1. PRIMA IL FALLIMENTO LIGRESTI, POI IL CAOS GENERALI ED ORA LA BRUCIANTE SCONFITTA SUBITA DA BEBÈ BERNABÈ PER LA VENDITA, CON UN’OPERAZIONE AI LIMITI DELLA DECENZA, DE LA7: INSIEME AL SISTEMA È CROLLATA ANCHE LA MEDIOBANCA DI NAGEL & PAGLIARO 2. ANTONIO MASTRAPASQUA ACCUMULA-CARICHE PER UNA SOMMA ANNUA DI 1,2 MILIONI 3. MENTRE LA MAGGIOR PARTE DEGLI STUDI LEGALI PIANGE LACRIME PER IL CROLLO DELL’ATTIVITÀ DI CONSULENZA, I 300 AVVOCATI LO STUDIO BONELLI-EREDE-PAPPALARDO FANNO IL BOTTO FATTURANDO POCO MENO DI 150 MILIONI DI EURO CON MARGINI INTORNO AL 50% 4. MONTI CHI? LO SMONTEZEMOLATO ACCENTUA IL SUO DISTACCO DALLA POLITICA LASCIANDO IN BRAGHE DI TELA “ITALIAFUTURA” E IL POVERO MANAGER DI NTV ,CARLO CALENDA

1. INSIEME AL SISTEMA È CROLLATA MEDIOBANCA DI NAGEL & PAGLIARO
Anche il pallido Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, ha ripreso un po' di colore quando stamane ha visto che il titolo di Piazzetta Cuccia è risalito dopo il crollo di ieri che ha provocato la sospensione per eccesso di ribasso.

E insieme a lui sorridono anche i funzionari che hanno steso il rapporto dove si legge che senza una grande coalizione l'Italia può passare dalla farsa alla tragedia greca. Adesso a Piazzetta Cuccia sperano che dal cilindro di Napolitano possa uscire una soluzione tale da girare pagina rispetto a una crisi che ha messo fortemente in discussione il ruolo della merchant bank. Certo, sia il pallido Nagel che l'alano Renato Pagliaro hanno capito che è crollato un sistema e che la new economy dei grillini stravaganti e impreparati può creare una stagione di lunga instabilità, ma questo e' ancora un oggetto misterioso da decifrare.

L'unica cosa certa e' che per Mediobanca sara' sempre piu' difficile recuperare quella posizione centrale nel sistema della finanza che fino a un paio di anni fa le ha consentito di essere il crocevia dei cosiddetti poteri forti. Negli ultimi tempi questo ruolo si è indebolito non solo perché i poteri forti sono diventati deboli, ma anche perché la governance di Piazzetta Cuccia sembra paralizzata e incapace di cavalcare i dossier della finanza e dell'industria.

L'ultimo esempio è di ieri quando il consiglio di amministrazione di Telecom ha dato via libera a Urbano Cairo che con un milione di euro si è portato a casa "La7" e con un'operazione ai limiti della decenza. Nella lunga trattativa il capo di Telecom, Franchino Bernabè, ha deciso di testa sua senza tener conto delle resistenze che Mediobanca ( fisicamente presente in consiglio con Pagliaro), e aveva formulato per frenare l'operazione. Le riserve di Piazzetta Cuccia nascevano dalla convinzione che il regalo di Bernabe' a Cairo contribuisce ben poco ad alleviare i debiti di Telecom e la minusvalenza di 99,5 milioni che Mediobanca come socio di Telco ha dovuto scrivere nell'ultima semestrale.

In quest'ultima si legge che gli utili sono aumentati e i ricavi diminuiti come sono diminuite anche le commissioni nette, ma il capitolo dolente riguarda le partecipazioni dove, ad eccezione dei quattrini fruttati da Gemina attraverso Aeroporti di Roma, c'è spazio soltanto per le lacrime. Le più amare riguardano la partecipazione del 14,21% in Rcs, editore del "Corriere della Sera" dove è difficile colmare il buco da 1 miliardo lasciato nell'arco degli ultimi anni grazie anche al disgraziato acquisto della spagnola Recoletos dove Mediobanca ha svolto il ruolo di consulente.

La fotografia della merchant bank e del suo management si è ingiallita l'anno scorso quando è scoppiata la vicenda Ligresti al quale la banca milanese ha erogato tra il 2003 e il 2007 1,1 miliardi. In un'intervista di inizio agosto su "Repubblica" il pallido Nagel ha tentato di difendersi scaricando su Cesarone Geronzi le responsabilità, poi è saltato fuori il famoso "papello" che prevedeva un bonus da 45 milioni per Totuccio Ligresti e che ha fatto scattare un'inchiesta della procura di Milano.

Da quel momento le pareti del santuario del gran sacerdote Enrico Cuccia hanno cominciato a tremare e il titolo in Borsa è andato giù a rotta di collo. A onor del vero già nell'ottobre 2011 i gradi della scala Richter erano saliti quando lo scarparo marchigiano Dieguito Della Valle era uscito dal patto di sindacato di Mediobanca attaccando al ventre i "ragazzi" di piazzetta Cuccia. Al segnale di sfiducia, denunciato da Dieguito con la solita incontinenza, si sono aggiunte le vicende di FondiariaSai con il "papello" e soprattutto non si è manifestata una capacità di recuperare ruolo e redditività.

Se poi alle vicende si aggiungono la crisi dei mercati e il crollo di un sistema politico con il quale il pallido Nagel e l'alano Pagliaro non hanno saputo stabilire nessun rapporto, si capisce che la crisi ha dimensioni profonde. L'unica speranza per gli eredi di Cuccia e di Maranghi è che all'estero sfugga la bassa capitalizzazione di soli 3,7 miliardi dello storico Istituto, un boccone che qualsiasi fondo internazionale potrebbe mangiarsi facilmente.

