LA MARCIA SU ROMA DI ARNAULT: IL MILIARDARIO FRANCESE METTE FENDI NEL COLOSSEO QUADRATO

1 - L'ULTIMO COLPO DEL RE DEL LUSSO "COSÌ IL COLOSSEO QUADRATO SARÀ LA VETRINA DELLA MODA"
Paolo Boccacci per "la Repubblica"

Bernard Arnault sbarca a Roma, nel cuore dell'Eur. Il multimiliardario francese conquistatore dei più grandi brand del mondo del lusso, tra cui molti dell'eccellenza italiana - dalla Maison Fendi ai re del chachemire Loro Piana, da Bulgari a Pucci - l'uomo a cui la rivista Forbes accredita un patrimonio da 41 miliardi di dollari, la quarta fortuna del pianeta, si assicura infatti l'uso del Palazzo della Civiltà Italiana, soprannominato il Colosseo Quadrato, uno degli edifici razionalisti più conosciuti della città, che diventerà una sede prestigiosa proprio per gli abiti e le altre creazioni firmate Fendi.

L'operazione è stata messa a punto dopo mesi di trattative avvenute nelle stanze di Eur Spa, l'ente che, all'indomani dell'arresto con l'accusa di aver preso tangenti
per l'ad Riccardo Mancini, è rimasto nelle mani del presidente Pierluigi Borghini. Il contratto d'affitto impegna la Lvmh (Louis Vuitton Moet Hennessy spa) guidata da Arnault per quindici anni, con un canone fissato a 240mila euro al mese. In cambio avrà lo storico palazzo, con i suoi 12mila metri quadrati distribuiti su sei piani.

Un altro colpo d'oro per monsieur Arnault e la sua Maison Fendi che si aggiunge all'inaugurazione, nel 2005, della Boutique a largo Goldoni, considerata il
flagship store per eccellenza, con la facciata da cui si riesce ad ammirare uno scorcio di piazza di Spagna, nel palazzo Fendi, del diciassettesimo secolo, appartenuto in passato alla famiglia Ludovisi Boncompagni: due livelli per oltre 1.000 metri quadrati, firmati da Peter Marino, che ha sfruttato il fascino del travertino, una scala scenografica e
un meraviglioso candeliere stile anni Settanta.

«Siamo fieri di questo accordo» afferma il presidente e ammini-stratore delegato di Fendi, Pietro Beccari. «Quello dell'Eur è uno dei più bei palazzi del mondo. Fendi rappresenta la tradizione e la modernità e il dialogo tra l'edificio dell'Eur e l'altro seicentesco di largo Goldoni è ideale. Sarà il nostro nuovo quartier generale, dove lavoreranno almeno 400 persone: i mille metri quadrati del piano terra ospiteremo esposizioni dedicate al
made in Italy e alla creatività italiana: siamo aperti a qualsiasi suggerimento.

Dopo il finanziamento del restauro della Fontana di Trevi questa operazione definisce ancor più Fendi come un marchio romano». Una nuova operazione di prestigio per Arnault, 64 anni, che tramite Lvmh controlla una sessantina di marchi e registra un fatturato in continua crescita (28 miliardi di euro nel 2012).

Il Palazzo della Civiltà Italiana, uno dei simboli dello skyline romano, fu progettato negli anni Trenta da Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano, ma l'inizio della costruzione dell'edificio risale al 1938, con i suoi 54 grandi archi per facciata. Inaugurato ancora incompleto nel 1940, fu poi aperto nel dopoguerra. In alto la scritta: «Un popolo di poeti di artisti di eroi, di santi di pensatori di scienziati, di navigatori di trasmigratori».

Il Colosseo Quadrato con la sua architettura gelidamente e metafisica è diventato sfondo o citazione di molti film, da Roma città aperta di Rossellini a l'Eclisse di Antonioni, da
Otto e mezzo di Fellini a Il ventre dell'architetto di Peter Greenaway fino alla Notte prima degli esami di Brizzi. E anche la pubblicità ne ha fatto un luogo cult per video-clip musicali (Negramaro) e spot televisivi, come quello della Nike (The mission, nel 2000) in cui campioni del calcio europeo (Davids, Totti, Thuram, Guardiola ecc.) prendevano d'assalto il palazzo. Tredici anni prima che ci riuscisse davvero un finanziere francese.

2 - LA METAFISICA DI "PALAZZO GROVIERA"
Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

C'è IL fascismo, anzi c'è Mussolini, sopra, sotto e ai lati del "Colosseo quadrato", l'enorme e bianco parallelepipedo razionalista che doveva ospitare il Palazzo della Civiltà italiana. Ma che poi, come molti monumenti a Roma, è divenuto quello che non doveva, seguitando a vivere come poteva, per quanto sempre a ragion veduta.

Stabilirono dunque le cronache del regime che il luogo dove sarebbe sorto fu scelto personalmente dal Duce e certamente scritta di suo pugno - per un discorso pronunciato nel 1935 contro la condanna della Società delle Nazioni dopo l'invasione dell'Etiopia - è la frase che campeggia sul frontale del "Palazzo groviera", come pure allegramente presero a chiamarlo i romani, per loro natura, vocazione ed esperienza scettici dinanzi a qualsiasi altisonante retorica: «Un popolo di poeti di artisti di eroi/ di santi di pensatori di scienziati/ di navigatori di trasmigratori».

Anche il marmo, che richiamava la "romanità", era inteso a trasmettere un integrale e orgoglioso messaggio di autarchia, scarseggiando a quei tempi ferro e cemento per via delle «inique sanzioni». Ma la leggenda fascista si sposa addirittura con la cabala, o con la numerologia celebrativa, per cui si disse che a partire dal numero dei piani (sei) e delle arcate di ciascun lato (nove) l'edificio progettato nel 1937 dagli architetti Guerrini, Lapadula e Romano dovesse recare un omaggio a Mussolini, il cui nome e cognome contengono appunto sei e nove lettere.

Sennonché, come succede quando si perde il senso della misura, le cose e perciò anche costruzioni sfuggono di mano e anzi di frequente si ribellano ai loro temerari ideatori, con il che non solo il palazzo che doveva rispecchiare il genio italiano rimase drammaticamente incompiuto, ma durante la guerra incontrò il suo più triste ed esemplare destino divenendo bivacco prima dei soldati tedeschi, poi delle truppe alleate e in ultimo degli sfollati.

Fu quindi lasciato per diversi anni in totale abbandono. Fino a quando, dopo il 1953, i democristiani, specialisti in aggiustamenti minimali e mirabili cambi di destinazione, non vi insediarono la Federazione dei Cavalieri del Lavoro e altre misteriose, per lo più, entità e incombenze ministeriali. Ma a quel punto, forte della sua metafisica in travertino, lo spettrale monumento dai finti archi e dai buchi veri era già pronto alla sua seconda o terza trasformazione diventando un'ambita location per il cinema e poi per la tv.

E infatti compare in decine di film e di spot. Tra questi ultimi merita senz'altro una segnalazione l'indimenticabile video che accompagna e illustra l'encomiastico brano "Meno male che Silvio c'è". E a tale proposito varrà la pena di sapere che dalla scalinata del Palazzo della Civiltà Italiana si vede scendere, riconoscibile al centro di un festante gruppo di giovanotti e ragazze, nientemeno che Francesca Pascale, la "fidanzatina" del Cavaliere.

Al piano terreno, insieme ai quattro gruppi scultorei equestri, si trovano 28 statue allegoriche. Ma l'orizzonte dei significati e dei significanti, come si vede, è sempre aperto alle meraviglie del possibile.

 

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