SPREAD AI MINIMI, MA C’È POCO DA GIOIRE - I PAESI PIÙ DEBOLI ESCONO DALL’EMERGENZA MA IL PREZZO È SALATO: SALARI GIÙ E POCO LAVORO. E LA DEFLAZIONE CHE INCOMBE…

Maurizio Ricci per ‘La Repubblica'

Un Natale dell'euro senza crisi dell'euro non si vedeva da almeno quattro anni. Per la prima volta dal 2009, sotto l'albero, non si parla di default, bancarotta, salvataggi. Da quando Mario Draghi, un anno e mezzo fa, è riuscito a far muovere, per una volta, la Bce come una vera banca centrale, dichiarandosi pronto a interventi illimitati, per salvare l'euro, la crisi finanziaria si è spenta. Le economie più deboli del continente mostrano per intero le vistose cicatrici di tre anni di brutale austerità, e tuttavia si comincia a parlare di ripresa.

Una ripresa assai pallida, verso la quale fra i più pessimisti ci sono proprio gli organismi ufficiali, come Bce e Fmi: una crescita, nell'eurozona, dell'1-1,1% nel 2014, dell'1,4-1,5% nel 2015, le loro previsioni. Se hanno ragione gli analisti di Merrill Lynch, secondo i quali l'economia della zona euro deve crescere almeno del 2% l'anno per far scendere di un punto la disoccupazione, oggi oltre il 12%, le chiacchiere di Natale non lasciano spazio a brindisi.

Paradossalmente, del resto, notano altri analisti, questa volta di Barclays, buona parte di questa ripresa è dovuta all'allentamento dell'austerità: nel 2014, la stretta sui bilanci pubblici sarà meno severa di quanto è avvenuto nel 2012 e nel 2013 e questo darà un po' di fiato in più all'economia. «Effettivamente - ha subito notato sarcasticamente il premio Nobel Paul Krugman - quando uno smette di darsi martellate sulle dita, prova subito un certo sollievo».

Ma più inquietante resta il rischio di deflazione. Nelle previsioni Bce, solo lo scenario di più sfrenato ottimismo porta, nel 2015, i prezzi a salire del 2%, che dovrebbe essere l'obiettivo istituzionale dell'istituto di emissione. Nell'ipotesi peggiore, i prezzi europei salirebbero, nel 2015, solo dello 0,5%: al netto dei margini di errore statistico, inflazione zero. Ma questa è, comunque, una media.

Nei paesi deboli, in Grecia, in Spagna, in Portogallo, la deflazione è già una realtà, con i prezzi a zero, o in negativo, già incorporati nelle proiezioni dei prossimi due anni. In qualche modo, del resto, si tratta di un effetto annunciato, anzi, voluto: il frutto avvelenato dei programmi di austerità è esplicitamente il calo di prezzi e salari, che ridia competitività alle esportazioni.

E, fra le luci di questo inizio d'anno, c'è, in effetti, lo slancio dell'export della periferia europea. Molto si discuterà, nei prossimi anni, per stabilire se questi benefici dell'export siano stati superiori o inferiori ai danni che la deflazione comporta per il tessuto economico di un Paese. Intanto, però, per i Paesi a rischio dell'eurozona, l'emergenza sembra finita. Fra luci ed ombre.

IRLANDA.
Dublino viene indicata come la prova vivente che i salvataggi funzionano. Da questo dicembre, l'Irlanda non è più sotto l'asfissiante tutela delle autorità europee e adesso è tornata a finanziarsi autonomamente sui mercati. Nonostante il peso del debito pubblico e di quello delle banche, l'economia sembra destinata a svilupparsi a tassi (intorno al 2%) fra i più vivaci dell'eurozona e la disoccupazione è in discesa.

Il luccichìo, però, può ingannare. La disoccupazione scende, anche perché i giovani sono emigrati in massa. L'Irlanda è l'unico Paese in cui gli uffici di collocamento hanno cominciato a mandare lettere ai disoccupati, invitandoli a cercar lavoro all'estero. Anche i dati sull'economia vanno accolti con cautela. Un quinto del Pil va nelle tasche delle multinazionali, come Google o Microsoft. Al netto delle multinazionali, l'economia è andata indietro.

SLOVENIA.
Due anni fa, sarebbe stata l'innesco di una crisi bancaria, come quella irlandese o quella spagnola. Invece, la calma che regna sui mercati finanziari e la fine della speculazione sull'euro hanno consentito a Lubiana di contenere i danni ed evitare un salvataggio europeo. I buchi dei bilanci delle banche slovene saranno chiusi facendo ricorso a risorse nazionali e anche a emissioni sui mercati internazionali, mentre il buon ritmo dell'export dovrebbe far uscire il paese dalla recessione entro l'estate.

GRECIA.
Nel laboratorio del-l'austerità, la Grecia è stata la cavia sottoposta alla terapia-shock. Anni di deflazione e recessione non si sono ancora conclusi, anche se la caduta rallenta. Il turismo estero, però, è risalito quest'anno a ritmi del 15-17% e anche le esportazioni, a sorpresa, sono in crescita di oltre il 3%. Soprattutto, a partire da quest'anno, il bilancio pubblico, dopo tanti tagli, torna in attivo, al netto degli interessi sul debito.

PORTOGALLO.
Dopo l'Irlanda, il Portogallo potrebbe essere il secondo paese ad uscire dai salvataggi europei, già entro la prossima estate. L'economia ha smesso di contrarsi, l'occupazione mostra segni di ripresa. Soprattutto, le esportazioni hanno cominciato
a tirare: negli ultimi tre anni sono cresciute del 25 per cento, più di chiunque altro in Europa.

SPAGNA.
All'ultimo conto, i disoccupati in Spagna sono diminuiti di circa 2.500 unità. Un po' poco, in un paese che, di disoccupati, ne ha quasi 5 milioni, più di un lavoratore su quattro. Ma nessun paese europeo, nell'ultimo anno, ha attirato più investimenti dall'estero.

L'inflazione è a zero e i salari pure, con un forte recupero di competitività: le importazioni sono crollate, mentre le esportazioni sono cresciute del 20% negli ultimi tre anni, contro il 15% dei tedeschi. Metà del miglioramento della competitività (il costo del lavoro si è ridotto del 3,2% negli ultimi 2 anni) è merito, secondo l'Ocse, delle riforme del lavoro del governo Rajoy per la flessibilità di orari e salari in azienda. Le stesse riforme, assicura l'Ocse, hanno anche dato impulso all'assunzione a tempo indeterminato: circa 25 mila nuovi posti fissi al mese, al posto, soprattutto, dei lavori a tempo determinato.

 

EFFETTO DOMINO SULLO SPREAD jpegBERLUSCONI SPREAD Mario Draghi tra le cento persone pi influenti al mondo il presidente dell eurogruppo juncker a destra in una rara foto con mario draghi e mario monti aspx BANK OF AMERICA MERRILL LYNCH paul-krugmanPROTESTE IN GRECIA CRISI PROTESTE IN PORTOGALLO manifestazione-spagna

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…