LIQUEFATTI I SOLDI PER LA LIBIA: CHE FINE HANNO FATTO I 5 MILIARDI DELL’ACCORDO BERLUSCONI-GHEDDAFI? NON SI TROVANO DA NESSUNA PARTE, EPPURE ERANO STATI STANZIATI - LE AZIENDE CHE AVEVANO LAVORATO CHIEDONO IL PIGNORAMENTO DEI FONDI, MA PALAZZO CHIGI DICE CHE SONO “IMPIGNORABILI” E BANKITALIA CHE NON SONO MAI ESISTITI

 

Antonio Signorini per “il Giornale”

 

berlusconi e il rais muammar gheddafiberlusconi e il rais muammar gheddafi

Scomparsi tra le pieghe delle leggi finanziarie. Mai arrivati a destinazione, quindi in Libia, né tantomeno alle aziende italiane che lavorano o lavoravano nello stato nordafricano. Quello che è peggio, quei soldi non sono nemmeno parcheggiati alla Tesoreria centrale dello Stato. È una storia molto italiana quella dei fondi stanziati dall' Italia in seguito all' accordo siglato nel 2008 dall' allora premier Silvio Berlusconi e dal Rais di Tripoli, Gheddafi, per mettere fine alla controversia sui danni di guerra. Sono cinque miliardi di dollari in 20 anni, stanziati da una legge del 2009.

 

Dovevano andare alle ditte, tutte italiane, che avrebbero costruito infrastrutture. La caduta di Gheddafi ha bloccato i lavori, ma qualche mese fa il capo del governo Fayez Serray, appena insediato, ha chiesto all' Italia di rinnovare l' accordo e, magari, di incassare la quota dei 5 miliardi già nel fondo. Richiesta che, a quanto pare, è stata rinnovata anche recentemente dalle autorità libiche al governo Renzi.

LIBIALIBIA

 

A caccia di quei soldi ci sono anche diverse imprese italiane. Non quelle che avrebbero dovuto costruire, ma i vecchi creditori del governo Libico che dagli anni Ottanta avevano realizzato opere pubbliche e per i quali la legge sul partnenariato italia-Libia stanziava una cifra precisa: 150 milioni.

 

Una sorta di sanatoria sui debiti della Pa, solo che in questo caso a fare i debiti è lo stato libico, non l' Italia. L' avvocato romano Antonio Caliò ha chiesto il «pignoramento presso terzi» per recuperare 88mila euro di crediti di un suo cliente, una ditta attiva in Libia. I terzi in questo caso erano la presidenza del Consiglio dei ministri e Bankitalia in qualità di tesoreria.

 

fayez al sarrajfayez al sarraj

Palazzo Chigi, racconta l' avvocato, ha risposto che i crediti dello stato libico erano «impignorabili». La Banca d' Italia ha risposto in modo ancora diverso. Impossibile pignorare perché presso la Tesoreria centrale dello Stato «non esistevano alla data della notifica dell' atto di pignoramento, né fino ad oggi si sono costituite, disponibilità riferibili al debitore esecutato». Quindi niente «accantonamento» per chi aspetta quei soldi. Svaniti.

 

Eppure la legge c' è e c' è anche lo stanziamento. I soldi sono arrivati alle casse dello stato ed è cosa nota. Ad alimentare il fondo era un addizionale Ires del 4% che pagava, di fatto, soltanto l' Eni, gruppo energetico con una presenza importate in Libia, che fece ricorso contro quell' addizionale e vinse. Nel senso che incassò alcuni arretrati (76 milioni di euro messi a bilancio) e ridefinì l' imponibile sul quale pagava l' addizionale. Di fatto una sterilizzazione degli effetti della tassa pro Libia, che dal 2013 in poi ha effetti nulli sui conti Eni.

generale khalifa haftargenerale khalifa haftar

 

