I DOLORI DEL DOLLARO (E LA CRISI DELL’EURO) - LA CINA HA SEGATO LE SUE RISERVE NELLA VALUTA AMERICANA: DAL 75% AL 50%, E CONTINUANO A DIMINUIRE - NEL BREVE TERMINE, HA COMPRATO ALTRE VALUTE, UN PO’ DI EURO (AHI!) E TITOLI SOLIDI (VEDI GERMANIA) - NEL MEDIO-LUNGO PERIODO, IL PROSSIMO LEADER JINPING VUOLE ELIMINARE IL DOLLARO E USARE IL SUO YUAN PER GLI SCAMBI COMMERCIALI - MA COL RALLENTAMENTO ECONOMICO L’APERTURA DEL MERCATO INTERNO SARÀ DIFFICILISSIMO…

Danilo Taino per "CorrierEconomia - Corriere della Sera"

Si scopre oggi che i grandi mandarini alla guida della Cina si sono spaventati per la crisi finanziaria scoppiata nel 2008 molto più di quello che hanno mostrato in pubblico. A quella data avevano più di 1.800 miliardi di dollari di riserve in valuta estera e di questi il 68% erano titoli denominati in dollari. Comprese obbligazioni disastrate come quelle emesse da Fannie Mae e Freddie Mac, direttamente legate ai mutui per le case americane e al centro dello scoppio della bolla dei subprime.

DOPPIO CHOC
Per Pechino, dunque, i giorni seguenti alla crisi della banca Lehman furono uno choc doppio. Da una parte, i dirigenti del Paese criticarono apertamente la gestione finanziaria di Washington e si convinsero che il capitalismo americano aveva problemi seri. Dall'altra parte si resero conto che era arrivato il momento di far salire la questione valutaria nella lista delle priorità. Oggi la stanno affrontando in due modi.

Secondo dati resi noti nei giorni scorsi dal Tesoro americano, Pechino ha rallentato in modo drammatico gli acquisti di dollari. Le riserve sono salite - a metà 2011 - a 3.200 miliardi ma di queste solo il 54% è ormai denominato nella valuta americana. Le autorità cinesi hanno cioè diversificato radicalmente il loro portafoglio di acquisti verso altre valute, compreso l'euro (probabilmente titoli tedeschi) nonostante la crisi del debito in Europa: nel 2011, solo il 15% dell'incremento delle riserve è andato ad acquisti in dollari, dato che si confronta con il 63% medio nei cinque anni precedenti. Nella seconda metà del 2011, addirittura, le riserve cinesi in dollari si sarebbero ridotte di 156 miliardi. Per dare il senso del cambiamento: nel 2002, il 75% delle riserve valutarie cinesi era in dollari, oggi siamo attorno al 50% e in calo.

I NUOVI OBIETTIVI
La sfiducia di Pechino nella finanza centrata sul dollaro è però andata oltre. Da tempo la leadership cinese si interroga sulla necessità di fare diventare la propria moneta una valuta di riserva come il dollaro. Il peso economico sempre maggiore dell'Impero di Mezzo, e soprattutto il suo ruolo di Paese numero uno nei commerci internazionali, rendono quasi inevitabile questo passaggio: che senso ha, infatti, che il primo Paese al mondo in fatto di scambi continui a non usare la propria valuta ma debba continuamente affidarsi ad altre, dollaro in testa? L'ostacolo, finora, è stato politico.

MOLTI PASSI DA FARE
Per rendere il renminbi una valuta di uso internazionale, infatti, la Cina deve prima di tutto aprire il proprio sistema bancario, renderlo trasparente e credibile, liberalizzare la fissazione dei tassi d'interesse, oggi stabiliti con criteri politici a danno dei depositanti.
Poi, dovrà liberalizzare le transazioni con l'estero. Un processo che è molto delicato da gestire perché ogni errore, anche solo nella tempistica, potrebbe innescare un'uscita di risparmio dal Paese, alla ricerca di rendimenti più alti. E un processo che, soprattutto, è fortemente osteggiato all'interno del Paese da quei settori conservatori - soprattutto le imprese di Stato - che godono dei privilegi legati al controllo statale sul credito e sui movimenti di capitale.

Nonostante gli ostacoli, Pechino ha iniziato a muoversi sulla strada che dovrebbe portare, tra un po' di anni, il renminbi a competere testa a testa con il dollaro per l'egemonia anche in fatto di valute. Più di un osservatore ritiene che questo processo sarà una delle maggiori sfide che dovrà affrontare il nuovo leader in pectore del partito e del Paese, Xi Jingping. Il piano quinquennale approvato di recente parla di internazionalizzazione della valuta e, in effetti, le autorità hanno già mosso i primi passi. In modo discreto ma risoluto.

Le trattative tra Pechino e Londra affinché la City diventi una piazza sulla quale tutti possono comprare renminbi - in aggiunta a Hong Kong e Shangai - sono in fase avanzata: un primo passo significativo, un test. In parallelo, nel 2009 Pechino ha permesso a cinque regioni pilota di condurre commerci con Hong Kong in renminbi. Nel 2010 ha esteso la possibilità a 20 regioni.

E l'anno scorso a tutto il Paese. Senza troppa fanfara, il governo centrale consente che sempre più commerci internazionali siano denominati in valuta cinese: nel 2010, primo anno di apertura significativa, gli scambi con l'estero in renminbi sono ammontati all'equivalente di 78 miliardi di dollari; nel 2011 si calcola siano cresciuti del 200%, al 7% del valore del commercio estero. Per la pima volta, inoltre, la banca centrale di un Paese, la Nigeria, si è impegnata a accumular nelle proprie riserve una quota di renminbi, tra il 5 e il 10% di quelle totali. La strada, insomma, è imboccata. E, con essa, la sfida al dollaro.

Non sarà senza ostacoli, sia per ragioni tecniche sia per motivi di potere: liberalizzare è sempre difficile, ancora di più in un Paese totalitario. E non sarà nemmeno un viaggio breve. Economisti cinesi hanno studiato piani che prevedono fasi successive di liberalizzazione e immaginano la completa internazionalizzazione della valuta in una decina d'anni. Se però l'operazione avrà successo, e se l'economia cinese continuerà a crescere sena incidenti gravi, nei primi Anni Venti il renminbi avrà tutte le possibilità i contendere al dollaro la corona di valuta regina, sia negli scambi globali che nelle riserve internazionali. Un nuovo mondo.

 

DOLLARO YUANDOLLARO YUANBarack ObamaXI JINPINGWEN Jiabao

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…