draghi banche venete

I CAPPONI DI RENZI – BANKITALIA E CONSOB SI ACCUSANO A VICENDA SUI MANCATI CONTROLLI PER LE BANCHE VENETE – SPUNTA UNA LETTERA CHE ACCUSA DRAGHI SULLA POPOLARE DI VICENZA – SCINTILLE NELLA COMMISSIONE ALLA CAMERA: M5S VUOLE TOGLIERE IL TELEFONINO AL CAPO DELLA VIGILANZA BARBAGALLO - IL RUOLO DI SACCOMANNI

 

1. CONSOB E BANKITALIA SI ACCUSANO A VICENDA - IN COMMISSIONE RIMPALLO DI RESPONSABILITÀ SULLE BANCHE VENETE

Alessandro Barbera per ‘La Stampa’

 

Il rimpallo delle responsabilità, documenti non consegnati o consegnati tardivamente, altri banalmente ignorati. Di fronte alla Commissione di inchiesta sulle banche va in scena lo scontro tra Banca d' Italia e Consob sul crac delle due ex popolari venete. Salta il confronto diretto tra il direttore generale di Consob, Angelo Apponi, e il capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, ma questo non basta ad evitare lo scaricabarile reciproco.

BANCHE VENETE

 

Che non sarebbe stata una mattinata facile si capisce fin dalle prime battute, quando i commissari decidono a stragrande maggioranza di ascoltare i due funzionari in forma «testimoniale» contro il parere del presidente Pierferdinando Casini. Da Sinistra italiana al Pd, dai Cinque Stelle a Fratelli d' Italia sono tutti pronti per andare all' attacco.

 

La prima mezz' ora se ne va in un dibattito procedurale dai toni accesi. L'«interrogatorio» impone di dire il vero, prevede la responsabilità penale delle dichiarazioni e di ascoltare i due funzionari separatamente. Barbagallo viene invitato a uscire dalla sala riunioni di San Macuto, ma è una finzione, visto che la discussione resta pubblica e c' è lo streaming via internet. Mentre l' audizione di Apponi è già in corso, c' è chi alza il dito e pone il problema: Barbagallo può ascoltare tutto e preparare la sua difesa.

 

ANGELO APPONI

La discussione assume toni grotteschi. I commissari si confrontano sul se e come impedire a Barbagallo di ascoltare la testimonianza. «Basta un telefonino per seguirla», minimizza Casini. «Togliamoglielo! Mettiamo un finanziare con lui per impedirglielo!» dicono i grillini. «Non si può», risponde un Casini alterato, «sarebbe una limitazione della libertà personale e non abbiamo questi poteri».

 

L' unica soluzione sarebbe quella di chiudere il circuito, ma Apponi ha iniziato a parlare da un pezzo. Orfini a quel punto manda una frecciata a Casini: «Di queste cose sarebbe stato meglio parlare preventivamente nell' ufficio di presidenza».

 

Le due testimonianze confermano ciò che è noto alle cronache giudiziarie: controlli carenti, spesso tardivi, una scarsissimo scambio di informazioni fra Consob e Banca d' Italia. La Commissione di controllo sulle società quotate accusa via Nazionale di aver ricevuto solo nel 2013 le informazioni relative alla situazione di Veneto Banca, e di essersi per questo mossa nel 2015.

 

CARMELO BARBAGALLO

Nessuna comunicazione invece su Vicenza. La versione di Barbagallo è opposta: nel novembre del 2013 la Banca d' Italia segnalò alla Consob che c' erano tutti gli elementi per far scattare l' allarme. Banca d' Italia scrisse che «il prezzo per l' aumento di capitale di Veneto era incoerente con il contesto economico, vista la crisi e la situazione del bilancio». Quanto invece alla Popolare di Vicenza, Barbagallo ammette che non ci furono comunicazioni.

 

«Allora svolgevo una funzione diversa», e si limita per questo a dare «una interpretazione dei fatti»: la questione non era oggetto di collaborazione fra le due autorità. Poi chiosa: «Può darsi che il sistema dei controlli non sua adeguato». Martedì andrà in scena un nuovo capitolo, con l' audizione dei magistrati consulenti sul caso Mps. Mercoledì l' ufficio di presidenza deciderà se tornare sul caso delle venete e se ascoltare i due ex numeri uno Gianni Zonin e Vincenzo Consoli.

