SIENA, TERRA DI FRATELLANZA – COME E’ RIUSCITA LA BELLA MANSI A SALVARE MPS RESPINGENDO LA PREVISIONE DI PROFUMO (BANCA FALLITA SENZA AUMENTO DI CAPITALE)? GRAZIE ALLA FINANZA CAPPUCCIONA DI BANCA LAZARD

Carlotta Scozzari per Dagospia

Non c'è che dire: se dall'ultimo Palio che si è giocato Siena sul terreno finanziario qualcuno è uscito vittorioso, quel qualcuno è Antonella Mansi, dall'estate scorsa presidentessa della Fondazione Mps, ormai ex prima socia dell'omonimo istituto di credito.

Sì, perché, a dispetto delle attese, comprese probabilmente quelle del presidente di Mps Alessandro Profumo e dell'amministratore delegato Fabrizio Viola, Mansi è riuscita a vendere gran parte delle azioni della banca senese azzerando il debito da quasi 350 milioni che gravava sulle spalle dell'ente (che per questo fino a poco tempo fa era pericolosamente in odore di fallimento).

E invece, nel giro dell'ultimo mese, con una mossa a sorpresa, la presidentessa è riuscita in un'impresa storica, per non dire quasi epica: ha venduto azioni a una pattuglia di nuovi investitori stranieri che hanno deciso di puntare su una banca fino a qualche mese fa data per spacciata. E, con il senno di poi, ha avuto ragione a ottenere lo slittamento dell'aumento di capitale di Mps da gennaio a maggio del 2014 in occasione della controversa assemblea di fine 2013.

Proprio per evitare che la ricapitalizzazione della banca da 3 miliardi fosse rimandata a maggio, Arrogance Profumo, andando in tv, a metà dicembre, aveva tuonato: "Può darsi che se non si riesca a fare l'aumento, la banca venga nazionalizzata. Oggi abbiamo la certezza di fare l'aumento di capitale, di restare una banca senese forte, di rimborsare lo Stato. Se non accade a gennaio entriamo in un campo di grande incertezza con il rischio che la banca sia nazionalizzata".

Ma l'incertezza di cui parlava Arrogance, con l'operazione appena messa in piedi da Mansi, sembra essersi dissolta. A questo punto la banca procede spedita verso l'aumento di capitale, necessario soprattutto per rimborsare i Monti bond, con un azionariato nuovo di zecca che vede Blackrock al comando con il 5,75% e la sudamericane Fintech Advisory di David Martìnez Guzmàn e Btg Pactual Europe rispettivamente al 4,5 e al 2 per cento. Queste ultime due, tra l'altro, hanno dato vita a un patto sul 9% delle azioni cui partecipa la stessa Fondazione con il 2,5% del capitale.

Ma chi si nasconde dietro al successo di Mansi? Difficilmente l'ente sarebbe riuscito a vendere azioni senza il sostegno di Lazard, la banca d'affari storicamente legata agli ambienti della finanza massonica che nell'ottobre scorso Mansi, all'epoca appena arrivata in Fondazione, scelse come consulente proprio per l'operazione di cessione di titoli e alleggerimento del debito.

C'è già chi interpreta l'esito della battaglia senese come la vittoria dei poteri legati al mondo della Lazard su quelli rappresentati da Profumo, Viola e dalla banca d'affari svizzera Ubs guidata da Sergio Ermotti, che ha assistito l'istituto di credito di Rocca Salimbeni come consulente finanziario nell'organizzazione dell'aumento di capitale.

Il caso, tra l'altro, vuole che Lazard stia anche facendo da consulente alla Sorgenia controllata dalla Cir della famiglia De Benedetti nella complessa trattativa sulla ristrutturazione del debito da quasi 2 miliardi con le banche. In questo caso, a giocare dall'altra parte del tavolo, come consulente degli istituti di credito (la più esposta verso la utility è Mps con 600 milioni circa) c'è la Rothschild, la banca d'affari discendente dall'omonima famiglia di origini ebree.

L'esito della partita su Sorgenia è al momento imprevedibile (in questa fase sembra che le banche siano orientate a convertire il debito e diventare azioniste estromettendo la Cir), ma se il gioco dovesse chiudersi con una qualche mossa vincente di Lazard, potrebbe essere il segnale che qualcosa si sta muovendo nella finanza italiana.

E che il grande gruppo di consulenza francese guidato da Kenneth Jacobs sta tornando a imporsi sulla scena nostrana, un po' come accadeva nella seconda metà del secolo scorso, quando la Lazard di Michel David-Weill disegnava insieme con la Mediobanca di Enrico Cuccia le strategie e gli equilibri della finanza italiana.

 

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