“LAVORARE IN APPLE? E’ COME IN MONASTERO” - IL DIRETTORE FINANZIARIO DELLA "MELA", LUCA MAESTRI: “IO COMINCIO ALLE 4:30 MA TIM COOK SPESSO E’ GIA’ IN PISTA ALLE 3:45. L’EGO DEVI METTERLO DA PARTE: LÌ CONTA L’ARMONIA DEL GRUPPO. IL PROSSIMO STEVE JOBS? PUO’ ESSERE UN ITALIANO....”
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
«A parte le levatacce - la mattina comincio alle 4.30 e il nostro capo, Tim Cook, spesso è già in pista alle 3.45 - lavorare alla Apple significa essere in mezzo a un esercito e vivere, al tempo stesso, in un monastero» racconta il direttore finanziario del gruppo di Cupertino, Luca Maestri, durante un incontro al Consolato italiano di New York moderato dalla giornalista Maria Teresa Cometto.
Primo di una serie di dibattiti con dirigenti italiani che hanno raggiunto posizioni di vertice a livello mondiale, promossi dal console Francesco Genuardi. «Esercito», spiega questo manager considerato l' italiano di maggior peso nell' economia internazionale dopo Mario Draghi, «perché per sviluppare e mettere insieme prodotti complessi con parti di provenienza diversa che poi vanno consegnati tempestivamente ovunque nel mondo, ci vuole una disciplina militare. "Monastero" perché alla Apple l' ego lo devi mettere da parte: conta il lavoro del team, l'armonia del gruppo».
Maestri non rivela nulla dei progetti futuri di Apple, ma si sofferma sulle sfide dell' era Trump. L'azienda si oppone a ogni misura limitativa dell' immigrazione: «Per noi sono steccati inconcepibili: siamo una società aperta con dipendenti di tutti i Paesi del mondo. Sono tutti uguali: contano solo le loro capacità, il talento che portano in America e alla Apple». Ma se altri in California si isolano o, addirittura, costruiscono rifugi antiatomici, «noi non abbiamo piani d'emergenza per la fine del mondo, non costruiamo bunker. Per noi la parola chiave è "engage": confrontarsi, discutere, spiegare, cercare di convincere».
cook e farrell cantano sweet home alabama
Tenendo un occhio puntato su immigrazione, diritti civili e tenuta della società («la crescente diffusione di notizie false» ha detto ieri l'amministratore delegato di Apple, Tim Cook, «distrugge la capacità di giudizio dei cittadini. Dobbiamo fare qualcosa, non possiamo cavarcela con lamenti e denunce») e l'altro sulla riforma fiscale, attesa da anni e ora promessa da Trump: «L'America ha la tassazione delle imprese più alta al mondo, il 35%. Aspettiamo che venga ridotta a un livello simile agli altri Paesi per riportare negli Usa i nostri profitti».
Capitali enormi: Apple tiene parcheggiati all' estero circa 240 miliardi di dollari. Come il Pil di un Paese di medie dimensioni: il chief financial officer Maestri lo gestisce con un team di appena 7 persone. Poi si passa al privato: la sua esperienza di «cervello» italiano all'estero, il nomadismo (ha lavorato per molte aziende e vissuto in vari Paesi, dal Brasile alla Polonia) e la famiglia coi figli la cui voracità nell'uso di iPhone e altre piattaforme digitali viene frenata usando uno strumento di controllo chiamato «Circle» che limita e, all'occorrenza, blocca tutti gli apparati elettronici della casa.
«Essere italiano per me è stato sempre un "plus", mai uno svantaggio - racconta Maestri -. E l'università italiana, la Luiss nel mio caso, mi ha preparato bene. In Italia c'è talento e buona formazione. Manca la capacità di fare sistema, dal rapporto scuola-impresa alla raccolta di capitali. I giovani italiani devono osare, uscire, ce la possono fare: il prossimo Steve Jobs può essere un italiano».