benetton gavio autostrade mario giordano

QUELLO CHE NON LEGGERETE SUI GIORNALI/2 - MARIO GIORDANO FA PELO E CONTROPELO A BENETTON E GAVIO, SIGNORI DELLE AUTOSTRADE, TRA PATRIMONI MILIARDARI, POLITICA COMPIACENTE E TARIFFE CHE AUMENTANO SEMPRE - CHI GUIDAVA L’IRI CHE ‘CONCESSE’ LE PREZIOSE AUTOSTRADE AI BENETTON? GROS-PIETRO. CHE POI HA CASUALMENTE PRESIEDUTO PER 7 ANNI PROPRIO IL GRUPPO DELLA FAMIGLIA VENETA. TRANQUILLI, ORA NON PIÙ: LAVORA PER I GAVIO…

 

Estratti dal libro ‘’Avvoltoi’’ di Mario Giordano, edizioni Mondadori

 

 

mario giordano avvoltoi

In questi anni ci si è fatti molto spesso (ma sempre molto sommessamente) diverse domande. Per esempio: perché l’Iri vende una gallina dalle uova d’oro? Perché a quel prezzo? E perché lo fa subito dopo che la società Autostrade ha ottenuto il rinnovo della concessione fino al 2038? L’economista Giorgio Ragazzi, che ha studiato a fondo la materia, sostiene che in quel momento l’Iri non aveva bisogno di far cassa, dal momento che gli obiettivi di risanamento finanziario per l’entrata nell’Ue erano già stati raggiunti: perché vendere quel tesoro, allora? E perché venderlo senza mettere clausole più severe sulle tariffe? Oppure chiedendo in cambio più soldi, come è accaduto in altri Paesi europei? La vendita della gallina delle uova d’oro, infatti, rese allo Stato 6,7 miliardi di euro. Se non fosse stata venduta, in questi vent’anni avrebbe portato nelle casse pubbliche molto di più.

 

MARIO GIORDANO

Invece quei soldi sono finiti ai privati. E, a proposito di privati e di soldi, mi sia concesso un inciso: lo sapete chi era il presidente dell’Iri fra il 1997 e il 1999, cioè quando sono state prese le decisioni fondamentali per la privatizzazione delle autostrade? Gian Maria Gros-Pietro, pezzo grosso dell’economia italiana, professore universitario alla Luiss, origini torinesi, frequentazioni in tutti i salotti che contano, forte amicizia con Prodi. E lo sapete che incarico ha avuto, dopo la privatizzazione delle autostrade, il professor Gros-Pietro? Fra il 2003 e il 2010 è stato presidente di Atlantia, la società del gruppo Benetton che controlla, per l’appunto, le autostrade privatizzate.

 

pietro lunardi, gian maria gros pietro, silvio berlusconi, gilberto benetton e vito gamberale

Succede anche questo in Italia: uno è presidente di una società pubblica, vende a un privato un pezzo del suo impero e poi va a lavorare con il medesimo privato. Tutto legale, tutto regolare, come il compenso che Gros-Pietro percepiva dai Benetton: oltre 1 milione di euro l’anno. Fra l’altro: adesso il professore ha cambiato azienda, ma è rimasto nel settore. È diventato presidente della Astm, la holding che controlla le autostrade private del gruppo Gavio. Si deve accontentare di 340.000 euro l’anno che però arrotonda con i 900.000 euro che gli dà Intesa Sanpaolo, dove è presidente. A lui, se non altro, il rincaro al casello non pesa troppo.

gian maria gros pietro beniamino gavio

 

 

 

I Gavio incassano 3,5 milioni di euro al giorno

 

Andate in autostrada da Milano a Torino? Date un contributo a Gavio. Andate da Parma a La Spezia? Date un contributo a Gavio. Andate da Torino a Piacenza? Da Torino ad Aosta? Da Torino a Savona? Non cambia nulla: date sempre un contributo a Gavio. E anche se andate da Savona a Ventimiglia, sull’autostrada dei fiori. O se vagate sull’autostrada toscana fra Sestri Levante, Livorno, Lucca e Viareggio. O se attraversate il traforo del Fréjus. O il traforo del San Bernardo. O le tangenziali di Torino.

 

AUTOSTRADE CASELLO

Non potete scappare: in ogni caso, volenti o nolenti, quando passate dal casello, lasciate un obolo per rendere sempre più grande l’impero dei signori di Tortona. Sono entrati nel settore autostrade nel 1995 con un piccolo investimento. Si trovano oggi a capo del quarto gruppo mondiale. Le loro due principali società quotate in Borsa valgono 3,9 miliardi di euro.

