
I SOCIAL CI HANNO GIÀ RINCRETINITO. E L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CI DARÀ LA MAZZATA DEFINITIVA – UN RAPPORTO DELL’OCSE DIMOSTRA COME LE CAPACITÀ DI COMPRENSIONE DI UN TESTO SCRITTO SI SIANO DETERIORATE FATALMENTE DAL 2012 AL 2023. CON EFFETTI CATASTROFICI PER L’ITALIA: UN TERZO DELLA POPOLAZIONE È AL LIVELLO 1 O AL DI SOTTO (NON SI ORIENTA NELLA LETTURA DI UN TESTO LEGGERMENTE ARTICOLATO) – UN DECLINO CHE COINCIDE CON LA DIFFUSIONE DEI SOCIAL, CHE HANNO DISTRUTTO LE NOSTRE ENERGIE MENTALI E DISEDUCATO ALLA CONCENTRAZIONE. MENTRE I CINESI ALLEVANO INGEGNERI E PROGRAMMATORI, I NOSTRI GIOVANI SI RINCOGLIONISCONO DI BALLETTI SU TIKTOK - E QUESTO SPIEGA TUTTO, DAL DECLINO DELLA SOCIETA' A CERTI ORIENTAMENTI DI VOTO...
Estratto da “Whatever it takes”, la newsletter di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
ANALISI DELL OCSE SUL PEGGIORAMENTO DELLE COMPETENZE
[…] L’essere umano […] sta diventando […] meno intelligente: l’ultima inchiesta dell’Ocse sulle capacità mentali degli adulti in 31 Paesi avanzati evidenzia un misurabile declino, con alcune specificità dell’Italia. Vediamo.
[…] L’inchiesta dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo di Parigi – un organismo che raccoglie oltre 30 Paesi più o meno democratici – ha valutato due volte a distanza di una decina di anni le competenze degli adulti fra i 16 e i 65 anni.
La prima volta era stata nel 2012, la seconda nel 2023; i risultati su 31 Paesi sono stati pubblicati tre mesi fa. Ciò che salta agli occhi è il deterioramento fra gli adulti, soprattutto nelle capacità di comprensione di un semplice testo scritto.
Anche le competenze numeriche peggiorano, ma meno. A colpire nei Paesi avanzati è in particolare l’aumento delle diseguaglianze cognitive: il declino nell’ultimo decennio si concentra in gran parte fra i meno istruiti, fra coloro che vengono da famiglie di origini umili o non hanno titoli di studi elevati.
soluzione contro analfabetismo funzionale
Questa tendenza è più visibile fra gli uomini di mezza età – gli uomini in generale sono ormai superati dalle donne per capacità di comprensione di un testo – e con diplomi scolastici modesti. È la crisi del maschio medio occidentale. Che non si è fermata, anzi.
[…] Per chiarezza: quando si è a quello che l’Ocse definisce “livello 1”, si rischia di non capire dalle istruzioni nella scatola quale sia la corretta dose di una medicina da dare a un bambino; quando si è sotto al “livello 1”, si comprende il significato di una singola frase ma non necessariamente un concetto espresso in più frasi o la sua verosimiglianza.
PERCENTUALE DI ADULTI PER LIVELLO DI COMPETENZA
[…] in Italia la quota di abitanti al livello 1 o al di sotto sotto è salita dal 28% al 35% fra il 2012 e il 2023: un terzo della popolazione non si orienta nella lettura di un paragrafo anche solo leggermente articolato. Declini cognitivi fra le persone più deboli si notano però praticamente in tutti i Paesi salvo Danimarca, Finlandia, Svezia e Inghilterra.
Dall’altra parte […] per chi ha capacità di comprensione di un testo buone o elevate (livelli 4 e 5) c’è qualche aumento e qualche calo; per esempio, la quota di popolazione in questa categoria in Italia passa dal 3% al 5% degli abitanti. Così aumentano le diseguaglianze nelle capacità mentali nella media dei Paesi dell’Ocse e quasi in ciascuno di essi.
Ma soprattutto il peggioramento fra i più deboli è molto più marcato del miglioramento nella parte di popolazione più strutturata; ed è questo scarto crescente ad abbassare la media complessiva. Un fenomeno simile, meno pronunciato, si nota anche nelle capacità numeriche.
[…] Cosa significa tutto questo? Che le società avanzate nel complesso stanno diventando meno capaci di capire ed elaborare, di distinguere la realtà dalla propaganda, il vero dal falso; meno capaci di prestare un’attenzione sostenuta più di pochi secondi o di pochi minuti a un messaggio scritto; dunque, stanno diventando inadatte a orientarsi nella complessità delle domande di oggi.
[…] Perché accade? Non esistono indagini simili precedenti al 2012, dunque si possono avanzare solo ipotesi. Certo il declino dell’ultimo decennio coincide non tanto dall’avvento di Internet, ma con quello degli smartphone e dalla diffusione dei social network quale canale di intrattenimento, socialità e informazione allo stesso tempo.