2- ANTONIO MASTRAPASQUA, L'ACCUMULA-CARICHE
Chi ieri a Roma ha partecipato alla Camera alla presentazione del libro di Paolo Franchi sulla vita di Napolitano, è rimasto sorpreso dalla sicurezza che il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua ostentava in prima fila.

L'aria di questo 54enne che dal 2008 distribuisce ogni mese 23 milioni di pensioni era così sicura da indurre personaggi come Gianni Letta a stringergli la mano quasi con ossequio. Forse il manager ,che oltre allo sci e alla corsa ha partecipato ai Mondiali master di canottaggio e si diverte ancora oggi sulle acque del Tevere, è convinto che le lancette dell'orologio si siano fermate alla vigilia delle elezioni. Altri sostengono che la sua aria divertita e serena nasca dalla soddisfazione che prova quando vede che la Madonna delle lacrime Elsa Fornero non è riuscita a fermare il suo declino.

In effetti c'è da ridere quando a poche ore dalla consultazione elettorale la professoressa torinese ha dichiarato al quotidiano "The Independent" che Monti è stato poco determinante e i membri del governo si sono comportati in modo poco incisivo e un po' naif. Nello stesso giorno Mastrapasqua ha voluto dare assicurazioni sulle risorse per la cassa integrazione smentendo così l'ipotesi che gli 800 miliardi gestiti dalla previdenza non siano sufficienti a fronteggiare il dramma dell'occupazione.

Poi sono arrivati i risultati elettorali, ma a quanto sembra l'ineffabile manager non li ha valutati compiutamente. La "follia" dei grillini potrebbe infatti scatenarsi sui 24 incarichi che il manager romano ha accumulato negli ultimi anni oltre alla presidenza dell'Inps al quale cinque anni fa è stato designato all'unanimità dalle Camere. Sul sito del ministero del Welfare si legge che il compenso per l'Inps è di soli 216.000 euro, ma secondo calcoli attendibili le altre 24 cariche (prima fra tutte la vicepresidenza di Equitalia) portano a una somma di 1,2 milioni.

E questo prima o poi finirà nel tormentone dei giacobini che ieri in un albergo romano hanno sparato curricula risibili, ma non risparmieranno energie sul cumulo delle cariche.

3- I BOTTI DELLO STUDIO BONELLI EREDE PAPPALARDO
Mentre Urbano Cairo uscendo dall'ufficio del mecenate Bernabè dichiarava di aver preso con l'acquisto de "La7" "una patata bollente'', in altri uffici milanesi arredati con lusso i computer hanno rischiato di andare in tilt.

La colpa è della quantità enorme di fatture che lo studio Bonelli Erede Pappalardo sta per scaraventare sulla testa dell'editore torinese per il lavoro svolto come advisor (insieme a Credit Suisse) dell'operazione.

Per i 300 avvocati che lavorano in questo studio è un momento magico. Mentre la maggior parte dei colleghi piange lacrime per il crollo dell'attività di consulenza, le truppe messe insieme nel '99 dal professionista fiorentino Sergio Erede si fregano le mani. Oltre all'operazione che ha consentito a Cairo di portarsi a casa "La7" per un pacchetto di noccioline, lo studio sta assistendo il costruttore romano Salini nell'Opa per la conquista del colosso Impregilo e si ritrova dentro Finmeccanica dove segue l'offerta di Siemens.

Ormai il trio costituito 14 anni fa da Sergio Erede con il genovese Bonelli e lo studio Pappalardo con sede a Bruxelles, è entrato nella top ten dei top legal europei. Negli ultimi venti anni non c'è operazione dalla quale i professionisti siano rimasti estranei, dall'Opa di Colaninno su Telecom a quella dei Benetton su Autostrade e in questo percorso Erede, classe 1940 e master ad Harvard nel '64, si è infilato in decine di consigli di amministrazione.

L'unico da cui è uscito è stato quello di Parmalat che ha dovuto abbandonare in seguito alla condanna a un anno e sei mesi per concorso in bancarotta.
Oggi i 300 avvocati fatturano poco meno di 150 milioni di euro con margini intorno al 50%, e le operazioni più recenti fanno capire che quest'anno riusciranno a distaccare gli studi Chiomenti e Gianni Origoni Grippo & Partners che sono stati sempre gli avversari più temibili.

Altre fatture bollenti stanno per arrivare per l'assistenza nella vicenda del Ponte di Messina dove il consorzio dei costruttori Eurolink non ha alcuna intenzione di accettare la proposta del governo di chiudere la favola berlusconiana senza una contropartita di almeno 600 milioni.

4- MONTI CHI? MONTEZEMOLO ACCENTUA IL SUO DISTACCO DALLA POLITICA Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che mentre Corradino Passera e sua moglie Giovanna stentano a capire quanta ironia si nasconde nella proposta di Grillo di portare l'ex-banchiere sulla poltrona di Palazzo Chigi, Luchino di Montezemolo accentua il suo distacco dalla politica lasciando in braghe di tela "ItaliaFutura" e il povero manager di Ntv ,Carlo Calenda.

Il disincanto del presidente della Ferrari nei confronti della politica si è manifestato ieri a Tolentino davanti a 450 clienti top di PoltronaFrau, l'azienda guidata insieme al figlio Matteo. Nella città marchigiana è stato inaugurato il PoltronaFrau Museum, uno spazio dedicato alla firma del made in Italy che tra qualche anno dovrà essere ampliato per consentire l'inserimento di tutte le poltrone che Luchino ha occupato nella sua vita".

 

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