Ma altri soldi sono arrivati alle casse dello Stato. E non è difficile trovarli. Tra le tabelle delle leggi del 2013 e della legge di stabilità spunta più volte una copertura un po' discussa. C' è un decreto legge con misure per le Piccole e medie imprese che la «quota ancora non utilizzata delle risorse destinate all' attuazione» dell' accordo Italia-Libia per 432 milioni di euro. L' accordo Berlusconi-Gheddafi ricompare in un provvedimento omnibus del governo Letta del 2013 che prevedeva la sospensione della prima rata dell' Imu, misura temporanea (poi arrivò puntuale una stangata sul mattone) e l' istituzione di un Fondo per l' occupazione, finanziato per 100 milioni proprio dal fondo per la Libia.

 

LIBIALIBIA

Il servizio Bilancio della Camera osservò come si trattasse di una copertura molto particolare, visto che riguardava un accordo internazionale e comportava una «dequalificazione» della spesa. Da investimento a spesa corrente. Il fondo ritorna anche in una legge sblocca cantieri del 2014. Insomma, quei soldi c' erano per tutti, tranne che per i diretti interessati. Sbagliato e illogico, sottolinea l' avvocato Caliò.

 

Anche perché «il pagamento dei debiti libici come pignorati sarebbe un risparmio per lo stato Italiano debitore», visto che «incasserebbe le tasse» su quelle somme. La vicenda giudiziaria prosegue. Ma potrebbero rispuntare anche qualche problema con il governo libico quando chiederà conto di quei fondi che in Italia nessuno trova. Tranne i governi a caccia di coperture.

Ultimi Dagoreport

meloni giorgetti fazzolari caltagirone nagel donnet orcel castagna

DAGOREPORT - A 53 GIORNI DAL RINNOVO DELLA GOVERNANCE DI GENERALI, A CHE PUNTO È IL RISIKO BANCARIO? NEL SUO SOGNO DI CONQUISTARE IL LEONE DI TRIESTE, EVITANDO PERO' IL LANCIO DI UNA COSTOSISSIMA OPA, PARE CHE NELLA TESTA DI CALTA FRULLI UN PIANO IN DUE TEMPI: INTANTO CONQUISTARE LA MAGGIORANZA NEL CDA DELLA COMPAGNIA, DOPODICHÉ PAPPARSI MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI (SEMPRE CHE NON ARRIVI A PIAZZETTA CUCCIA UN CAVALIERE BIANCO) – ALL’OFFENSIVA DI CALTA, L’ASSO NELLA MANICA DI DONNET SI CHIAMA UNICREDIT. ORCEL AVREBBE PERSO L’ENTUSIASMO PER BPM E SAREBBE BEN FELICE DI PORTARSI A CASA BANCA GENERALI - TANTO PER SURRISCALDARE IL CLIMA GIÀ TOSSICO È ARRIVATA IERI “LA STAMPA” CHE LANCIAVA ‘’L’IPOTESI DEL CONCERTO CALTAGIRONE-MILLERI” (SMENTITA)…

luca richeldi papa francesco bergoglio sergio alfieri

DAGOREPORT - I MEDICI DEL GEMELLI CHE CURANO IL PAPA (SERGIO ALFIERI E LUCA RICHELDI) SONO STATI CHIARI CON FRANCESCO: SE E QUANDO VERRÀ DIMESSO, BERGOGLIO DOVRÀ DIMENTICARE LA VITA MOVIMENTATA CHE HA CONDOTTO FINORA, E DARSI UNA REGOLATA. IL FISICO DEL PONTEFICE 88ENNE È MOLTO PROVATO E NON POTRÀ REGGERE AD ALTRI VIAGGI, OMELIE AL GELO E MARATONE DI INCONTRI CON I FEDELI – IL FUMANTINO CAPO DELLA CHIESA CATTOLICA ACCETTERÀ LA “CAMICIA DI FORZA” DI UNA CONVALESCENZA "PROTETTA" A SANTA MARTA?

