SARÀ ANCHE SOTTO SCHIAFFO DELLA MAGISTRATURA MA IN TERMINI DI TRASPARENZA CONTABILE L’ENI È LA MIGLIORE MULTINAZIONALE AL MONDO - FA MEGLIO DI GOOGLE, AMAZON E APPLE, SUPERATE ANCHE DAI GIGANTI RUSSI COME GAZPROM E ROSNEFT
Marco Zatterin per "La Stampa"
ENI sede di San Donato Milanese
Nei bilanci di Google, Amazon e Apple la trasparenza contabile non è di casa: i tre colossi della new economy forniscono meno informazioni sulla loro vita globale dei giganti pubblici dell’energia russa, Gazprom e Rosneft. Strano ma vero, almeno a leggere un’analisi di Transparency International, organizzazione non governativa che vigila su corruzione e dintorni.
Il documento denuncia che la maggior parte delle 124 multinazionali classificate da Forbes «diffonde pochi dettagli finanziari sulle operazioni compiute oltrefrontiera, in certi casi nessuno». Novanta non dichiarano dove pagano le tasse; 54 non dicono nulla sui redditi all’estero. Troppi, davvero troppi, per essere grandi attori del business planetario.
La buona notizia è che nella graduatoria di Transparency International il numero uno per trasparenza è italiano, l’Eni: il big energetico che si distingue per programmi anticorruzione e trasparenza societaria, conquistando un voto di 7,3 su un massimo dieci, il più alto del rapporto. Il gruppo del cane a sei zampe batte anche le società britanniche, in generale quelle con «le prestazioni migliori», situazione speculare rispetto alle cinesi, definite «le peggiori». La Bank of China è il fanalino di coda. Il suo punteggio è uno su dieci, appena meglio di Honda Motor.
La considerazione generale è che «le società più grandi del mondo che operano del petrolio, nel gas e del settore minerario non sono pronte per far loro le regole di trasparenza che entreranno in vigore nell’Unione europea dal luglio del 2015». Gazprom, ad esempio, incassa un magro 3,5 su dieci, rispettando in parte le norme destinate a richiedere alle compagnie estrattive di comunicare pagamenti e tasse sulla base del «paese per paese» e del «progetto per progetto». Lo scopo è evidente: consentire la maggiore chiarezza possibile in comparti dove la bustarella ha l’abitudine di essere frequente.
Transparency ammette di aver pensato che i big delle tecnologie moderne sono «deludenti». Solo due fra le 44 società battenti bandiera americana dichiarano pubblicamente i pagamenti di tasse in terra straniera, sono la ConocoPhilips in Canada e Walmart in Cile.
«E’ sorprendente che il settore che rende il mondo più trasparente sia quello meno trasparente», afferma l’organizzazione non governativa. Il voto di Amazon, Apple, Google e Ibm è inferiore a tre su dieci. Amazon, inoltre, è la sola compagnia americana a non condividere le sue politiche aziendali a proposito dei regali ricevibili, l’ospitalità e le spese. E non ha nemmeno un canale per chi, dall’interno dell’azienda, voglia denunciare un atto di corruzione.
«Dovrebbero esser un esempio e non lo sono», conclude il direttore di Transparency International, Cobus de Swardt. Il che automaticamente ricorda la circostanza secondo cui Amazon, Apple, Google sono sotto inchiesta a Bruxelles per i pacchetti fiscali agevolati ottenuti nell’Ue. Chi vuole pensare male è libero di farlo, almeno sino a smentita e/o cambiamento di rotta. La cura è semplice: basta imitare i primi della classe. L’Eni, dunque, ma anche Vodafone (6,7) e Statoil (6,6). Fra le altre italiane l’Enel incassa un punteggio di 4,9 che la pone comunque nella parte alta della classifica. Vanno male gruppi come Disney (2,5) e Visa (2,7). Nomi, questi come altri, che non ti aspetteresti di vedere nel plotone di coda. Il blasone, evidentemente, non fa trasparenza.