NEL NOME DI D-IOR, SBERTONIAMOCI! - PAPA FRANCESCO VUOLE TAGLIARE I COMPENSI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLO IOR NOMINATO DA BERTONE
Francesco De Dominicis per "Libero"
Ci sono anche gli stipendi degli alti manager fra i vari capitoli affrontati nei lavori preparatori per la riforma della banca del Papa. Il dossier per ora è fermo ai box, visto che Papa Francesco vorrebbe sfilarlo ai cardinali e procedere in autonomia. Tuttavia, i nodi sono diversi e prima di mettere mano all'architettura generale dello Ior, non è escluso che il Pontefice prenda altre decisioni rilevanti sull'attuale governance, stando a quanto si mormora fra gli addetti ai lavori dentro e fuori i Sacri palazzi.
Durante le conversazioni a margine della Commissione coordinata dal cardinale Raffaele Farina si è parlato, tra altro, dei compensi assegnati ai membri del consiglio di sovrintendenza dell'Istituto per le opere di religione. Una sorta di verifica preliminare finalizzata a capire se i livelli retributivi corrispondono alla linea di Jorge Bergoglio.
Nel consiglio siedono cinque persone: Ernst von Freyberg (presidente), Ronaldo Hermann Schmitz (vice), Carl Anderson, Antonio Maria Marocco, Manuel Sotto Serrano. Il numero uno ha una retribuzione complessiva di 200mila euro, per il suo vice sono previsti 80mila euro e per i tre «semplici» consiglieri 60mila euro ciascuno. Cifre nette, e non certo da poveri, corrisposte per un impegno massimo di sei riunioni l'anno, come prevede lo statuto della banca.
Paghe a parte, gli occhi sono puntati pure sulla composizione del board. Fatta eccezione per von Freyberg, nominato da Benedetto XVI il 16 febbraio 2013, a pochi giorni dall'addio al «Soglio di Pietro», tutti i membri del consiglio dell'istituto vaticano stanno lì da tempo e hanno superato senza turbolenze anche i periodi più controversi, comprese le indagini giudiziarie.
Ragion per cui la loro posizione è oggetto di riflessioni all'interno delle mura vaticane. Viene ricordato, in particolare, che furono Schmitz, Anderson, Marocco e Sotto Serrano a firmare, a maggio 2012, su precisa indicazione di Tarcisio Bertone (all'epoca potentissimo capo della Segreteria di Stato) l'improvvisa sfiducia contro l'allora presidente, Ettore Gotti Tedeschi. E oggi, a distanza di quasi due anni, i porporati tentano di ricostruire con maggiore lucidità quei giorni burrascosi nel Torrione di Niccolò V.
Gotti Tedeschi, comunque, non fu la prima «vittima» di Bertone. Che aveva già buttato dalla torre, a fine dicembre 2010, un altro consigliere, Giovanni De Censi. Al quale furono (erroneamente) attribuite responsabilità nella vicenda del bonifico da 23 milioni di euro partito dallo Ior e diretto al Credito Artigiano. Al posto di De Censi (banchiere di lungo corso), l'ex Segretario di Stato indicò il notaio-avvocato Marocco.
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