L’Ocse parla della creazione di media “che sfruttano meccanismi di dipendenza psicologica” e di “usi indesiderabili dell’AI come l’industria della frode”. Un recente studio del Pew Research Center mostra che negli Stati Uniti nel 2022 metà degli adulti si sono informati sulle notizie di attualità “a volte” o “spesso”.
elon musk gioca con le posate 2
[…] Va in frantumi il mito occidentale secondo cui la democrazia e la libertà avrebbero prodotto educazione, capacità critica, innovazione, prosperità in un ciclo che si autoalimenta di continuo verso l’alto.
Invece l’innovazione questa volta potrebbe aver prodotto stupidità e asservimento, soprattutto fra chi ha meno mezzi per difendersi. Il “Financial Times”, in un articolo dedicato a questo tema, suggerisce che il colpevole potrebbe non essere Internet in sé ma l’aggressione del fiume di contenuti che ci assale quando apriamo un social network e noi subiamo senza averlo scelto.
Senza averne alcuna padronanza. Di certo i costanti salti e le interruzioni dell’attenzione distruggono tempo ed energia mentali, diseducano alla concentrazione profonda che resta il solo motore della creatività.
L’Australia per questo proibisce i social fino ai 16 anni, un primo passo per proteggere l’età della crescita. Ma non è il solo approccio. In Cina è ormai comune che i bambini di seconda o terza elementare imparino Python, un linguaggio digitale di programmazione avanzata per sviluppare app, calcolo e test di sistemi informatici.
I candidati cinesi ormai sono così forti che dominano sempre di più i dipartimenti di statistica della New York University o altri centri di eccellenza negli Stati Uniti. Intanto restano schiavi dei loro social per l’informazione, le relazioni, i pagamenti e il resto delle loro vite, tutte tracciabili.
Non sto suggerendo che vadano imitati i cinesi. Ma la rottura del nesso fra libertà e innovazione – a due secoli e mezzo dall’Illuminismo e dalla rivoluzione industriale – pone questioni profonde. In Occidente oggi gli algoritmi e l’AI di X servono a ottundere i cervelli con le falsità e la propaganda di Elon Musk. Intanto la Cina semi-totalitaria di Xi Jinping batte le democrazie in innovazione proprio nell’intelligenza artificiale con DeepSeek e nel simbolo dell’industria euro-americana: l’automobile, con Byd.
[…]
ROBOT GIORNALISTA - IMMAGINE CREATA DALL INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI MIDJOURNEY
Il problema poi è persino più delicato per l’Italia. […]. Siamo quartultimi o quintultimi fra i 31 dell’Ocse in tutte le prove. […]
Nelle tre aree di “lettura”, “numeri” e “problem solving” mostriamo meno diseguaglianze di altri grandi Paesi europei, ma perché il livellamento è verso il basso. Le persone con genitori “altamente istruiti” producono risultati bassi e quasi pari a quelle con genitori con livelli educativi “medi”; non è giusto né sano che la conoscenza in un Paese sia ereditaria, ma anche questo dettaglio è diverso rispetto al resto d’Europa e denota una debolezza dei ceti dirigenti.
Appena il 5% degli italiani arriva ai livelli 4 o 5 di lettura, appena il 6% sul calcolo e appena l’1% ci arriva nel “problem solving”: sono élite culturali più che dimezzate, per il loro peso demografico nella popolazione, rispetto alle medie delle democrazie.
[…]
Questo ci obbligherebbe a cercare, individuare e trattare queste élite […] come beni preziosi. Ma dove sono? L’indagine dell’Ocse trova per l’Italia un’altra particolarità: come si vede nel grafico sopra, in Italia i migliori risultati nei test si registrano nei primissimi anni di vita adulta, poi peggiorano sistematicamente al crescere dell’età (ahimè, quest’anno ne faccio 59…).
Il picco dell’energia mentale nel Paese risulta nella tarda adolescenza, ma da allora il declino è continuo; nella media delle democrazie invece questo motore cognitivo continua a espandere leggermente la propria potenza fino ai trent’anni circa, prima di iniziare la graduale discesa nel corso della vita.
Significa che le condizioni nelle società italiana sono tali da non favorire la crescita mentale dei giovani dopo lo sviluppo organico (altrimenti anche noi avremmo la lieve crescita fino ai trent’anni, invece di un declino che inizia prima dei venti).
Non so dire perché. Di certo tendono a emigrare all’estero i giovani dalle province a più alto tasso di occupazione: non partono per trovare lavoro, ma modelli organizzativi che diano loro più dignità, peso e prospettive.
È uno scialo di materia grigia nella stagione della sua massima vitalità che non potremmo permetterci, a maggior ragione perché i giovani sono una risorsa sempre più scarsa in Italia. Erano più di 14 milioni nel 1992, sono scesi a 9,8 milioni oggi e saranno poco più di sette milioni fra vent’anni (persone in età 20-35 anni). Anche la loro quota nella manodopera si dimezzerà in questo periodo di tempo, da un potenziale lavoratore ogni due e mezzo a uno ogni cinque.
Queste tendenze pongono questioni esistenziali, che dovrebbero essere al centro dell’agenda del Paese. Per il governo, come per il settore privato. Ma inutile dire che l’Italia soffre di un deficit dell’attenzione anche fuori da un’indagine dell’Ocse, nel mondo reale
analfabetismo funzionale 1
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