montezemolo palenzona

UNICREDIT, FINE DI UN'ERA: PALENZONA E MONTEZEMOLO FUORI DAL CDA - I DUBBI DEGLI ARABI A PARTECIPARE ALL’AUMENTO DI CAPITALE DA 10 MILIARDI - MUSTIER DECIDERA' ENTRO IL 15/11 MA SCOPRIRA' LE CARTE IL 13 DICEMBRE - LE FONDAZIONI TENTATE A CONVERTIRE I BOND IN AZIONI PER I LIMITI IMPOSTI DAL TESORO

Andrea Greco Roberto Mania per la Repubblica

 

La revisione della corporate governance di Unicredit è quasi pronta. Sarà annunciata a metà dicembre insieme all’aumento di capitale. A prendere le decisioni, però, sarà un cda più snello, compatto e in linea con i nuovi requisiti e gli standard delle grandi banche sistemiche qual è Unicredit.

fabrizio palenzonafabrizio palenzona

 

Il numero dei consiglieri dovrebbe scendere ancora, dai 17 attuali a massimo 15, e non eleggibili per più di tre mandati; anche i tre vice presidenti, lascito un po’ “cencelliano” del passato, saranno sfoltiti con il probabile passo indietro di calibri grossi come Luca Cordero di Montezemolo e Fabrizio Palenzona (in cda dal 2012); e ci sarà più spazio per i membri indipendenti espressi dalle minoranze, finora rappresentate dalla sola Lucrezia Reichlin ma che un domani dovrebbero avere tre seggi.

 

La riforma del governo della banca marcia di pari passo con la ricapitalizzazione in Borsa: entrambe si dovrebbero scoprire il 13 dicembre, alla presentazione del piano strategico a Londra.

montezemolo ad abu dhabi 3montezemolo ad abu dhabi 3

 

I più recenti orientamenti dell’ad, Jean Pierre Mustier, del consiglio e dello stuolo di consulenti arruolati, sembrano vertere su un’emissione di oltre 10 miliardi: una nota interna di inizio ottobre ipotizzava fino a 13 miliardi. Il management vorrebbe così colmare una volta per tutte la carenza patrimoniale che la banca si trascina dal 2008, e dal 2014 è nel mirino — oltre che degli investitori — della Vigilanza di Francoforte.

 

Per questo un restyling della governance è ritenuto il miglior biglietto da visita per attrarre capitali vecchi e nuovi; anche perché il funzionamento del consiglio, nei mesi difficili che hanno portato dai mugugni di alcuni soci forti di gennaio alla levata di scudi dei consiglieri a febbraio per difendere l’allora ad Federico Ghizzoni, fino alla sua deposizione a maggio e sostituzione dopo una crisi durata 45 giorni, hanno lasciato il segno.

 

FONDO AabarFONDO Aabar

Quel braccio di ferro lasciò ai fondi investitori la sensazione di una banca con guida debole, un consiglio troppo autoreferenziale nel respingere al mittente le perplessità di alcuni soci che si stavano organizzando per rinnovare il management in sella dal 2010. Tra questi il fondo Aabar, prima forza di Abu Dhabi al 5%, i privati Caltagirone e Del Vecchio, alcune Fondazioni. Da luglio comanda con piglio fermo l’ex venuto da SocGen; ma il consenso degli investitori di mercato è ritenuto fondamentale, in vista di un’emissione che quasi eguaglierà la capitalizzazione della banca, e difficilmente sarà seguita in toto dai soci storici.

jean pierre mustierjean pierre mustier

 

Aabar, per esempio, si è coperta dalle perdite su Unicredit con opzioni di tipo collar, che portano a vendere azioni della banca allo scoperto per mitigarne i ribassi: i tecnici spiegano che non sarà facile per gli emiratini seguire in forza l’aumento (ammesso che lo vogliano fare, dopo tante minusvalenze). Tecnicamente è più facile per le Fondazioni: ma qui sono i soldi a mancare, e le prospettive strategiche, perché il Tesoro chiede agli enti di ridurre entro il 33% del loro patrimonio il peso nella banca d’origine entro il 2018. Per favorire la permanenza delle Fondazioni nell’azionariato Unicredit studia anche la conversione di alcuni bond subordinati.

 

lucrezia reichlinlucrezia reichlin

Dai primi sondaggi tra gli azionisti sulla nuova governance emerge che il tetto dei tre mandati ai consiglieri potrebbe anche diventare semplice prassi, e non una più rigida modifica statutaria. Sul numero dei consiglieri si sta ancora lavorando: Unicredit, che ne aveva 19 e li ha già ridotti da poco a 17, vorrebbe scendere anche sotto quota 15, ma per aderire più facilmente ai vincoli regolamentari che prevedono l’equilibrio tra quote di genere e professionalità potrebbe essere opportuno non eccedere con i tagli.

 

La riforma, all’attenzione del comitato governance di Unicredit presieduto da Montezemolo, potrebbe anche non avere bisogno di passaggi assembleari. Il suo campo di prova sarà il gradimento del mercato con la ricapitalizzazione 2017, ma il pieno regime si raggiungerà nella primavera 2018.

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…