i nostri clienti, è stata la spiegazione, non avrebbero gradito. Il problema resta. Nell’Ue ancor più che negli Usa, visto che, in presenza della libera circolazione dei capitali, non esistono in pratica vincoli a scegliere i trattamenti fiscali più favorevoli. Compresi i paradisi fiscali caraibici che battono bandiera olandese. «Ogni giorno che passa - ha detto Salini - siamo un gruppo più internazionale».

GTECHGTECH

 

L’Italia? «Alla fine dell’anno scorso era difficile rimanere. Gli spread sui prestiti erano molto alti. Solo per essere italiani dovevamo pagare tre volte di più rispetto ai concorrenti, oggi sono molto più fiducioso». Resta il fatto, però, di assistere ad un copione sempre eguale: le aziende italiane (ahimè, troppo poche), che crescono tramite acquisizioni internazionali, prima o poi fanno le valigie per sfruttare le migliori condizioni fiscali.

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È successo con Fiat grazie all’operazione Chrysler, Gtech (gruppo de Agostini) ha concesso il bis dopo l’ingresso in Igt, colosso di Las Vegas leader nelle slot machines. In entrambi i casi le aziende hanno scelto la sede fiscale di Londra mentre la Borsa principale (o unica nel caso di Gtech) sarà Wall Street. Non è difficile ipotizzare che, quando sarà il momento giusto, Impregilo seguirà la stessa strada. Anche se ci sarà l’imbarazzo della scelta vista la concorrenza che si è accesa in Europa sulle tasse societarie.

LOGO IMPREGILOLOGO IMPREGILO

 

A Londra, per esempio, l’aliquota è destinata a scendere di due punti al 20% già a partire dall’anno prossimo, ma il prelievo, a fronte di investimenti in ricerca e sviluppo, già oggi si dimezza al 10. O anche meno, se si ha il fiscalista giusto.

 

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