JEFF BEZOS È UNO CHE TI FA UN AMAZON COSÌ - OGNI MANAGER DELLA SOCIETÀ TREMA QUANDO RICEVE LA MAIL CON CUI IL GRAN CAPO CHIEDE LUMI SULLE LAMENTELE DEI CLIENTI
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
I guai dei manager di Amazon iniziano con una email di Jeff Bezos. I messaggi del gran capo contengono un solo carattere: un punto interrogativo. E, in allegato, la lettera di protesta di un cliente del gigante del commercio elettronico. Ogni giorno Bezos ne esamina personalmente parecchie e individua il manager al quale chiedere spiegazioni: lo considera il modo migliore per obbligare i dirigenti ad ascoltare la voce dei consumatori.
Il malcapitato - raccontano gli ex dipendenti di Amazon intervistati da Brad Stone, il corrispondente di Business Week dalla West Coast che sta per pubblicare The Everything Store , una biografia di Bezos - comincia a correre a destra e sinistra come se avesse una bomba a orologeria in tasca. Sa benissimo in quale tunnel è finito: poche ore per preparare una spiegazione plausibile. Che poi passa all'esame di più dirigenti di vari livelli prima di essere sottoposta al gran capo. Che a volte vuole confrontarsi di persona coi manager finiti nel suo mirino.
Incontri che possono essere drammatici. Tipico esordio di Jeff: «Sei pigro o solo incompetente?». Oppure, dopo aver letto un documento: «Questo l'ha scritto la squadra di riserva, il team B. Non ho tempo da perdere, datemi quello del team A».
Lavorare per Amazon significa vivere in una delle aziende di maggior successo al mondo (vale 140 miliardi di dollari e quest'anno ne fatturerà 75) con alla testa un condottiero dalle ambizioni illimitate: uno che vuole battere Wal-Mart nelle vendite al dettaglio, sfidare Apple nella produzione di terminali mobili (Kindle Fire contro iPad) e sottrarre a IBM il mercato dei servizi informatici alle imprese.
Ma Bezos è anche un uomo molto difficile, poco empatico, sussurrano i suoi collaboratori. à anche un sognatore: il visitatore seriale di Disneyworld, l'aspirante imprenditore dello spazio che dedica un giorno a settimana ai razzi e alle astronavi sperimentali della sua Blue Origin. Ma quello è un Bezos privato, che non si mostra mai. Forse anche perché i suoi veicoli spaziali fin qui si sono dimostrati meno affidabili di quelli della SpaceX di Elon Musk e della Virgin Galactic di Richard Branson.
Fatto sta che, secondo il libro di Stone del quale cominciano a circolare varie anticipazioni, sopravvivere alla cultura gladiatoria che domina in Amazon è difficile. Chi resiste più di due anni ha la pelle dura. Non che altrove i rapporti coi capi delle grandi aziende digitali siano facili: Steve Ballmer di Microsoft è un celebre lanciatore di sedie, Steve Jobs licenziava i manager in ascensore.
Bezos a parole vorrebbe sviluppare un clima di rapporti civili nel top management, ma tutti sanno che quando gli si cominciano a gonfiare le vene della fronte è pronto a esplodere. Pare che lui riconosca ma minimizzi: dura cinque minuti, come le tempeste tropicali. E poi, se ha fegato e argomenti, l'interlocutore può replicare colpo su colpo perché Jeff non vuole consenso a tutti i costi ma lo scontro di idee: «à il modo migliore per far venire a galla la verità » dice.
Caratteraccio che qualcuno attribuisce all'infanzia difficile. Il padre, che quando Jeff nacque, 49 anni fa, di anni ne aveva 18 e si esibiva su un monociclo in un circo, sparì dalla circolazione poco dopo. La madre, Jackie, che aveva 17 anni e frequentava il liceo, qualche anno dopo sposò Miguel Bezos, un immigrato cubano che adottò il bambino dandogli il suo nome.
Bezos, che ha visto l'ultima volta il padre naturale quando aveva tre anni, non l'ha mai più cercato. Ma adesso è stato proprio l'autore del libro a rintracciarlo: Ted Jorgensen ha 69 anni e vive a Glendale, in Arizona, dove gestisce il Roadrunner Bike Center, un negozio di biciclette. Aveva dimenticato il cognome acquisito dal figlio, non sapeva di essere il padre naturale di un miliardario. Adesso busserà alla sua porta ma, promette, solo per scusarsi.
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