 

In Italia i Gavio gestiscono 11 concessioni, per un totale di 1460 chilometri di asfalto. Nell’ultimo anno (2016) hanno incassato, solo di pedaggi, 1.239.342.464 euro, cioè quasi 3,5 milioni al giorno. Proprio così: i signori di Tortona hanno un negozio che ogni giorno che il buon Dio manda sulla Terra mette in cassa 3,5 milioni di euro. Guadagni quasi sicuri, rischi quasi nulli. Una bella fortuna, no? Saranno pure bravi, nessuno lo mette in dubbio. Ma lo Stato è sempre stato piuttosto generoso con loro. Lo dimostra il fatto che alcune di queste concessioni proseguiranno ancora per anni e anni: una scade nel 2031, un’altra nel 2032, un’altra nel 2035, un’altra nel 2038, una addirittura nel 2050. Il 2050, ci pensate? Se sarò al mondo, avrò 84 anni. E la mia unica certezza è che i Gavio saranno ancora lì, ad aspettarmi al casello per chiedermi l’obolo…

 

MARCELLINO GAVIO E BERSANI

Sapete qual è la giustificazione di queste concessioni così lunghe? Sempre la stessa. Dicono di dover recuperare il denaro investito. Abbiamo già visto che non è così, abbiamo visto che le concessioni si prolungano ben oltre il recupero dei capitali investiti, ma tant’è: i Gavio vengono da Tortona, terra di timorati e timorassi, e vogliamo metterli alla prova. Facciamo due conti: fra il 2008 e il 2016 le concessionarie del gruppo, come si vede dalla seconda tabella a fine paragrafo, si erano impegnate a fare investimenti per 5,3 miliardi.

 

MARCELLINO E BENIAMINO GAVIO

Ne hanno effettuati in realtà solo 3,1, cioè all’incirca il 60 per cento del dovuto. In compenso nello stesso periodo la holding dei Gavio ha messo a disposizione dei soci utili per 522 milioni di euro. Quindi la domanda è la seguente: chi ottiene una concessione fino al 2050 per fare investimenti, non dovrebbe almeno avere il buon gusto di farli? E se invece ne fa 2 miliardi in meno, è giusto che si metta in tasca mezzo miliardo di utili? In altre parole: perché gli automobilisti devono pagare i mancati investimenti e le tariffe sempre più alte, mentre alcuni privati, benedetti dal casello, si arricchiscono alle loro spalle?

 

(…)

 

 

Benetton/1. United Colors of Pedaggio

 

famiglia benetton al completo

Chi mi ama mi segua. Ma prima paghi il pedaggio al casello. C’era una volta un’impresa simbolo del genio italico, Nordest creativo, colori e futuro, cardigan e pubblicità. La Benetton e quegli slogan choc di Oliviero Toscani: chi se li dimentica più? Solo che oggi andrebbero un po’ rivisti. Bisognerebbe dire, per esempio: United Colors of Pedaggio. Oppure: non avrai altro Telepass al di fuori di me. E al posto del corpo scheletrico dell’anoressica ci dovrebbe essere il borsellino dell’automobilista, altrettanto prosciugato.

 

La famiglia di Treviso, che partì povera e si arricchì con i vestiti, si appresta oggi a diventare leader mondiale delle autostrade, grazie all’acquisizione della spagnola Abertis. In Italia leader delle autostrade lo è già: attraverso le sue holding gestisce 3020 chilometri dei 5886 dati in concessione dal ministero dei Trasporti. Quindi oltre la metà. Sono 6 diverse concessioni che coprono una quantità infinita di tratte, dal Nord al Sud, a cominciare dalla Milano-Napoli, passando poi per la Milano-Serravalle, la Voltri-Gravellona Toce, la tangenziale di Napoli, il Traforo del Monte Bianco, l’autostrada Tirrenica, l’autostrada della Valle d’Aosta…

fratelli benetton

 

Ogni anno 2 miliardi di transiti al casello: ciò significa 5 milioni e mezzo al giorno, 230.000 l’ora, 63 al secondo. Proprio così: ogni secondo che passa ci sono 63 veicoli che stanno versando il loro generoso obolo nelle casse dei Benetton. Provate a contare: un secondo. Ne sono passati 63. Un altro secondo, zac: altri 63. Sentite il tintinnar dei quattrini?