 

 

2. IN UNA NOTA SEGRETA L' ALLARME SU VICENZA IGNORATO DA DRAGHI

Gianluca Paolucci per ‘La Stampa’

 

C' è una nota della Vigilanza di Bankitalia che nel 2009, al termine delle due ispezioni condotte sulla Popolare di Vicenza, informa il governatore Mario Draghi dei problemi emersi e ancora irrisolti sull' istituto guidato da Gianni Zonin. Sottolineando tra questi il prezzo delle azioni troppo elevato rispetto alla redditività della banca. E come il suo allineamento a valori più congrui avrebbe causato problemi all' istituto, con evidenti ricadute sulle vendite di azioni da parte dei soci e di conseguenti rischi per la stabilità della banca.

 

mario draghi 2

La nota, firmata dagli stessi ispettori che avevano condotto le verifiche di controllo del 2009, sottolinea anche come nonostante i correttivi adottati su richiesta della Vigilanza permangano una serie di squilibri, in particolare ricalca in gran parte le considerazioni del rapporto riservato di quella ispezioni. Ma se ne discosta significativamente proprio in questo passaggio.

 

Agli allarmi lanciati dagli ispettori nel 2008/2009 seguirono alcuni provvedimenti di Bankitalia contro la Vicenza, che venne multata per oltre 500 mila euro (poco più di 25 mila euro per ogni componente del cda e del collegio sindacale) e alla quale venne proibito di effettuare altre acquisizioni. Ma nulla venne fatto sul prezzo delle azioni, che continuò a crescere anno dopo anno fino al picco di 62,5 euro toccato nel 2011.

 

Se non la previsione di una perizia assegnata ad un soggetto indipendente che però ha sempre confermato il prezzo deciso dal cda. Le due ispezioni condotte a partire dall' autunno del 2007 sulla Popolare assumono un ruolo chiave nel ricostruire la vicenda che ha portato al collasso dell' istituto e al suo salvataggio a carico dello Stato nell' estate scorsa. La prima ispezione, di carattere generale, si svolse dal 23 ottobre 2007 al 12 marzo del 2008 e si concluse con un giudizio «parzialmente sfavorevole».

GIANNI ZONIN E VINCENZO CONSOLI

 

Nella relazione finale, gli ispettori sottolineavano una lunga serie di problematiche emerse, dal ruolo predominante di Gianni Zonin ai prestiti concessi in conflitto d' interesse ad alcuni consiglieri (tra i quali lo stesso Zonin, le cui aziende erano allora affidate per circa 22 milioni di euro), fino alla concessione del credito effettuata su base «relazionale» più che sulla base di criteri oggettivi di merito creditizio. Emblematico il caso dei 96,5 milioni concessi nel 2004 «dal presidente», ovvero Zonin, alla Magiste di Stefano Ricucci senza attendere la delibera degli organi della banca.

 

saccomanni

In quella ispezione emersero anche problemi sui crediti - con la necessità di una serie di svalutazioni - e sulla liquidità della banca, che in una situazione «di stress» avrebbe avuto secondo gli ispettori una cassa per soli 5 giorni. Di questa ispezione venne comunicata a Consob solo la parte relativa alla vendita da parte della banca ai propri clienti di derivati speculativi, estremamente rischiosi. Il divieto di fare acquisizioni venne tolto nel 2011, con una lettera firmata da Fabrizio Saccomanni.

 

La successiva ispezione (dal 16 aprile al 7 agosto 2009), definita di «follow up», doveva valutare i progressi compiuti dalla banca per correggere i problemi emersi nella ispezione precedente. Malgrado il giudizio finale («parzialmente favorevole», secondo gradino in una scala di sei), gli ispettori sottolineavano che il ruolo di Zonin restava ancora predominante malgrado il ritorno in banca di Divo Gronchi come ad. E restava irrisolto il nodo del prezzo dell' azione, con un «disallineamento fra rendimento del titolo e redditività d' impresa» che incentivava l' ingresso di nuovi soci e di fatto «la preservazione degli assetti di governance». Ovvero, la poltrona di Zonin.

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