angela merkel friedrich merz

DAGOREPORT – IL MURO DI BERLINO NON E' MAI CADUTO: MERZ E MERKEL SONO LE DUE FACCE DI UN PAESE CHE NON HA SANATO LE STORICHE DISEGUAGLIANZA TRA IL RICCO OVEST E IL POVERO EST – FIGLIOCCIO DI SCHAUBLE LUI, COCCA DI KOHL LEI, MERZ E MERKEL SI SFIDARONO NEL 2000 PER LA LEADERSHIP DELLA CDU. MA LA DEFLAGRAZIONE DEI LORO RAPPORTI SI È AVUTA CON LA POLITICA MIGRATORIA DI ANGELONA, FALLIMENTARE AGLI OCCHI DI MERZ (CHE RITENEVA NECESSARIO INTEGRARE I TEDESCHI DELL’EST, PRIMA DI ACCOGLIERE SIRIANI E TURCHI) - SE LA MERKEL L’AVESSE ASCOLTATO, OGGI L’AFD NON SAREBBE AL 20%...

beppe sala elly schlein

DAGOREPORT - TE LO DO IO IL CENTROTAVOLA! - L'IDEONA DI ELLY SCHLEIN PER NEUTRALIZZARE CHI SOGNA LA NASCITA DI UN PARTITO CENTRISTA ALLEATO DEL PD: CREARE LISTE CIVICHE PER LE REGIONALI E, SE FUNZIONANO, RIPROPORLE IN CHIAVE NAZIONALE ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 2027 COL NOME DI "ALLEANZA PER L'ITALIA" - LEADER DEL PROGETTO DOVREBBE ESSERE BEPPE SALA, CHE PERÒ HA PERSO SMALTO (LE INCHIESTE SULL’URBANISTICA MILANESE) - L'ISOLAMENTO DI SCHLEIN NEL PD SUL PIANO DI RIARMO DI URSULA E LA SUA MANCANZA SI CARISMA: I SUOI GIORNI AL NAZARENO SONO CONTATI...

elon musk trump zelensky jd vance

DAGOREPORT – LE SPARATE DI ELON MUSK SONO SOLO UN MODO PER ATTIRARE L’ATTENZIONE E RISPONDERE AL PRESENZIALISMO DI JD VANCE, CHE MR. TESLA CONSIDERA UN “BURINO” – IL MILIARDARIO KETAMINICO HA PRESO MALISSIMO LA VISIBILITÀ OTTENUTA DAL VICEPRESIDENTE USA GRAZIE ALL’IMBOSCATA TESA A ZELENSKY. TRUMP CONOSCE BENE L’EGO-MANIA DEL SUO “DOGE”: PER QUESTO HA CHIESTO AL CONGRESSO UNA STANDING OVATION PUBBLICA PER MUSK (E QUELLO, TUTTO TRONFIO, SI È ALZATO COMPIACIUTO MOSTRANDO IL POLLICE)…

matteo salvini donald trump ursula von der leyen giorgia meloni ue unione europea

DAGOREPORT – IL VERTICE TRA GIORGIA MELONI E I SUOI VICEPREMIER È SERVITO ALLA PREMIER PER INCHIODARE IL TRUMPIAN-PUTINIANO SALVINI: GLI HA INTIMATO DI NON INIZIARE UNA GUERRIGLIA DI CRITICHE DAL MOMENTO IN CUI SARÀ UFFICIALE L’OK ITALIANO AL RIARMO UE (DOMANI AL CONSIGLIO EUROPEO ARRIVERÀ UN SÌ AL PROGETTO DI URSULA VON DER LEYEN), ACCUSANDOLO DI INCOERENZA – LA DUCETTA VIVE CON DISAGIO ANCHE LE MOSSE DI MARINE LE PEN, CHE SI STA DANDO UNA POSTURA “ISTITUZIONALE” CHE METTE IN IMBARAZZO LA PREMIER