 

Non ci si può stupire se, in questo modo, si costruisce un impero. Laddove c’era il maglioncino, adesso c’è un colosso delle infrastrutture, che si estende dal Cile all’India, dal Brasile alla Polonia, gestisce gli aeroporti di Roma, compra gli aeroporti (tre) della Costa Azzurra, ha imprese di costruzioni e ingegneria, e controlla pure il monopolio del Telepass. Nel 2016 ha incassato 5,4 miliardi di euro, in Borsa ne vale circa 8,1.

 

La maggior parte delle entrate arriva proprio dalla gestione delle autostrade, soprattutto da quando maglioncini e vestiti trendy hanno perso creatività e forza innovativa, come ha ammesso lo stesso Luciano Benetton in una storica intervista a «Repubblica» (30 novembre 2017) in cui, a 82 anni suonati, ha annunciato: «Torno in azienda. Avevo lasciato i manager ma loro hanno spento i colori. Ci siamo sconfitti da soli».

 

(…)

 

fratelli benetton

Come non capirli? Contraddire il potente Castellucci è sempre pericoloso, mettersi contro la lobby autostradale al sapor di radicchio e maglioni colorati è sconsigliato. Però, scusate l’ardire, noi non possiamo fare a meno di leggere i dati ufficiali: tra il 2008 e il 2016 le tariffe sulla rete gestita dai Benetton sono aumentate del 25 per cento, ben oltre l’inflazione. Sul tratto autostradale della Val d’Aosta addirittura del 50 per cento. Se l’avesse fatto Gaetano al Bar Sport di Usmate-Velate la gente sarebbe scappata in massa. Invece dall’autostrada si può scappare solo un po’. È per questo che al casello i ricavi aumentano anche quando il traffico diminuisce, chiaro no?

 

BRUNO BINASCO BRACCIO DESTRO DI GAVIO

Passiamo agli investimenti: nonostante l’indiscutibile risultato ottenuto con il valico dell’Appennino, la «società che investe di più» indubbiamente investe meno del previsto: manca almeno 1 miliardo e mezzo a quanto concordato al momento della concessione, che proprio per questo era stata prolungata fino al 2038. Avete capito bene: la concessione (stiamo parlando di quella di Autostrade per l’Italia, la più importante delle 6, che riguarda 2857 chilometri su 3020) dura fino al 2038 perché i Benetton avevano promesso quasi 10 miliardi di investimenti.

 

 

Qualcuno che protesta? Macché: silenzio generale.

(…) in questi otto anni l’azienda, con i soldi incassati grazie a tariffe sempre più alte, non solo ha fatto shopping nel mondo, non solo ha aumentato il suo patrimonio, ma ha anche distribuito copiosi dividendi ai suoi soci. Tre miliardi e mezzo, euro più, euro meno. Non è bellissimo? Un miliardo e mezzo di investimenti in meno, 3,5 miliardi di soldi in più in saccoccia.

 

(…)

 

Benetton/2. Quanti regali ai signorotti di Treviso

 

fratelli benetton

Inutile dire che anche la concessione autostradale ai Benetton, come quella ai Gavio, viene prolungata (ripetiamo: fino al 2042) automaticamente. Senza che venga indetta alcuna gara. Eppure sarebbe obbligatorio in base alle regole europee, oltre che conveniente. Per aggirare l’impiccio di Bruxelles, e scialare in santa pace, viene usato, però, sempre lo stesso escamotage: ci si appiglia cioè agli investimenti (in questo caso la Gronda di Genova, la terza e la quarta corsia in Emilia e Toscana), dimenticando che in fondo quegli investimenti erano già previsti nei piani finanziari, e dunque negli aumenti di tariffa autorizzati negli anni passati. Ma che ci volete fate? Noi siamo fatti così. Generosi.

 

(…)

 

alessio vinci e alessandro benetton (2)

Lo dimostra il caso della tratta tirrenica, 202 chilometri previsti e mai completati fra Livorno e Civitavecchia, sempre gestiti dalla società che fa capo a Treviso. A tutt’oggi i chilometri aperti sono appena 55, il piano di investimenti è fermo al 12 per cento di realizzazione (dodici per cento!), eppure la concessione è stata prolungata dal 2028 al 2046. Perché? Perché sì. L’Europa ci ha provato in tutti i modi a dissuadere l’Italia dal fare questo regalino senza motivo. Niente da fare. Noi testardi come dei muli. Quando c’è da dare una mano ai Benetton non ci fermiamo davanti a nulla.

 

(…)

 

 

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