POVERA MPS, TANTI ''FARI'', NESSUN COMPRATORE. E IL TITOLO CROLLA (-6%) - PIOVONO CRITICHE (GUZZETTI) AL PIANO DI RENZI DI APPIOPPARE I CREDITI DETERIORATI DI SIENA A CDP, E IL RESTO A INTESA - FABRIZIO VIOLA INTASCA 1,9 MILIONI DI STIPENDIO - IL TESORO POTREBBE SALIRE AL 7%
1.MPS: RIAMMESSA A SCAMBI BORSA CEDE OLTRE IL 6%
(ANSA) - Mps è stata riammessa agli scambi in Piazza Affari e cede oltre il 6%. Il titolo lascia sul campo il 6,54% a 0,59 euro dopo essere salito fino al 2% nel corso della mattinata.
2.MPS: A VIOLA COMPENSI PER 1,91 MILIONI
(ANSA) - Fabrizio Viola percepirà compensi per 1,91 milioni di euro per l'esercizio 2015. E' quanto emerge dalla relazione sulla remunerazione depositata in vista dell'assemblea degli azionisti chiamata ad approvare il punto all'ordine del giorno. In particolare, 557.217 euro sono per l'incarico da amministratore delegato e i restanti 1,35 milioni in qualità di direttore generale. Per l'ex presidente Alessandro Profumo sono previsti compensi per 186.896 euro, mentre per il suo successore Massimo Tononi per 154.153 euro. Infine, l'ex Cfo Bernardo Mingrone ha ricevuto uno stipendio di 646.953 euro.
3.MPS: IPOTESI SALITA MEF A 7%, NODO È INTERPRETAZIONE CONTI
(ANSA) - Il Tesoro potrebbe salire dal 4% al 7% di Mps per effetto del pagamento degli interessi residui sui Monti bond (primo semestre 2015). E' quanto riporta Bloomberg citando indiscrezioni di stampa. Il pagamento degli interessi scade a luglio. Il contratto firmato nel 2013 dalla banca col Tesoro prevede che Mps debba pagare gli interessi sui Monti-bond in contanti o in azioni in caso di bilancio in perdita. La banca senese ha chiuso il 2015 in utile grazie all'effetto contabile positivo derivante dalla chiusura del derivato Alexandria.
Tema del contendere, quindi, è come sarà interpretato il risultato 2015 dell'istituto di Rocca Salimbeni. Mps non detiene più strumenti sottoscritti dal Mef dallo scorso giugno, ovvero dal pagamento di 1,11 miliardi. Rimborso che seguiva l'altro da 3 miliardi di luglio 2014, quando la banca aveva avviato in anticipo, rispetto alla scadenza del 2017, la restituzione degli aiuti di Stato ricevuti a febbraio 2013 quando il Tesoro aveva sottoscritto 4 miliardi di strumenti subordinati convertibili emessi da Siena.
4.MPS: INTERVENTO CDP? GUZZETTI, IO NON HO NULLA SUL TAVOLO
(ANSA) - Il presidente della Fondazione Cariplo e dell'Acri, Giuseppe Guzzetti, non commenta le indiscrezioni di un eventuale intervento della Cassa Depositi e Prestiti a favore dei Monte dei Paschi di Siena. "Io non ho nulla sul tavolo, chiedete a Cdp", afferma Guzzetti a margine di un evento della Fondazione Cariplo sul Welfare di Comunità. "Aspettiamo cosa elaborano, io guardo sempre in positivo" si limita ad aggiungere Guzzetti.
5.MPS: CLARICH, CDP? SOLUZIONE SIA DI MERCATO
(ANSA) - Riguardo a un possibile ingresso di Cdp in Mps "il Mef tramite il direttore generale Vincenzo La Via ha detto (nei giorni scorsi ndr) che le soluzioni devono essere di mercato e io condivido questa impostazione, tenendo conto le esigenze del territorio senese e toscano". Lo ha detto il presidente della Fondazione Mps Marcello Clarich a margine di un convegno Svimez rispondendo ai giornalisti sulle indiscrezioni di stampa dei giorni scorsi. Clarich ha precisato "non ho informazioni dirette e non partecipo a tavoli e trattative, ormai la Fondazione ha una quota dell'1,5 per cento, non è un socio determinante nei processi".
6.RENZI RIACCENDE IL FARO SU MPS CON CDP, INTESA E LE FONDAZIONI
Andrea Greco per “Affari&Finanza - La Repubblica”
Monte dei Paschi è una zattera che va per l' Oceano. Dopo quattro anni di tagli di costi e disciplina finanziaria la navigazione non è ancora tranquilla: appena si alza l' onda il legno scricchiola. Come visto a gennaio, quando azioni e bond targati Siena hanno sbandato e si sono aperte falle nella raccolta della rete. L' analisi della situazione è condivisa, meno il da farsi.
PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI
A Palazzo Chigi Matteo Renzi in persona da qualche settimana ha riacceso un faro sul dossier: con "segnalazioni" - e conseguenti loro sonni inquieti - a Claudio Costamagna e a Carlo Messina, i due possibili compratori di ultima istanza della banca, rispettivamente tramite Cdp e Intesa Sanpaolo. Il triangolo, negli auspici istituzionali, si comporrebbe con le Fondazioni, se queste diversificassero i loro portafogli creditizi - così impone entro due anni la carta firmata al Tesoro vendendo altre banche e comprando in cordata Siena.
Ma se dietro le quinte i protagonisti accreditano tali scenari, sul proscenio nessuno si sbilancia. Bisogna negare, con veemenza e fino all' ultimo: perché le ricadute politiche e di mercato di simili salvataggi saranno ingenti. «Per il futuro di Mps la nostra strategia è creare le condizioni perché ci sia una soluzione di mercato - ha detto giorni fa a Reuters Vincenzo La Via, direttore generale del Tesoro - serve il buon andamento dell' economia e che si riduca l' incertezza. Dopo l' elevata volatilità dei mercati delle scorse settimane adesso ci vuole il tempo necessario perché la polvere si depositi».
Anche perché la "polvere" ha cancellato metà della capitalizzazione Mps solo da inizio anno, e il Tesoro detiene il 4% dell' istituto, retaggio delle cedole sui Monti bond e di cui è venditore nel tempo (il divieto è scaduto a gennaio). Anche Giuseppe Guzzetti, patron dell' ente Cariplo e tramite questo di Intesa Sanpaolo nonché delle Fondazioni socie al 18% nella Cdp, è preoccupato. «I vertici di Mps hanno già fatto miracoli per risanare la banca ha detto a Rai 2 Next - ora per la stabilità ci vuole qualcuno che la sposi».
Guzzetti mal vede un intervento di Cdp in Mps: «Intanto è da chiarire se Cdp può mettere i soldi in una banca e a quali condizioni - ha aggiunto, ricordando che per statuto Cdp può solo investire in società «non in condizioni di fallimento ». Chi conosce Guzzetti lo sa anche più determinato: dopo l' amara pillola dell' intervento in Saipem, che ha irritato i soci privati della Cdp (per la minusvalenza flash di 450 milioni, metà dell' investimento), non vuole altre avventure per la stampella del Tesoro, peraltro a corto di munizioni oggi. «Minaccia di portare le Fondazioni fuori dalla Cdp se questa entra nel Monte», racconta un banchiere.
fabio gallia claudio costamagna piercarlo padoan
Anche Messina, che guida la corazzata Intesa Sanpaolo, cerca di togliere la mano. Nei recenti incontri tra Roma e Milano con il premier Renzi - di cui il banchiere romano è tra i pochi interlocutori diretti nell' establishment - è probabile che di Mps abbia parlato. Ma nel suo viaggio di febbraio a Londra Messina ha confidato a pochi investitori che Mps starebbe meglio sotto l' ala della Cdp. Quanto a Ca' de Sass, il capoazienda ha smentito ripetutamente che possa acquistare Siena: anche perché prima della crisi comprò a caro prezzo la Carifirenze, che ha forti sovrapposizioni con la rete dei senesi, quindi in caso di fusione forzerebbe Intesa Sanpaolo a una vendita di agenzie in probabile perdita.
Chi ha caro il manuale potrebbe notare che la prima regola di una ristrutturazione sarebbe convertire in azioni i bond subordinati, di cui Mps è ricca: circa 2,8 miliardi, che potrebbero creare un cuscinetto di capitale per abbattere le sofferenze. Ma il fatto che quei bond quotino a sconto fino a un terzo sulla parità e siano per 2 miliardi in mano a correntisti Mps rende invisa l' ipotesi di scuola, che scatenerebbe una rivolta politica e di piazza peggiore di quella vista con gli obbligazionisti dei quattro istituti salvati a novembre. Senza dire che metterebbe in difficoltà la Consob, che fino al giugno scorso considerava «prodotti non complessi» quei titoli.
Come quando mesi fa il governo tentò di accasare Rocca Salimbeni nell' alveo della fusione poi sfumata tra Ubi e Bpm, a Siena nessuno è stato chiamato o aggiornato sui nuovi tentativi: la banca è vista come "oggetto". Renzi, il Tesoro e i grandi banchieri, dopo la paura di febbraio, vorrebbero risolvere la grana prima che il mercato s' increspi di nuovo.
Ma a un anno dal primo monito della Bce sull' urgenza di trovare un partner, solo dinieghi sono arrivati agli advisor Ubs e Citi.
Chi lavora con il presidente Massimo Tononi e l' ad Fabrizio Viola li sa tranquilli. Le preoccupazioni vengono casomai da fuori, per la coscienza che un passo falso di Vicenza, Veneto Banca o delle "fidanzate" Bpm e Banco Popolare, sempre più nervose all' altare, ripiomberebbe nel marasma il settore in Borsa, con Siena come altre volte a pagare il prezzo più alto.
L' alta dirigenza è soprattutto concentrata sullo smaltimento delle sofferenze, ben 26,6 miliardi di euro a fine 2015 (9,7 miliardi netti), in linea con le assunzioni del piano strategico e con le deliberazioni del cda Mps di inizio febbraio: «Prendere ulteriori iniziative per accelerare il piano di cessioni di sofferenze» (da 5,5 miliardi entro il 2018, ndr) e «ottimizzarne il recupero tramite accordi con operatori specializzati ». Quello che bolle in pentola è un progetto di cessione della piattaforma di gestione degli Npl. Un' attività che porterà a esternalizzare il servizio di riscossione, garantendo a chi compra una duratura e copiosa massa di insolvenze da processare.
Lo schema, già adottato da Unicredit, può "allineare gli interessi" di chi compra e chi gestisce: e crea molto interesse negli operatori.
La struttura è articolata ma potrebbe finalizzarsi nei prossimi mesi, facendo nascere una bad bank dedicata in cui ospitare più fondi investitori. Il Monte incasserà qualche centinaio di milioni, liberandosi di qualche centinaio di dipendenti (operativi sulla piattaforma) e di qualche miliardo di Npl da cartolarizzare, garantite dalle Gacs del Tesoro.